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“No alla centrale a biogas”

Realizzare un impianto a biogas, in una cava preesistente, ai confini tra Cherasco e Bra (lungo la strada provinciale 661) per utilizzare le deiezioni animali di due stalle. L’idea, venuta a un gruppo di imprenditori (Marco Sanino di Cherasco, Lorenzo Cerrino di Bra e il titolare dell’azienda Vallcarni di Marene), è però contestata dai due sindaci Claudio Bogetti e Bruna Sibille, da alcuni industriali della zona e, soprattutto, dai residenti della zona, che hanno già costituito un apposito comitato.

Nella serata di martedì scorso, nei locali del Comune cheraschese, si è svolta una riunione informale – alla presenza anche dei progettisti della struttura e dell’assessore provinciale all’ambiente Luca Colombatto – per poter conoscere le specifiche di questo nuovo impianto. Spiegano i residenti, rappresentati da Bartolo e Agostino Ferrero: «L’impianto (per il quale non ci risultano ancora richieste di autorizzazione né alla Provincia e neppure al Comune) insisterebbe su un’area subito a ridosso del confine con Bra, a 150 metri dall’abitazione/ azienda Ferrero, a poco più di 300 metri dalla Gemini project, in prossimità di un’area piena di insediamenti commerciali e artigianali esistenti e in fase di realizzazione (previsti dal nuovo Piano regolatore braidese) e a poche centinaia di metri dal “Villaggio dei Tigli”, a ridosso di una zona in cui ci sono quasi 6.000 residenti».

Giancarlo_ScarzelloAggiunge Giancarlo Scarzello (foto), contitolare della Gemini project: «Per funzionare, l’impianto utilizzerebbe le deiezioni animali provenienti da un vasto territorio circostante (principalmente Novello e la regione Piana di Cherasco) con la previsione di un impiego di 2.500-2.700 mezzi pesanti all’anno e di materiale vegetale (trinciato di mais) anch’esso proveniente dagli stessi territori. La produzione di energia elettrica si attesterebbe sui 635 KWatt/anno (valore assai basso) e di una pari quantità di energia termica (acqua calda) che sarebbe fornita a un insediamento limitrofo per il riscaldamento di serre, benché queste necessitino di una quantità 10 volte superiore a quella prodotta. Senza dimenticare la produzione di acido solfidrico, derivante dalla putrefazione di prodotti organici, altamente tossico e nocivo».

Il sindaco di Cherasco Claudio Bogetti, commenta: «La riunione, informale, ci ha permesso di chiarirci alcune idee. Pur essendo favorevoli alla produzione di energie alternative, sappiamo che un simile impianto dovrebbe essere localizzato in altra zona, più vicina alle stalle di due dei proponenti». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Bruna Sibille, sindaco di Bra: «Non possiamo accettare che gli insediamenti industriali, artigianali e commerciali della zona si vedano decurtare il loro valore immobiliare, a causa dell’inquinamento e del danno ambientale provocato all’area dal nuovo impianto a biogas. Se poi si pensa che il sito è abbastanza vicino a Pollenzo, borgo che si è candidato a diventare patrimonio dell’umanità tutelato dall’Unesco, non possiamo che invitare il gruppo di costruttori a cercare una località che preveda la produzione di biogas a chilometri zero. Adesso riunirò tutti i capigruppo e i rappresentanti dei quartieri, ai quali intendo illustrare bene questa ipotesi, in modo che tutti siano al corrente dell’iniziativa».

Replica, a nome dei soci, Lorenzo Cerrino: «Il nostro impianto non consuma terreno agricolo nobile essendo su una cava e con le moderne tecnologie non inquina e non puzza. E poi, francamente, mi pare che tutta questa opposizione nasconda la volontà di effettuare una speculazione edilizia in quella zona, con il benestare anche del Piano regolatore braidese».

Valter Manzone

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