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Raffaele Morelli. Istruzioni per la felicità

Raffaele Morelli è stato ospite di Collisioni ad Alba venerdì 3 febbraio. Lo psichiatra e psicoterapeuta ha cercato di definire un manuale di istruzioni per la felicità, ha fatto riflettere il pubblico in sala sull’importanza di essere nel posto in cui sei e sulla necessità di fare l’anima.

Esiste una ricetta per la felicità?

«La felicità è un processo interno, essa è frutto del silenzio e viaggia pari passo con il tempo naturale. È necessario che l’uomo ascolti ciò che capita all’interno del proprio corpo. La società moderna ha sempre associato il raggiungimento della felicità a una causa, ad esempio l’innamoramento o un nuovo acquisto; non esiste invece un motivo per essere felici, è una sensazione che percepiamo e siamo in grado di provare solo quando impariamo ad accogliere le immagini e i segni che si presentano, anche la morte. La felicità non ama i progetti, essa ragiona in modo naturale, appartiene allo stesso regno del gioco e come tale non richiede sforzo e fatica. Non vi è stata epoca nella storia con così poca felicità autentica e tanta depressione».

Com’è possibile esorcizzare la paura della morte?

«I vecchi hanno sempre insegnato la morte accompagnando i ragazzi nei cimiteri; oggi questa tradizione si sta perdendo. Bisogna imparare a morire, bisogna far morire il mondo in cui viviamo e che ci vuole tutti omologati; la tomba è come un utero in cui tornare, l’immagine della morte aiuta l’uomo a tornare a casa».

Quale approccio bisogna avere nei confronti della vita?

«Le persone devono imparare a stare da sole, la solitudine non deve essere vista negativamente: è la casa dell’anima. L’uomo deve compiere azioni che, secondo la ratio, sono prive di senso; amare i propri disturbi in quanto essi sono il risultato di qualche cosa che cerchiamo ma che non ci appartiene. La società ci vuole omologati a un modello; al contrario ognuno deve amare la propria diversità. Colui che si perde è sulla strada giusta, ogni uomo è caratterizzato da una propria natura, esiste un demone all’interno di noi che conosce la nostra storia. Se questa non si realizza siamo morti. L’uomo deve diventare segreto, i sogni devono irrompere in quanto rappresentano l’autenticità, l’uomo raggiunge ciò che è veramente durante il sonno».

Manuela Anfosso

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