CHE ARIA TIRA per la borsa (della spesa)?

L’INTERVISTA Il settore alimentare, cavallo di battaglia dell’albese e fiore all’occhiello dell’area soffre meno di altri settori? L’albese Alberto Battaglino neosegretario provinciale della Flai-Uila-Uil di Cuneo, settore alimentaristi, ci ha spiegato che aria tira.

Segretario Battaglino, come giudica l’andamento del settore alimentare nell’area albese?

«Tutto sommato il settore alimentare va abbastanza bene, anche se ci sono alcune situazioni di sofferenza (il settore della pasta secca e quello vitivinicolo). Nella seconda parte del 2012 e in tutto il 2013 sono però previsti peggioramenti delle vendite, come conferma anche l’Istat».

Alberto Battaglino

Del momento sfavorevole risentono maggiormente le piccole e medie aziende o la grande distribuzione?

«Le piccole e medie aziende hanno maggiore difficoltà dal punto di vista commerciale, non avendo la capacità al massimo».

Pensa che il Governo di Mario Monti stia facendo un buon lavoro?

«Le ultime misure non aiutano il settore alimentare, a cominciare dalle ipotesi sulle bevande zuccherate. Dal punto di vista delle risorse messe in campo e per i tagli che investiranno il settore della forestazione ci aspettiamo invece peggioramenti su una situazione già difficile».

Perché il settore alimentare è più stabile?

«Quando si riducono i consumi, di norma l’ultima a farne le spese è la borsa alimentare, sebbene sembri ormai consolidato il trend verso gli hard discount e l’inseguimento di promozioni continue innescato dalla grande distribuzione. Questo dimostra in realtà che il potere d’acquisto si sta riducendo di mese in mese».

Le famiglie non riempiono più i carrelli come una volta. Dobbiamo aspettarci difficoltà anche nell’alimentare?

«È urgente un intervento da parte del Governo per aumentare il reddito delle famiglie, in modo da non peggiorare la situazione del settore alimentare».

In quale modo potrebbe intervenire il Governo?

«Riteniamo fondamentale la riduzione del carico fiscale sulle buste paga, passando attraverso la defiscalizzazione dei premi sugli incrementi di produttività, voce che nel 2012 ha avuto un calo rispetto agli anni precedenti».

Cristian Borello

Tardivo: «Salvarsi è possibile»

Incontriamo Giuseppe Tardivo –professore di economia e direzione delle imprese presso l’Università di Torino e coordinatore della sede di Cuneo – per fotografare l’andamento del contesto economico locale.

La crisi sta avendo la meglio oppure rimaniamo “isola felice”, Professore?

«Le indagini congiunturali di Unioncamere dipingono, nei primi sei mesi del 2012, il clima di preoccupazione in cui operano le imprese cuneesi. In particolare, è diventata problematica la crisi del tessuto manifatturiero piemontese. Facendo seguito alla flessione dello 0,4 per cento registrata nell’ultimo trimestre del 2011, nel periodo gennaio-luglio 2012 la produzione industriale regionale ha registrato una diminuzione del 4 per cento circa. Gli ordinativi interni diminuiscono invece del 5,6 per cento, mentre quelli esteri concretizzano un aumento del 5,5. È, quest’ultimo, il solo dato positivo. Cala poi il fatturato: le imprese manifatturiere piemontesi registrano, mediamente, una diminuzione pari al 3,7 per cento. Meno intensa appare la variazione del fatturato estero (-0,7). La crisi viene avvertita maggiormente dalle imprese di piccole dimensioni che non esportano, anche a causa dell’andamento asfittico della domanda interna».

Giuseppe Tardivo

Insomma, le cose non vanno bene…

«Il sistema economico piemontese scricchiola. Eppure, la ripresa potrebbe arrivare in concomitanza a una domanda internazionale più efficace e a politiche di riforma. Tra gli imprenditori cuneesi è sempre più diffusa l’attesa di un’azione governativa per il rilancio di una vera politica dello sviluppo».

Che cosa si dovrebbe fare per il rilancio del sistema?

«I protagonisti del territorio dovranno lavorare assieme, fare squadra e amalgamare il patrimonio conoscitivo comune. L’Università dovrà ricoprire un ruolo trainante. In prima battuta attraverso la formazione delle nuove generazioni, ma anche delle persone che hanno perso l’impiego e devono ricollocarsi. L’Università dovrà, inoltre, sviluppare un efficiente polo di ricerca, anche in ottica transfrontaliera. La presenza di sedi di eccellenza localizzate nella Granda, come la Facoltà di economia, guiderà il cambiamento, aprendo opportunità di crescita sostenibile. Dal canto loro, le banche dovranno supportare la disponibilità e la certezza dei finanziamenti per il potenziamento del tessuto imprenditoriale locale. Le fondazioni di origine bancaria saranno invece chiamate ad affrontare una nuova sfida: conciliare l’aspetto della sussistenza e della beneficenza con l’urgenza di una gestione improntata a severi criteri manageriali e di trasparenza. Per il mantenimento della coesione sociale sarà infine fondamentale il ruolo dei sindacati e del volontariato. Mi sia concesso ricordare le parole di Gramsci: “La crisi consiste nel fatto che il vecchio sta morendo e il nuovo non può ancora nascere”. Tocca a noi farlo nascere».

Vede possibilità di ripresa nel 2013 nel cuneese?

«Le previsioni per il 2013 sono improntate alla cautela. È soprattutto l’occupazione che, nonostante qualche segnale incoraggiante, resta l’aspetto più critico del quadro sociale. Bisognerà sfruttare appieno le potenzialità del sistema impresa- territorio e avere il coraggio di ragionare sui punti di forza, debolezza, opportunità e minacce della Granda. Tali azioni dovranno essere guidate da puntuali informazioni sulla realtà economica locale, sia dal punto di vista strutturale che del suo trend evolutivo, in modo da disporre di “mappe della competitività e della vulnerabilità locale”».

Matteo Viberti

Con i tajarin langaroli si può andare in tutto il mondo

Il settore alimentare arranca sotto i colpi della crisi? Lo abbiamo chiesto a Domenico Massucco, fondatore della Alfieri specialità alimentari di Magliano, che ci ha risposto assieme ai figli Elena e Dario.

Gli esperti dicono che il settore nel quale operate – la pasta secca – non stia passando uno dei suoi periodi migliori. È vero?

(Domenico): «Dipende dal tipo di pasta di cui parliamo. Noi ci riferiamo a una fascia di mercato media, con un prodotto di alta qualità, venduto a un prezzo accessibile, nonostante negli ultimi cinque anni il costo delle materie prime sia aumentato del 100 per cento».

Su che mercati operate?

(Dario): «In tutta Italia e sui mercati europei. Ci stiamo posizionando bene anche a Est, Ucraina, Polonia, Russia, Republica Ceca. Siamo presenti in America, Australia, Nuova Zelanda. A breve ci affacceremo sul mercato asiatico. Siamo massicciamente presenti nello store newyorkese di Eataly».

Eataly gioca un ruolo importante per il mercato enogastronomico dell’area?

(Elena): «Eataly è una realtà positiva: sta educando a mangiare meno, ma con prodotti di qualità».

I tajarin, tipico piatto albese, sono il vostro punto di forza?

(Domenico): «Sì. L’unico che non sono ancora riusciti a copiarci. Le nostre produzioni hanno un fatturato elevato, ma usiamo metodi artigianali, impiegando materie prime di altissima qualità. Niente acqua nell’impasto, solo semola e uova».

Fare impresa è difficile?

(Elena): «Nelle tasse va a finire il 55 per cento degli utili. Se non si hanno strutture solide, potrebbe risultare impervio proseguire».

Che cosa è cambiato negli anni?

(Domenico): «Prima di tutto sono scomparsi i negozi, quelle botteghe di paese che sono state per anni la nostra migliore clientela».

Siete presenti nella grande distribuzione?

(Elena): «Se vent’anni fa fossimo andati a bussare ai supermercati non ci avrebbero degnato di uno sguardo. Ora sono loro a cercare prodotti di qualità. Ed è grazie alla grande distribuzione che si riesce ad andare avanti».

I vostri prodotti tirano?

(Dario): «Ha iniziato nostro padre 40 anni fa e ora abbiamo due aziende e 30 dipendenti, con una crescita del 10-15 per cento annuo. La ricerca della qualità premia».

g.a.

Bera: «Il mercato italiano del vino in caduta libera»

Parliamo di economia con Valter Bera, nella foto, presidente dell’enoteca regionale di Mango Colline del Moscato.

Presidente Bera, c’è crisi nel mondo del vino?

«La crisi c’è. Abbiamo perso nei mercati classici, America, Germania, Svizzera, anche se siamo cresciuti su altri,Cina e Brasile, ad esempio. Senza questi Paesi il mondo del vino sarebbe in serie difficoltà. Barolo, Barbaresco, Moscato, Arneis, Nebbiolo vanno bene, mentre il Dolcetto sta arrancando. In sostanza, i consumi restano in pareggio ma l’aumento delle spese sta facendo la differenza».

E il mercato italiano?

«È in caduta libera. La gente è spaventata. Chi ha i soldi non li spende per paura, chi non li ha non li può spendere».

Valter Bera

Una nuova cultura del bere può giovare?

«La cultura del vino sta crescendo. Ma nei momenti di crisi tutto è più difficile. Se alcuni anni addietro c’era euforia per la ricerca del vino di qualità, in questo momento quella passione è moderata dalle difficoltà economiche».

Presidente, lei è anche produttore: che cosa sta penalizzando le cantine?

«Le spese, ma soprattutto la burocrazia. Ogni giorno vengono aggiunte norme nuove, che ci rallentano».

Un altro problema è la disoccupazione giovanile. Come la vede?

«Vedo solo manovalanza straniera e me ne dispiaccio. È una grande contraddizione su cui dovremmo riflettere. Il nostro settore è alla continua ricerca di operai, ma non si trovano italiani disponibili».

Che cosa chiede il mondo del vino?

«Una parola sola, semplificazione. Due terzi del mio tempo lavorativo passa a gestire pratiche, a scapito della cantina».

Vede la fine del tunnel della crisi?

«Non sono ottimista. Stiamo combattendo per farcela, ma non vedo i presupposti per cambiare. Si continua a dibattere».

cri.bo.

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