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Piemonte sempre nucleare

Incassato il “sì” al referendum del 12-13 giugno – esito che blocca la riconversione e la costruzione di nuove centrali nucleari – rimane da risolvere il tema del “nucleare passivo” ovvero delle scorie prodotte negli anni in cui le centrali erano in funzione.

L’80 per cento delle scorie nucleari italiane, allo stato liquido, si trova in un piccolo paese del vercellese, Saluggia. Il “comprensorio nucleare” di Saluggia è collocato sulla statale Vercelli-Crescentino. Qui c’è l’impianto Eurex-Sogin per il riprocessamento del combustibile nucleare. L’impianto non è più in funzione dal 1980, ma durante la sua attività ha prodotto un gran quantitativo di rifiuti radioattivi sia solidi che liquidi, stoccati nel deposito Avogadro e nel complesso Sorin: il primo contiene 164 elementi di combustibile irraggiato solido immersi in una piscina di contenimento, mentre nel Sorin si producono radiofarmaci.

«Degli impianti nucleari di Saluggia impressiona la collocazione del tutto irragionevole », dichiara Gianpiero Godio, responsabile del settore energia per Legambiente Piemonte. Godio è uno dei massimi esperti del nucleare di Saluggia. «Il centro nucleare si trova chiuso tra la Dora Baltea, il più grande affluente del Po, il canale Cavour, che irriga le risaie del vercellese, e il canale Farini, che alimenta a sua volta il canale Cavour. Posto più infelice non poteva essere trovato. Durante le alluvioni del ’94 e del 2000 la struttura è stata danneggiata. Ci si chiede perché 40 anni fa sia stata operata questa scelta scellerata».

Ma perché le scorie dell’intero territorio nazionale si sono concentrate a Saluggia? Perché negli impianti Sogin dovevano sperimentarsi tecniche di estrazione del plutonio. Tanto che oggi a Saluggia si trovano 5 kg di plutonio, una bomba potenziale. La soluzione individuata per stoccare questi “rifiuti” non sarà di «solidificarli e portarli in un luogo meno “pazzesco”», come auspica Godio (l’Italia è l’unico Paese al mondo che non ha ancora indicato un piano di stoccaggio e deposito), ma di costruire un altro deposito, più grande, e nello stesso luogo, in riva al fiume, sempre a un chilometro e mezzo a monte dei pozzi dell’acquedotto Monferrato.

La storia del deposito è significativa. L’area non era edificabile. Per ottenere l’autorizzazione la Sogin è ricorsa a due ordinanze dell’allora commissario per la sicurezza nazionale Carlo Jean, già presidente della Sogin stessa. Il Comune di Saluggia ha quindi autorizzato la costruzione del deposito, il D2, che ospiterà i rifiuti solidificati. Serviranno 15,7 milioni di euro e 560 giorni di tempo per costruirlo. La Sogin assicura che nel 2017 entrerà in attività. Ma i lavori non sono partiti.

Che fare? Risponde Godio: «Non credo esista una soluzione. L’unica via è prendere i rifiuti solidificati e portarli in un luogo più razionale. Non esistono luoghi sicuri per il nucleare, maposti più “razionali”, sì».

Maurizio Bongioanni

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