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DAL 1549 A OGGI

Il Serralonga «sorpreso d’orrore» e gli auspici del canonico Benevelli

La mattina del 13 maggio 1549 Costantino Serralonga – Serralunga – «sorpreso d’orrore sentì il terremoto mentre seduto se ne stava a studiare nella torre di casa sua»: Giovanni Vico (1868-1945) cita l’autore di una perduta Cronichetta e il canonico della cattredrale Carlo Benevelli di Monforte negli articoli sulla storia di Alba pubblicati da Gazzetta e in seguito raccolti nel volume La piazza del Duomo (1930). L’ultimo Sindaco prima dell’avvento del fascismo racconta una delle peggiori sciagure che colpirono la città. Alle scosse il giorno dopo seguì un’inondazione: «Gli edifici della città ebbero non poco a soffrirne, e per le misere condizioni dei tempi e degli abitanti le riparazioni in parte non poterono farsi, in parte si fecero tardi e incomplete». Si tratta del primo degli episodi sismici di Alba riportati dal sito dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Dbmi11, la versione 2011 del  database macrosismico italiano a cura di Locati, Camassi e Stucchi). Nell’elenco non sono compresi quelli, segnalati dalle cronache, «avvertiti» nel 1612 e 1618 (che colpirono il Ponente ligure), dei quali non si conosce il possibile ruolo nella «ruina», nel 1626, del tetto della cattedrale.
Un altro terremoto che ebbe come epicentro Alba, senza provocare danni, per quanto è dato sapere, fu quello del 24 novembre 1786. Si trattò di una sorta di sciame, con scosse da settembre a marzo. Sull’argomento il canonico Benevelli scrisse un opuscolo – Sopra il terremoto d’Alba dell’autunno 1786 – nel quale individuò «il punto di mezzo» del sisma tra «Guarena e Monticello». L’opera si meritò, tra l’altro, una recensione sulla Gazzetta di Weimar (numero del 21 aprile 1787), in Germania, pubblicata in italiano da Christian Joseph Jagermann per un paio d’anni. Il religioso monfortese si spinse a scrivere che «il terremoto ha in Alba i seguenti vantaggi (sic), fecondità alla terra, salubrità all’aria, sanità à corpi viventi». Una tesi curiosa, tanto da spingere il redattore del settimanale a commentare: «Voglia Dio che l’esito corrisponda alle speculazioni del Sig. Abate Benevelli».

Meno rassicuranti saranno le cronache dei terremoti successivi. Il peggiore dei quali fu nel 1887, pur senza vittime (vedi articolo a fianco). Prima dell’ultima guerra si citano quelli del 26 ottobre 1914 e del 13 gennaio 1918. «Da noi nessun danno. Tutto si ridusse a un grave panico nella popolazione», scrisse Gazzetta. Dopo il conflitto e fino al nuovo millennio sono state avvertite scosse nel 1947, 1951, 1963, 1966, 1972, 1989 e 1993.

p.r.

• È possibile consultare il libro di Mario Baratta Terremoti d’Italia (Baratta, Torino, 1901) al link della Biblioteca di New York (archive.org/stream/iterremotidital00baragoog#page/ n12/mode/2up). Gli opuscoli del Benevelli sono alla Biblioteca di Alba.

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