Lavoro, chimera per i ragazzi

La disoccupazione «è il problema più serio che abbiamo, non possiamo essere tranquilli e soddisfatti rispetto all’attuale condizione dei giovani in Italia», ha detto lo scorso 6 settembre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita alla Biennale di Venezia. Parole apprensive e giustificate: l’accantonamento dei neodiplomati o neolaureati, di chi si agita nella giungla economica e sociale nel tentativo di trovare occupazione e costruirsi solide basi, è una verità dolorosa e in rapida espansione.

I numeri parlano: a luglio, secondo i dati diffusi da Istat a inizio settembre, il tasso di disoccupazione delle persone tra i 15 e i 24 anni è salito al 35,3 per cento, in aumento di 1,3 punti percentuali rispetto a giugno e di 7,4 punti negli ultimi dodici mesi. Tradotto in cifre: tra i 15 e i 24 anni 618 mila sono in cerca di lavoro, e rappresentano il 10,2 per cento della popolazione in questa fascia d’età. La media è fuorviante, perché “nasconde” le soglie critiche: ad esempio, sempre secondo i dati Istat, emerge come le giovani donne del Mezzogiorno raggiungano una percentuale di disoccupazione del 48 per cento. Una su due, in pratica, rimane a casa o lavora in nero.

Popolo precario. Chi un lavoro ce l’ha è costretto a barcamenarsi nell’incertezza della propria condizione: i contratti a termine sono quasi 2,5 milioni nel Paese. Si tratta del livello più alto dal secondo trimestre del 1993 sia in valore assoluto, sia per incidenza sul totale degli occupati. Sommando i cosiddetti “collaboratori” al numero dei contratti a termine si arriva, poi, alla cifra record di tre milioni di precari.

Alba in crisi? Stringendo il focus sulla nostra zona, l’antifona non cambia: secondo gli ultimi dati del Centro per l’impiego Alba-Bra, i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 25 anni se la passano male. Sono 1.531 i disoccupati (861 femmine e 830 maschi), contro i 952 del semestre precedente (533 maschi e 419 femmine). Colpe e responsabilità non sono imputabili alle sole scelte politiche locali, ma a un clima europeo e internazionale in forte contrazione: secondo i dati diffusi il 5 settembre dall’Ocse, se nel 2007 le persone di età compresa fra i 15 e i 24 anni senza occupazione o formazione erano 6,9 milioni, nel primo quadrimestre del 2012 il numero ha raggiunto quota 7,8 milioni in tutta l’Unione europea. Sebbene possa essere la “paura” la reazione immediata alla lettura di questi dati, c’è da considerare l’opportunità contenuta nel dramma: la metodologia di ricerca del lavoro e di valorizzazione delle proprie competenze non può più rimanere quella tradizionale, ma deve esplorare nuovi orizzonti. Ma potrebbe non bastare.

Marco Viberti

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