Luci e ombre sul Moscato

Gli ultimi eventi verificatisi nel mondo del Moscato hanno ribadito che il panorama è fatto di luci e ombre.

Se il 29 gennaio la firma dell’accordo sul nuovo disciplinare di Asti e Moscato d’Asti ha segnato un passo avanti, il 31 la conferenza di Santo Stefano Belbo ne ha determinato uno indietro.

Cominciamo dall’accordo, i cui punti sostanziali sono quattro.

La resa a ettaro. È stato ribadito per entrambi i vini il massimale già in vigore: 10 tonnellate a ettaro col 20% di tolleranza in più. In condizioni particolarmente favorevoli di mercato, la Commissione paritetica potrà valutare e decidere un aumento di produzione.

Il passaggio da una tipologia all’altra. Il disciplinare autorizzerà il passaggio da Moscato d’Asti ad Asti, mentre quello inverso dovrà essere approvato sempre in Commissione paritetica.

La trattenuta. Quella che potremmo chiamare “7 per mille” è in effetti la trattenuta di 7 euro a tonnellata di uva che la parte industriale opererà, versandola poi a favore della parte agricola. Non è chiaro come verrà ripartito questo fondo. Per ora si sa che verrà costituito un Consorzio di scopo, che, pare, la dividerà tra l’Assomoscato, la sezione Moscato della Vignaioli piemontesi e le associazioni Moscatellum e Confagrimoscato.

Il Comunedi Asti nella zona di produzione. Questa materia è stata stralciata dall’accordo e se n’è fatta carico la Regione, che provvederà rapidamente a condurre le verifiche tecniche necessarie per valutare quanto territorio di Asti possa appartenere alla zona di origine delle uve da Moscato e Asti per evitare ogni possibile problema di legittimità alla denominazione medesima.

La questione di Asti nella zona di produzione ha segnato anche la prima parte della conferenza del 31 gennaio a Santo Stefano Belbo, alla quale hanno partecipato almeno 400 persone.

In tale sede, i sindaci di Santo Stefano Giuseppe Artuffo e di Coazzolo Fabio Carosso, il consigliere provinciale di Cuneo Luigino Icardi, l’assessore all’agricoltura della Provincia di Asti Fulvio Brusa e il presidente di Assomoscato Giovanni Satragno hanno ribadito le ragioni dell’opposizione contro l’ingresso di Asti nell’area di origine.

Un’opposizione più sul metodo che sulla sostanza: tiene la consapevolezza di dover evitare problemi di legittimità alla denominazione, ma è netto il rifiuto per il metodo seguito e che ha trovato (questa è l’accusa più grave) nel Consorzio dell’Asti un forte sostegno.

L’intervento dell’assessore Sacchetto ha ribadito quanto già espresso in Commissione paritetica, vale a dire che si troverà una soluzione al problema, ma lo si farà alla luce del sole e in modo condiviso dalle parti, seguendo l’iter ufficiale ed evitando ogni interferenza esterna.

Chiaro il riferimento alle pressioni dell’azienda Zonin, che potrebbe beneficiare di una ventina di ettari nella zona di origine docg, come in effetti si è verificato per l’anno 2008.

Giovanni Satragno (Assomoscato) e Paolo Saracco (Moscatellum) sono stati i protagonisti della seconda parte della conferenza, ribadendo con pacatezza le ragioni che hanno portato Assomoscato e varie aziende della Moscatellum a lasciare il consorzio. Inoltre, il presidente Claudio Negrino ha annunciato anche l’uscita della Cantina sociale di Alice Bel Colle.

Se da un lato hanno ribadito la necessità di avere un consorzio autorevole, le ragioni che hanno consigliato il loro “passo indietro” sono legate alle strategie consortili, votate più alla quantità che alla qualità, all’esigenza di avere in consorzio pari dignità rispetto alla parte industriale e allo sviluppo esagerato del Moscato d’Asti, senza trascurare la questione di Asti nella zona di origine.

Stupisce che la spaccatura si sia verificata proprio nel triennio che vede un uomo del mondo agricolo (Paolo Ricagno) alla presidenza del consorzio. Una parte di questo mondo lo accusa di atteggiamenti “filo-industriali” e il suo intervento alla conferenza di Santo Stefano ha destato reazioni furibonde da parte di molti viticoltori. Si sono moltiplicate le anime del mondo agricolo, che nel caso specifico dispone di quattro centri di rappresentanza (la Produttori Moscato associati, la sezione Moscato della Vignaioli piemontesi e le associazioni Moscatellum e Confagrimoscato). E poi ci sono i “liberi pensatori”, che non fanno parte di nessuna associazione.

La componente industriale, invece, è compatta. O almeno così appare. E senza aver bisogno di un proprio organismo di rappresentanza. I romani dicevano “divide et impera” e il mondo del Moscato ne è una rappresentazione molto esplicita. Che nessuno se ne sia ancora accorto?

Giancarlo Montaldo

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