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Laura Boldrini: «Ogni uomo ha dei diritti»

Laura Boldrini«Non tutti i premi vanno accettati. Se non hanno un senso diventano autoreferenziali e bisogna rifiutarli. Ma questo premio ha un senso. Viene da persone determinate che credono in ciò che fanno. Per questo l’ho accettato, e molto volentieri».

Sono le parole con le quali Laura Boldrini ha ringraziato il Comune di Cherasco che, sabato scorso, le ha consegnato il premio nazionale Una donna nel mondo, dedicato alla scrittrice braidese Gina Lagorio, scomparsa nel 2005. Le figlie di Gina Lagorio – presenti alla consegna del premio – ne portano avanti la memoria, l’impegno e la passione civile con una serie di iniziative culturali, tra cui questo premio, giunto ormai alla sua sesta edizione e che ha visto premiate donne del calibro di Bianca Guidetti Serra, Aminata Dramane Traoré (Mali), Rita Borsellino, Milena Gabanelli e Lella Costa.

Quest’anno è stato il turno di Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e con una lunga carriera alle spalle come funzionario in organizzazioni internazionali. Nella stessa giornata il sindaco Claudio Bogetti ha conferito la cittadinanza onoraria al generale Carlo Gualdi, generale di Corpo d’armata dei Carabinieri, e a Carlo Petrini, presidente di Slow Food e fondatore di Terra Madre. Di Carlin Petrini non è il caso di parlare, almeno da queste parti. Il vulcanico fondatore del movimento slow, guru di ogni iniziativa nella valorizzazione della biodiversità e delle tradizioni locali, non ha bisogno di presentazioni.

Il generale Carlo Gualdi, dopo una carriera trascorsa ai vertici dell’Arma, è dal 2008 comandante dei Carabinieri del Nord-Ovest: con Cherasco ha un legame particolare, dovuto soprattutto ai suoi interessi storici coltivati nel tempo libero. Il premio al generale Gualdi è in fondo un’attestazione di stima all’intera arma dei Carabinieri e alla sua capacità di integrarsi con le comunità locali.

Laura Boldrini durante la premiazioneMa la vera protagonista della giornata è stata indubbiamente Laura Boldrini. Personaggio insolito: laureata in giurisprudenza, ha cominciato a lavorare come giornalista, poi come autrice televisiva per la Rai, ed è poi approdata negli uffici stampa della Fao. Dal 1998 è portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Eclettica: ha svolto missioni in ex Jugoslavia, Caucaso, Afghanistan, Tajikistan, Mozambico e Iraq e solo da qualche anno lavora stabilmente in Italia. Passionale: molti la conosceranno per le sue prese di posizione forti contro la politica dei respingimenti in mare degli immigrati – quando Gheddafi era ancora nostro amico – ma sentirla parlare dal vivo del suo lavoro è sicuramente ancora più affascinante.

«Ricevo questo premio in un momento del mio lavoro non facile», ha detto Boldrini. «Sono in Italia in anni in cui l’emergenza dei rifugiati si è spostata nel Mediterraneo ». Laura Boldrini ha poi sciorinato una serie di cifre impressionanti, spesso soffocate da una stampa che non sa fare il suo mestiere. Dal 26 marzo 2003 – secondo le stime dell’Alto commissariato – hanno perso la vita nel Mediterraneo 1.500 persone che cercavano di raggiungere l’Italia.Edire che in tempi non lontanissimi erano gli italiani a perdere la vita nei viaggi della speranza, nell’Atlantico o nel Mediterraneo: celebre è ad esempio il disastro della Principessa Mafalda nel 1927 al largo delle coste del Brasile.

«Da un lato abbiamo assistito alla primavera araba: e ciò naturalmente ha determinato un esodo di persone in fuga dalla rivoluzione », ha detto Boldrini. «Dall’altro c’è stata la guerra in Libia: e anch’essa è all’origine di un grande esodo». Ma grande quanto? La politica e l’informazione ci raccontano di fiumane di gente in arrivo dalla Libia. «Dalla Libia», ha spiegato Boldrini, «sono usciti 1,3 milioni di persone. Per la maggior parte si sono rifugiate in Egitto e Tunisia, due Paesi che vivono una fase di transizione e che hanno accolto i profughi provenienti dalla Libia nonostante avessero la facoltà di chiudere le frontiere. In Italia, su 1,3 milioni di profughi, sono arrivate 28 mila persone. Per la maggior parte si tratta di libici, ma sono anche somali ed eritrei in fuga dalla carestia del Corno d’Africa che avevano trovato lavoro in Libia».

Questi, per il diritto internazionale, sono rifugiati e hanno diritto di asilo politico: vengono in Italia non per convenienza economica,ma per scappare dalla guerra o dalle persecuzioni politiche e, in base all’accordo di Ginevra del 1951, hanno diritto di chiedere ospitalità all’Italia. Diverso è il discorso dell’immigrazione: qui ciascun Paese è libero di adottare politiche più o meno restrittive.

«Certo, a Lampedusa non ci sono soltanto profughi libici», ha spiegato Boldrini. «Si calcola che siano arrivati anche 27 mila tunisini per cercare opportunità in Italia. L’Italia ha una sua legge sull’immigrazione che può non piacere, ma che va applicata. Se l’autorità lo ritiene opportuno, può adottare un decreto individuale di rientro in patria. Ma davvero la politica dei respingimenti di massa è stato qualcosa di odioso. Tutti indietro, tutti insieme, senza distinzione fra rifugiati e immigrati, in balia delle onde».

Ma esiste una questione rifugiati? Sono forse troppi i rifugiati sbarcati sulle coste italiane? «L’Italia non può accogliere tutti i rifugiati del mondo», ha detto Boldrini. «Però ragioniamo sulle cifre. Nel mondo ci sono 43 milioni di rifugiati. L’80% è rifugiato in Paesi del Sud del mondo. In uno dei più grandi campi profughi in Kenya ci sono 450 mila rifugiati che vivono in condizioni terribili. In Sudafrica solo l’anno scorso sono arrivati 180 mila rifugiati. In Italia 10 mila. E ancora: in Europa ci sono 2,5 milioni di rifugiati: 600 mila in Germania, 300 mila nel Regno Unito, 150 mila in Francia, 55 mila in Italia».

Insomma: la retorica dell’invasione dei rifugiati – spesso confusi da certa stampa o dalle parole di certa politica con gli immigrati, o ancora con i clandestini – non trova riscontro nella realtà dei numeri. E così, cifre alla mano, in punta di diritto, questa anomala «donna nel mondo » ha spiegato ciò che non passa nel mainstream dell’informazione, fra gli sbuffi e i gesti di insofferenza di alcuni politici – non tutti – seduti in prima fila. Ha ricordato che ogni uomo è in quanto tale portatore di diritti: un principio banale, che però spesso viene sacrificato all’altare della realpolitik.

Alessandro Cassinelli

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