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L’Italia non si salva da sola

È finita l’era delle sovranità nazionali, ma il Paese dev’essere più “compatibile” con i vicini

L’Europa del 2012 reggerà l’urto di una crisi – non solo economica – devastante come quella che stiamo vivendo, Chittolina?

«Cominciamo con il dire subito che, non spiaccia alle leggende in circolazione, non sarà necessariamente l’anno della fine del mondo. Ma aggiungiamo subito dopo che un mondo è sicuramente finito: quello della crescita illimitata e, nel nostro caso, dell’Occidente e dell’Europa al centro del mondo. Il nostro declino è cominciato da tempo, abbondantemente nel secolo scorso, anche se in molti se ne accorgono solo adesso.

L’Europa reggerà all’urto del 2012 se avrà chiara consapevolezza di questa situazione, se si lascerà alle spalle finte e finite sovranità nazionali, se reinterpreterà l’euro come strumento di integrazione politica e se rafforzerà la propria vita democratica in un’Unione europea coesa e solidale. A queste condizioni, difficili ma non impossibili, l’Europa ce la farà.

Perché anche la politica europea appare divisa ed egoista?

«Purtroppo la politica europea non solo appare, ma è insopportabilmente divisa. Tra Paesi grandi e piccoli, tra il Nord e il Sud, tra il continente e la sua isola maggiore, la Gran Bretagna. La crisi, invece di indurre a più solidarietà, ha spinto tutti a cercare di salvarsi da soli. Soltanto che, in queste condizioni, da soli non si salva nessuno, nemmeno la Germania, figuriamoci la Francia e la Gran Bretagna, per non dire dell’Italia.

Una speranza però c’è: quello che non ha saputo fin d’ora fare la saggezza assente della politica, lo può fare la pressione degli eventi e la paura per la fine di una civiltà faticosamente costruita nei secoli. Sempre che non abbia ragione Pindaro quando ci ricordava che “gli dei accecano coloro che vogliono perdere”».

L’Italia potrà mai diventare un “Paese normale”?

«Uno sguardo alla storia farebbe pensare a un nostro Dna un po’ fuori misura, ma forse non tutto è negativo in questa nostra “anormalità”, che tanto colore e genio ha regalato al mondo. Basterebbe che l’Italia fosse almeno un po’ più “compatibile” con il suoi partner più vicini, più credibile nei suoi impegni, più seria nel rispetto della legalità. Un’Italia del tutto “normalizzata”, magari “alla tedesca”, impoverirebbe l’Europa e annoierebbe a morte gli italiani, e forse anche gli altri».

Mario Monti ha ridato al Paese dignità a livello internazionale, ma riuscirà a padroneggiare la complessa situazione con la quale si trova a fare i conti?

«Nelle condizioni in cui si trova a operare ora sarà molto difficile. Non basta che sia credibile Monti, è bene che lo ridiventi la politica e tutta la società italiana. Perché aveva ragione Brecht: “Infelice quel popolo che ha bisogno di eroi”. Anche perché da noi gli eroi sono poi tentati di rimanerlo a lungo. Monti è stato chiamato a governare il Paese in una condizione di emergenza straordinaria e quello che gli si chiede è di riportare l’Italia verso una situazione ordinaria. Prima questo avverrà, meglio sarà per tutti. A cominciare da Monti e dal suo Governo, al quale siamo grati per lo sforzo che sta facendo per riportare l’Italia in linea di galleggiamento».

Se i giovani sono privi di prospettive, la società entra in crisi. Che cosa bisogna fare? Che cosa fanno gli altri Paesi europei?

«Non investire sui giovani significa rinunciare al futuro e disgregare il tessuto sociale di un Paese, mettendo giovani contro anziani, come qualcuno è tentato di fare in nome della pur necessaria riforma della previdenza. Bisogna ricominciare dalla scuola e dal lavoro e da una scuola raccordata con il mercato del lavoro. Spendere per la scuola non dovrebbe, nella contabilità nazionale ed europea, essere considerato “in debito”, piuttosto un investimento il cui ritorno non può essere immediato ma richiede tempo.

Ne siano convinti anche i giovani, che devono probabilmente essere meno impazienti quanto ai loro propri “ritorni”, anche abbandonando il mito del “posto” garantito comunque e possibilmente lontano dal lavoro manuale che, in un Paese come il nostro, ancora e fortunatamente ad alto profilo manifatturiero (in Europa siamo secondi solo alla Germania), resta un’attività importante. Ma è qui che la scuola e la formazione in genere devono saldarsi meglio con le esigenze di un mercato del lavoro in rapida evoluzione e redistribuito su scala internazionale. La nostra provincia sarà pure Granda, ma sulla carta del villaggio globale del mondo è un puntino piccolo piccolo e sarebbe sciagurato indicarlo come unico orizzonte ai nostri giovani».

Nel 2012 quanto influirà ancora nella nostra vita lo spread?

«Speriamo di meno, ma perché avvenga bisogna che la finanza venga messa a servizio dell’economia e che questa venga orientata dalla politica, a sua volta guidata dalla ricerca del bene comune. Come dire che per far scendere lo spread bisogna imboccare questa strada tutta in salita e non sarà un’impresa facile».

La sua speranza per l’anno che verrà.

«Appunto, che si imbocchi questa strada in salita tutti insieme. I politici italiani a fianco dei tecnici, dei quali tornare presto a prendere il posto, potendo contare su un Parlamento che torni centrale per la nostra democrazia e su una società civile capace di educare la società politica e capace a sua volta di organizzarsi e lasciarsi alle spalle le sue mille litigiosità. E lavorare tutti insieme in Europa, perché da soli non potrà farcela nessuno. E nemmeno potrà farcela da sola l’Europa, in questo mondo interdipendente che è e sarà sempre più il nostro».

Franco ChittolinaFranco Chittolina, dopo gli studi universitari in Belgio, ha lavorato a Bruxelles, prima al Consiglio dei ministri dell’Ue e poi nella Commissione europea. Rientrato in Italia, ha proseguito nel suo impegno europeo con attività di animazione culturale con le scuole, le organizzazioni del mondo del lavoro e i movimenti della società civile. Commenta i temi dell’attualità europea su La Guida di Cuneo e altri organi di stampa e siti on line. Dal 2006 è responsabile del Centro studi della fondazione Cassa di risparmio di Cuneo.

Maria Grazia Olivero

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