«Crc, la Granda capisce»

L’attacco ai vertici della fondazione Crc ha cementato il fronte favorevole all’attuale presidenza: oltre cinquanta sindaci e le Acli hanno manifestato il loro sostegno incondizionato a Ezio Falco. La presenza del presidente ad Alba è stata occasione per approfondire.

Presidente Falco, ha risposto alle accuse indicando, tra l’altro, una riduzione dei costi. Può spiegare meglio la vicenda? «Fra le accuse c’è quella che presenta la fondazione Crc come una casta di sempiterni, strapagati e nullafacenti. Si deve sapere che nel 2011 sono stati eletti i nuovi organi con un rinnovamento che ha superato l’80 per cento e che le fondazioni di origine bancaria sono le uniche realtà italiane dove, dal 2000, senza retroattività e con l’eccezione legislativa del mandato 2001-2006 in quanto inficiato da un contenzioso con il Governo, vige il limite del doppio mandato. La fondazione Crc è una vera e propria azienda, con circa trenta persone che lavorano e che producono reddito. Se non si producesse reddito non ci sarebbero risorse da distribuire. Per questo c’è una grande attenzione ai costi. Faccio due esempi: è stata venduta l’auto di rappresentanza e l’autista è stato messo a disposizione della segreteria, visto il notevole incremento di lavoro; tra i costi in diminuzione ci sono gli emolumenti degli amministratori, che vengono decisi dal Consiglio generale in cui il presidente e il Cda non votano. Dal 2011 tali costi hanno iniziato a ridursi, con un risparmio di 190 mila euro sul 2010 e, si prevede, 240 mila nel 2012. Inoltre la rivista Risorse, che pubblichiamo due volte all’anno, ha visto ridursi di molto i costi: 100 mila euro in meno, su 150 mila annuali, da quando è stato sostituito Benigni»

La fondazione Crc è una casta? «Sentirsi definire casta da un parterre quale era quello del 19 marzo a Cuneo, fatto di ex di ogni genere e di appartenenti a caste conclamate è emblematico di come si tenda a far apparire una realtà capovolta. Come quella esposta dall’ex consigliere regionale Rabino che ha maturato astio nei miei confronti da quando, nel 2007, mi rifiutai di assecondare le sue richieste di punire la Giunta di centro-destra di Alba per il solo fatto che io venivo ascritto a posizioni politiche opposte. Faccio il presidente di una istituzione che è di tutti e che guarda alla bontà dei progetti e non al colore delle giunte».

La Fondazione non è più “solo” un bancomat. Come sarebbe il panorama cuneese senza la Fondazione? «Solo da una buona gestione del patrimonio si possono avere le risorse da “restituire” alla comunità. In 20 anni di attività la Crc ha estratto valore dalla gestione del patrimonio per oltre 400 milioni e nessuno ha mai avuto da ridire se non Bemer che, dal primo giorno, ebbe un atteggiamento ostile e prevenuto. La Fondazione ha erogato oltre 340 milioni di euro, accantonandone altri 39 per future esigenze. Il resto sono teoremi fondati sul nulla, che hanno come unico obiettivo la delegittimazione degli attuali vertici per tornare a mettere le mani sulla Bre e, poi, sulla Crc. Io e cinque coraggiosi consiglieri, fra cui Oddero e Drocco, l’11 marzo del 2010 abbiamo impedito ciò, e da lì si è scatenata la guerra ancora in atto. L’anno scorso, durante il secondo assalto, sono stato rieletto presidente con 21 voti a favore, un astenuto (designato dal sindacato Uil, che aveva appoggiato Bertolotto nella vicenda) e un assente. Quella è stata la dimostrazione che la comunità provinciale aveva capito».

 

g.s.

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