Croce rossa: polemiche sulla gestione delle quote

A Bosia è polemica sulla Croce rossa.

Nei giorni scorsi, il capogruppo di minoranza Antonio De Simone ha alzato i veli su una vicenda di alcuni anni fa e passata quasi inosservata. Il leader dell’opposizione accusa i responsabili della Croce rossa locale di aver utilizzato impropriamente le quote versate dai soci.

«Nel 1996», spiega DeSimone, «24 volontari del paese frequentarono un corso di primo soccorso per poter ricoprire il ruolo di barelliere e autista nella Croce rossa. Gli esami di abilitazione furono superati da un buon numero di partecipanti, i quali, con entusiasmo, diedero vita a un gruppo di Croce rossa in modo da garantire un buon servizio alla popolazione ». Poi, però, come accade a molte associazioni, l’armonia è andata scemando.

Sottolinea De Simone: «Dopo un po’ di tempo, si crearono contrasti fra il responsabile e i volontari e il sodalizio cominciò a sfaldarsi. Il risultato è sotto gli occhi dei cittadini: a Bosia non disponiamo più dell’ambulanza e l’unico mezzo rimasto, un’automobile attrezzata per il trasporto degli anziani non barellati, è fermo da tre anni. La cosa paradossale è che la Croce rossa di Bosia compare ancora sulla segnaletica stradale e sull’elenco telefonico, quando, in realtà, è praticamente inesistente».

Il problema, comunque, secondo De Simone, non sta nel graduale declino dell’associazione, ma nella gestione delle quote associative: «Anni fa, un privato prese in affitto l’alloggio sovrastante la sede e le spese elettriche vennero pagate con parte dei contributi versati dai cittadini per la Croce rossa. A quanto pare, però, nessuno ne era a conoscenza, nemmeno l’Ispettore della Cri di Bosia», afferma De Simone, aggiungendo: «Solitamente, un buon padre di famiglia che riceve una bolletta piuttosto salata, verifica immediatamente il motivo di una cifra così alta. Invece, a Bosia, le bollette a carico della Croce rossa venivano trasferite al Comitato di Monesiglio che, non essendo a conoscenza del problema, provvedeva al pagamento impiegando (giustamente, nda) i fondi di cassa di Bosia.

Tutto ciò si è verificato non per mesi, ma per anni, con sperpero di denaro pubblico. Sarebbe opportuno che quella o quelle persone che, pur sapendo dell’accaduto, hanno sempre nascosto le malefatte, si ritirassero a vita privata. A questo punto, se non ci sarà un’ammissione di responsabilità da parte del responsabile della Croce rossa di Bosia, con l’intervento del Commissario di Monesiglio, saremo costretti a denunciare l’accaduto ai responsabili di Roma. In ogni caso, mi auguro che la Croce rossa di Bosia possa tornare in funzione».

Chiamato da Gazzetta a fare un po’ di chiarezza sull’episodio, il commissario della Croce rossa di Monesiglio, Carlo Rocca, ha dichiarato: «Il gruppo di Bosia dipendeva amministrativamente da Monesiglio ma, di fatto, era autonomo. In merito a questa vicenda, stando alle informazioni in mio possesso, era stato il Comune ad assegnare un locale alla Croce rossa e un alloggio a un privato che, ovviamente, vivendo in quell’abitazione, usufruiva dei servizi elettrici. A quanto ne so, per una sorta di “compensazione”, l’inquilino era tenuto a effettuare lavori di manutenzione a favore della Croce rossa e del Comune. Per quanto concerne le bollette “incriminate”, la Croce rossa di Monesiglio, senza immaginare che nelle spese fossero compresi i consumi del cittadino, si limitava a eseguire i pagamenti, utilizzando i fondi della Croce rossa di Bosia. Quindi, non ci sentiamo responsabili dell’accaduto. Ora, ci farebbe piacere che il gruppo di Bosia tornasse a operare per il bene della comunità. Saremo lieti di riattrezzare i volontari con gli strumenti più adeguati».

Enrico Fonte

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