Piemonte ancora in crisi

Contesto aristocratico e lussuoso per considerazioni che di aristocratico e lussuoso hanno ben poco: il foyer del teatro Regio di Torino, venerdì 17 giugno, ha ospitato l’intera squadra di Ires (Istituto di ricerche economiche e sociali) e una trafila di esponenti istituzionali riunito per discutere lo stato di salute del Piemonte. La relazione dei ricercatori ambisce a monitorare il territorio, per immaginare interventi compensativi. Il bilancio: ai timidi segnali di riscossa dalla recessione si alternano indizi preoccupanti.

Cuneo migliore. L’indagine è relativa al 2010: in ripresa l’industria (+5,2 per cento il valore aggiunto, +8,6 per cento la media annua della produzione, mentre il comparto delle esportazioni registra un +16 per cento), in flessione il settore delle costruzioni, stagnante la produzione di servizi.

A livello delle singole province la radiografia Ires descrive luci e ombre, con settori, come quello manifatturiero, in oggettiva difficoltà ma in tenue rimonta. Sono Cuneo e Alessandria ad aggiudicarsi il primato per quantitativi di merci prodotte e per livello occupazionale globale.

I numeri. Per quanto riguarda il settore agricolo, si assiste a una ripresa delle esportazioni (+9,9 per cento) e all’incremento dell’occupazione (+4,6 per cento). Sul fronte della distribuzione commerciale, invece, la spesa per consumi cresce nel 2008 e nel 2009 più che a livello nazionale: il trend è capitanato dai beni non alimentari (+10 per cento e +8 per cento in Piemonte, contro rispettivamente il +4 per cento e +2 per cento in Italia), mentre i consumi alimentari non hanno modificato il ritmo (+7 per cento nei due anni) a differenza di quelli nazionali, di poco in recessione.

Emergenza. Nell’artigianato si assiste a una inversione di rotta rispetto alle dinamiche iniziali della crisi economica: migliorano i settori legati all’export. In preoccupante flessione invece le aree connesse ai consumi dei nuclei familiari. Buone notizie, infine, dal fronte turistico: nel corso del 2010, il settore ha visto aumentare complessivamente sia gli arrivi (+5,7 per cento) sia le presenze (+6,65 per cento). In generale, è la categoria rispondente al generico appellativo “lavoro” a manifestare le maggiori criticità.

I ricercatori Ires dipingono una vera emergenza, soprattutto sul profilo giovanile: si parla di tassi di disoccupazione che, nella fascia anagrafica al di sotto dei 25 anni, superano di circa tre volte i valori medi.

Politica e debiti. Il presidente della Giunta regionale Roberto Cota ha ribadito l’allarme e ha dichiarato: «Abbiamo un progetto finalizzato a sollevare dal pagamento dell’Irap le imprese che assumeranno un certo numero di operai al di sotto dei 30 anni. Ciò comporterà un risparmio di circa mille euro per lavoratore, mentre un numero di giovani compreso tra 10 e 30 mila troverà collocazione ».

L’impressione è di assistere a una ripresa intermittente. A “macchia di leopardo” arrivano segnali confortanti, subito soppiantati da dati drammatici. Come stupirsi, dopotutto: il Paese presenta un debito pubblico che nel 2012 toccherà i duemila miliardi di euro. Una struttura debole, inadatta a fronteggiare colossi congiunturali e destinata al tracollo, dicono alcuni analisti. A meno di non imboccare un drastico cambio di traiettoria.

Matteo Viberti

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