Il direttore risponde (10 luglio)

«L’obiettivo ultimo devono essere gli Stati uniti d’Europa»

Gentile Direttore, il Consiglio regionale aperto del 2 luglio, dedicato all’Europa, è caduto in un momento particolarmente significativo delle vicende che toccano i singoli Paesi e tutte le istituzioni comunitarie. Nell’arco degli ultimi mesi la crisi economico-finanziaria si è accentuata, fino a toccare livelli che hanno fatto seriamente temere della tenuta della moneta unica e della coesione tra i partner europei. Si è però rafforzata la convinzione che in Europa non vi è possibilità di conseguire stabilità economica e un periodo duraturo di crescita, se non in un’ottica continentale. È stato questo l’oggetto del confronto, svoltosi il 28 e 29 giugno, al Consiglio europeo che ha permesso di varare il nuovo programma per la crescita e il lavoro, per complessivi circa 120 miliardi, e che ha sbloccato un’impasse che durava da troppo tempo, riguardo ai meccanismi mutualistici di aiuto da mettere in atto a tutela degli Stati colpiti dalla speculazione. Ma al di là dei temi economici, è mio profondo convincimento che proprio questi delicati passaggi dimostrino ancor più l’urgenza e la necessità di procedere a un ulteriore livello di integrazione fra gli Stati. E la direzione non può essere che quella della costituzione di un’Europa a tutto tondo, un’Europa politica, il cui cemento unificatore trovi le più salde radici in un’ampia condivisione della comune matrice culturale, in un “nazionalismo europeo” che offra ai cittadini di sentirsi parte di un unico grande Stato federale. L’unione monetaria, l’unione bancaria, l’unione fiscale e di bilancio, obiettivi in parte realizzati e in parte vicino all’esserlo, appaiono inevitabilmente incompleti senza la contemporanea creazione di un’unione politica – gli Stati uniti d’Europa – in cui la forza della federazione sia cementata dalla solidarietà e dalla più stretta legittimazione democratica, con il libero voto dei cittadini. A questi obiettivi lavoriamo alacremente come Consiglio regionale, come sistema Piemonte, per un lascito di sicurezza e pace duratura, di cui possano godere le prossime generazioni.

Valerio Cattaneo,
presidente del Consiglio regionale

L’obiettivo di un’Unione europea non solo economica ma anche politica apparteneva agli stessi “padri fondatori”. Furono infatti Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi a far compiere all’Europa i primi passi verso l’unità con la firma a Parigi, il 18 aprile 1951, del trattato di istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Da notare come i tre fossero uomini nati in territori di frontiera, perseguitati dal nazifascismo. E tre cristiani. Erano inoltre politici molto abili. Per questo partirono dagli elementi economici per far muovere all’Europa i primi passi. Ma lo scopo ultimo era una vera unione politica. Che evitasse il riproporsi delle guerre fratricide che avevano insanguinato i secoli passati e soprattutto gli ultimi anni, con le due guerre mondiali. La loro comune fede cristiana non è un elemento trascurabile. Scriveva infatti Schuman: «Tutti i Paesi dell’Europa sono permeati della civiltà cristiana. Essa è l’anima dell’Europa, che occorre ridarle». Da questo punto di vista, cercando di oscurare le proprie radici cristiane, l’Europa unita non potrà essere davvero realizzata. Oggi, tra l’altro, l’unità è sempre più urgente. Nonostante le continue spinte nazionalistiche e individualistiche che fanno leva sulla paura dell’altro. Come ha dichiarato Romano Prodi in un’intervista pubblicata su Famiglia Cristiana di questa settimana, l’unità politica dell’Europa è «un approdo necessario, pena l’insignificanza. Separati non contiamo nulla». Il motivo? «Nessun Paese europeo», continua Prodi, «riuscirà a far fronte alle grandi potenzialità degli Usa e della Cina. Nemmeno la Germania, che gode di una buona economia, è abbastanza forte da poter giocare da sola un ruolo da protagonista sui mercati mondiali».

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