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Un Piano per i giovani

Il miraggio dell'impiegoLa negligenza o l’indolenza verso i giovani sono la perversione di una società arroccata sul presente, priva di progettualità, sprovvista di politiche. Basta leggere le statistiche.

In Piemonte la disoccupazione giovanile, dal 2008 al 2009, è passata dal 14,9 al 24,1 per cento, mentre in Lombardia dal 12,5 al 18,5. Sebbene la media nazionale nel 2009 si sia attestata su percentuali più problematiche (attorno al 26 per cento, mentre a fine 2010 sfiorava il 28: il Meridione fatica più del Settentrione), le rilevazioni denunciano che quasi un giovane su quattro è disoccupato.

Condizione difficilmente liquidabile appellandosi all’inedia, come hanno azzardato taluni politici, battezzando il popolo precario “fannullone”. Dal 2009 al 2010 il numero di assunzioni in Piemonte aumenta solo dell’1,1 per cento fra i ragazzi sotto i 24 anni, mentre per i giovani tra i 25 e i 34 l’incremento è del 3,4. Anche nei primi mesi del 2010 la sola fascia d’età a non aver mostrato un’inversione di tendenza, continuando a diminuire, è quella degli under 25.

Dunque, servono strategie. Sono in parecchi a credere che un’inversione di rotta efficace prescinda dall’esclusivo intervento istituzionale, ma debba partire dal basso. Tuttavia, il Governo regionale ha rotto il ghiaccio approvando il Piano giovani, un documento programmatico con l’obiettivo di agevolare l’inserimento lavorativo, dinamizzando la macchina burocratica e occupazionale. Per contrastare la disoccupazione giovanile la Regione prevede lo stanziamento iniziale di undici milioni, ai quali si aggiungerà l’effetto di importanti sgravi fiscali. L’idea, ha spiegato il presidente Roberto Cota, è di «favorire un nuovo patto generazionale ».

Ha proseguito il Governatore: «Il lavoro è una priorità e il contrasto alla disoccupazione una delle missioni della nostra azione di governo. Per un giovane non avere lavoro vuol dire non programmare il futuro e questo semina incertezza e disagio in tutte le famiglie. Non creiamo artificialmente dei posti di lavoro», ha concluso Cota, «ma piuttosto opportunità, attraverso attività che possono essere durevolmente presenti sul mercato».

Il Piano prevede “borse lavoro” da mille euro mensili per tirocini aziendali, sostegno alle cooperative di giovani a partita Iva, formazione e stage per i laureati di primo livello, sgravio per tre anni pari a 30 mila euro ai fini Irap per ogni assunzione a tempo indeterminato di under 35, sostegno finanziario per l’avvio d’imprese gestite da giovani. E ancora: aiuto all’imprenditorialità che non accede alle provvidenze riservate a quella ad elevato contenuto tecnologico, premialità per agevolare l’accesso dei giovani ai contributi regionali per la competitività, voucher da 10 mila euro per i giovani professionisti che collaborano all’avvio di una nuova attività imprenditoriale. Ha concluso l’assessore al lavoro Claudia Porchietto: «Teniamo molto al tema delle cooperative. Sono tantissimi i giovani che non riuscendo a essere coinvolti nel lavoro subordinato, si orientano a diventare il cosiddetto popolo delle partite Iva, con il problema di trovarsi da soli oppure senza gli strumenti finanziari per crescere».

Matteo Viberti

LA STORIA: Filippo, che non vede il domani

Durante il tempo dell’Università Filippo ha lavorato come cameriere in un pub del centro di Alba. Solo i weekend, giusto per coprire le spese e smorzare il peso degli studi sul bilancio familiare. Intanto, partecipava ai progetti di un’associazione culturale cittadina, organizzando eventi goliardici e rassegne artistiche, sperando un giorno che l’attività potesse trasformarsi in impiego: «Ci credevo, perché ho sempre amato l’indipendenza da lavori rigidi e gerarchici e nell’iniziativa personale svincolata dagli ordini».

Dopo la laurea in architettura, però, Filippo ha dovuto rivedere intenti e ideologie: è stato assunto come stagista in uno studio di Torino, ma la paga era risicata e la fatica eccessiva, così si è licenziato e ha cominciato a spedire curricula: da quel momento è passato un anno. Dopo sei mesi trascorsi a casa, proseguendo a lavorare nel pub albese, Filippo è stato assunto in uno studio grafico con contratto a tempo determinato e una paga che non supera i novecento euro mensili, a fronte delle trenta ore settimanali.

Spiega Filippo: «Per ora devo adattarmi, non posso chiedere di meglio. Quando domando un consiglio a qualcuno, mi dicono che la recessione economica e le condizioni in cui versano altre persone sono talmente critiche che dovrei ritenermi fortunato ad aver trovato un simile impiego. E poi, dicono, tutti devono fare gavetta prima di arrivare. La verità è che si tratta di giustificazioni, razionalizzazioni utili a nascondere il fatto che non abbiamo opportunità, che il Paese ci ha dimenticati. Tutti hanno diritto a una vita dignitosa, a trascorrere le giornate coltivando i propri interessi e le relazioni senza che il lavoro e la preoccupazione economica monopolizzino i pensieri.

Il mio tempo, oggi, si è appiattito sul presente. Cerco di non pensare troppo al domani, ma di vivere il meglio possibile con gli scarsi strumenti di cui dispongo. Il problema… è che non so fino a quando potrò resistere in questo modo. Voglio rimanere me stesso, o perlomeno avere la possibilità di diventarlo. Non voglio vivere sul filo di un rasoio, assediato dall’incertezza. Ho ventisette anni e non posso nemmeno immaginare una famiglia, sarebbe materialmente improponibile».

m.v.

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