Raphael Rossi. Senza coraggio si scade nell’omertà

Ciò che contraddistingue la storia di Raphael Rossi – 35 anni, specializzato nella progettazione di sistemi per la raccolta differenziata, fino a quattro mesi fa vicepresidente di Amiat, l’azienda municipale per la raccolta dei rifiuti a Torino – non sono i gesti, ma la perseveranza nel diffondere l’esempio, nell’estendere il più possibile il catechismo della correttezza morale, dell’incaponita lotta alla corruzione.

Rapahel Rossi

Raphael Rossi

I fatti, quelli che lo hanno portato alla ribalta, Raphael li racconta all’incontro di venerdì 25, organizzato dall’associazione Spiriti liberi, presso la sala Giacomo Morra del bar Savona di Alba.

Nel 2007 Raphael osteggia l’Amiat nell’acquisto di un costoso e inutile macchinario. Grazie ai rilievi del giovane tecnico, i torinesi risparmiano circa 4 milioni di euro (il costo sarebbe gravato sulle tasche dei cittadini). L’Amiat non ci sta: l’ex presidente Giorgio Giordano propone a Rossi una tangente, una cospicua somma di denaro in cambio del silenzio, del dietrofront. Raphael si rivolge alla Procura e finge di accettare la proposta, riuscendo, così, a incastrare il truffatore.

Ma la situazione è delicata, spiega Rossi sul suo blog: «L’udienza preliminare si è conclusa. Una decina le sedute, tra rinvii, annullamenti e sospensioni. Si sono ripercorse le carte dell’inchiesta e il Giudice per l’udienza preliminare ha rigettato le tesi degli imputati. Il processo si farà, ma tra un anno. Intanto, il Giudice ha condannato a un anno con la condizionale l’imputato che aveva chiesto il patteggiamento, Giorgio Giordano».

Situazioni al limite spuntano pure ad Alba. Come l’aneddoto raccontato dall’ambientalista Gino Scarsi all’incontro albese di venerdì: «Sono stato consigliere del Coabser per parecchi anni. All’inizio del 2000 capitò che il presidente appena nominato di un consorzio incrementò il proprio stipendio in maniera sconsiderata, arrivando fino a 5 o 6 milioni di lire. I consiglieri fecero lo stesso: arrivarono fino a due milioni».

Sulla medesima lunghezza d’onda i fatti narrati da Roberto Cavallo (esperto del ciclo dei rifiuti): alcune vasche di discarica e numerosi impianti per il trattamento dei rifiuti sono stati realizzati da una sola ditta. È normale? Siamo di fronte a un meccanismo che, suggeriscono i relatori, poggia su filosofie perlomeno non troppo democratiche. Emerge la consapevolezza di una disonestà radicata, imbrigliata nelle intenzioni e in insospettabili attori sociali: non è sufficiente inorridire, è necessario denunciare. Estirpare ruggine altrimenti epidemica. Non che sia facile, ammette Raphael Rossi (vedi intervista a lato): ma senza coraggio si scade nell’omertà.

m.v.

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