Marello: «Il “Porcellum” non va»

Romano Prodi – scatenando le illazioni, subito smentite, sul suo rientro in politica – ha firmato il 30 agosto nel municipio di Bologna per il referendum atto ad abrogare l’attuale legge elettorale. L’ex Presidente del Consiglio ha chiarito ai cronisti: «Ho firmato per dovere civico. L’ho fatto per dare stabilità e forza alla nostra democrazia. Mi auguro che le firme siano abbastanza da superare il quorum, in modo che il referendum possa avvenire. Vedo che la gente si pone il problema di una legge elettorale iniqua, che dev’essere sostituita. La mia firma, però, implica nulla riguardo a protagonismo, rientri o cambiamenti della mia vita. Fra pochissimi giorni parto per un periodo di insegnamento in Cina, poi negli Stati Uniti, poi ad Addis Abeba…». Anche il sindaco di Alba Maurizio Marello ha deciso d’impegnarsi in prima persona nella raccolta di firme (scadrà il 20 settembre) a sostegno del referendum per l’abrogazione della legge elettorale proporzionale con liste bloccate, per il ripristino dei collegi uninominali. Ne parliamo con lui in questa intervista.

Sindaco, quali sono i motivi della sua adesione al referendum?
«Mi pare che tra le cause del grave discredito che sta investendo la classe politica, e anche dell’impasse che blocca qualunque decisione governativa, vi sia l’enorme difetto di rappresentatività delle attuali Camere. Ciò è diretta conseguenza della legge elettorale con cui sono state formate, che impedisce al cittadino di scegliere i suoi rappresentanti. Più volte, la Camera e il Senato odierni sono stati definiti, a ragione, un Parlamento di nominati, non di eletti. Quando un deputato non rappresenta nessuno, ma deve tutto al (o ai) capipartito che lo hanno inserito nella lista da eleggere e che hanno il potere di deciderne la riconferma o meno, soltanto verso questi egli guarderà. E degli elettori chi se ne importa».

Perché il Parlamento non è stato capace di approvare una nuova legge elettorale, visto che questa, almeno a parole, non piace a nessuno?
«Oggi i partiti non hanno più una solida struttura innervata da una dialettica democratica. Sono diventati entità “liquide”, in cui gli iscritti contano poco o niente e ogni potestà è in mano al leader carismatico di turno. Inoltre, la classe politica, quando diventa autoreferenziale, non ha la forza per attuare cambiamenti. Naturalmente, una semplice proposta di cancellazione della legge elettorale per via referendaria non avrebbe alcuna speranza di essere accettata dalla Cassazione e dalla Corte costituzionale, perché non si può lasciare il Paese senza una norma che ne regoli le elezioni. Ma la caratteristica dei due quesiti che ho firmato – e che invito a firmare – è che si chiede l’abrogazione della legge che reca la firma di Roberto Calderoli, il “porcellum” (come lo ha definito il suo stesso autore), con l’obiettivo di rimettere in vigore la norma “Mattarella”, quella con cui si è votato dal 1994 sino al 2001».

Non si era troppo soddisfatti anche prima, però… Come si votava?
«Il 75% dei parlamentari veniva eletto con il sistema maggioritario in collegi uninominali, nei quali l’elettore poteva scegliere e votare non semplicemente il partito ma la persona; il restante 25% veniva eletto su base proporzionale, garantendo la rappresentanza parlamentare anche a forze politiche meno grandi. Può darsi che quella non fosse la migliore delle leggi. Ma l’odierna rappresenta per certo la peggior legge che si possa immaginare. Credo che gli stessi elettori leghisti – incatenati proprio da questa norma a una coalizione da cui vorrebbero fuggire – ne convengano e possano in piena coscienza firmare per l’abrogazione».

Che cosa succederebbe, se passasse il referendum?
«Il referendum può essere l’innesco per una fase di rinnovamento della classe politica nazionale, che nell’ultimo ventennio non ha dato complessivamente buona prova di sé. Sbaglieremmo se la credessimo in grado di guidare il rinnovamento; nessuno accetterebbe di mettersi da parte, riconoscendo la propria inadeguatezza. Senza un intervento dei cittadini, attraverso lo strumento referendario, il rinnovamento non arriverebbe mai. E l’Italia continuerebbe a dibattersi nel mare di inabilità, personalismi, vere e proprie indegnità morali in cui sta affogando ».

E per gli enti locali?
«Se in questi giorni abbiamo dovuto subire proposte quali quelle relative alla soppressione dei piccoli Comuni o a tagli indiscriminati alle Amministrazioni, significa che chi ci governa ha perso ogni contatto con i cittadini. E non c’è da stupirsi, visto che i parlamentari non sono eletti, ma “nominati”. Restituire agli italiani la possibilità di scegliere i propri rappresentanti (come fanno per i sindaci e i consiglieri comunali), significa ridare il diritto di partecipare alle decisioni, non di subirle».

Non tutto il Partito democratico, però, è d’accordo sulla sua linea…
«Lo è quello di Alba. Ringrazio le liste che sostengono la mia Amministrazione, che hanno deciso di farsi promotrici della raccolta di firme. Il mio è un appello a lavorare tutti per un futuro migliore dell’Italia e per ritrovare fiducia e speranza».

m.g.o.

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