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Comunità montane: di nuovo a rischio?

Le parole pronunciate nei giorni scorsi a Torino dall’assessore regionale Elena Maccanti («Sarebbe suicida e irresponsabile mantenere le Comunità montane in un contesto che sta cambiando»), hanno rimesso in allarme gli amministratori dei Comuni montani. L’Assessore ha aggiunto che l’obiettivo è di trasformare le 22 Comunità montane piemontesi in unioni di Comuni con ambiti territoriali che verranno decisi in autonomia dai sindaci. L’Uncem Piemonte ha espresso parere negativo sul progetto in una lettera inviata a tutti i sindaci, al presidente della Regione Roberto Cota, al presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo e agli assessori Elena Maccanti e Roberto Ravello. «Le Comunità montane sono già Unioni di Comuni. L’ipotesi di eliminarle è assurda e comporterebbe un grave danno per il Piemonte. Se in Piemonte vogliamo essere più realisti del re, rischiamo di farci male.

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I paesi in azzurro sono quelli sopra i mille abitanti (non interessati dai possibili accorpamenti previsti dalla manovra); in rosa, quelli sotto i mille abitanti, che, come si vede, in Langa sono la maggioranza.

 

Non è così che si risponde alla manovra che obbliga i Comuni a gestire i servizi in forma associata. Le Comunità montane lo fanno da 40 anni e sono capaci, nel loro bilancio complessivo, di moltiplicare quattro volte il trasferimento regionale di 20 milioni di euro. Inoltre, le Comunità montane sono previste dallo Statuto della Regione», commenta il presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba (foto). Anche l’ipotesi che prevede da parte delle unioni l’assorbimento dei 450 dipendenti delle Comunità montane preoccupa l’Uncem. «Tutti sappiamobene quanto sarà complesso, per le unioni o per i singoli Comuni, assorbire i dipendenti delle Comunità montane. Le unioni nascono per gestire i servizi con economie tra i Comuni che ne fanno parte e sul lungo periodo verranno diminuiti i trasferimenti della Regione.

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Come faranno a pagare i dipendenti? Quello delle piccole unioni è un tranello in cui non vogliamo che cadano i sindaci. Il passaggio successivo è la fusione, l’accorpamento dei piccoli Comuni», aggiunge Riba. Secondo l’Uncem anche l’ipotesi della “convenzione”, prevista dall’articolo 16, porterà i Comuni all’ann u l l a – m e nto, alla cancellazione di ogni autonomia di bilancio. «Siamo mobilitati. Se pensano di far cuocere le Comunità montane a fuoco lento, reagiremo », conclude Riba. Al di là delle ipotesi regionali e delle reazioni dell’Uncem, la situazione è abbastanza incerta e molto confusa. «La posizione della maggior parte dei nostri sindaci è di dare vita a una convenzione tra tutti i Comuni per la gestione associata dei servizi », sottolinea il presidente della comunità montana “Alta Langa” Alessandro Barbero, che ammette anche come la situazione sia di grande incertezza. «Sulla questione dei piccoli Comuni ci sono ricorsi pendenti. Vediamo cosa succederà. Fino a gennaio- febbraio non prenderemo nessunadecisione », conclude Barbero. La manovra prevede che entro il 17 novembre le Regioni possano individuare limiti demografici diversi per le unioni formate dai Comuni sotto i mille abitanti (in Piemonte dovrebbero essere 5 mila per i Comuni collinari e 3 mila per quelli montani).

Entro il 17 marzo, invece, i Comuni sotto i mille abitanti devono avanzare alla Regione una proposta di unione. E con le elezioni amministrative della primavera 2012 (in Langa toccherà a Cissone) scatterà anche l’ulteriore “taglio” dei consiglieri comunali, che scenderanno a sei (senza assessori). Un incontro chiarificatore (almeno, si spera) si è svolto ieri sera, lunedì ad Alba, tra gli assessori regionali Cirio e Maccanti e i sindaci di Langa e Roero.

Corrado Olocco

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