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Mario Cagno, da Montà un volontario per il mondo

Mario Cagno, al centro, insieme ad altri due volontari

I volontari della Croce rossa montatese sono sempre più numerosi e preparati. Tra loro ve ne è uno che, pur continuando a coprire i suoi servizi a Montà, è specializzato in missioni di emergenza in Italia e all’estero. Mario Cagno, nato a Pralormo nel 1948 ma santostefanese d’adozione, è appena tornato dall’Emilia. Di lui impressiona lo spirito semplice con cui descrive le sue missioni, difficili e importanti, e la commozione che lo prende a tratti nel ricordare episodi di solidarietà e amicizia vissuti in situazioni difficili.

Mario, come è nata questa vocazione crocerossina?
«Dai 30 ai 57 anni ho lavorato all’estero come tecnico aeronautico. Sono stato in Canada, Germania e Inghilterra. Pensavo che, in pensione, mi sarei dedicato alla collettività. E così è stato. Nel 2008 ho fatto il corso per volontario del soccorso e sono entrato nella Sezione montatese della Croce rossa, dove ho iniziato a coprire, come tutti i colleghi, i turni di servizio. La svolta per me è arrivata nel 2009 con il tragico terremoto in Abruzzo. Io mi sono offerto di andare a operare sul posto e ci sono rimasto un mese, tra luglio e agosto. Lì ho conosciuto il gruppo Croce rossa di Settimo che è il Centro di intervento emergenza del Nord Ovest. Ovvero uno dei cinque “fronti” sempre pronti ad affrontare qualsiasi calamità, dotati di personale fisso, supportato da volontari. Per entrare i questo gruppo, ho frequentato nuovi corsi e le chiamate, purtroppo, sono mai mancate».

Dove è andato in missione?
«Sono stato ad Haiti quasi un mese, per supportare la popolazione in ginocchio a causa del terremoto del 2010. In Tunisia tra aprile e maggio 2011, abbiamo montato un campo per accogliere i profughi libici in fuga in una zona completamente desertica vicino a Ras Jaidir. Tornato a Settimo, ho assistito diversi profughi sbarcati a Lampedusa, in attesa della concessione del diritto d’asilo per motivi politici. A maggio e giugno sono stato in Emilia per il terremoto. È possibile che si debba tornare, visto che i campi restano attivi e i colleghi avranno bisogno dei cambi di turno».

Così tante catastrofi in pochi anni. Quali sono le sue sensazioni?
«Gli eventi drammatici mancano mai. A noi spetta di limitare i danni, portare il primo soccorso e accompagnare la popolazione verso la normalità. Ogni esperienza ti arricchisce dentro e, nel fare del bene agli altri, ti senti meglio anche tu. Missione dopo missione, siamo diventati un gruppo unito e motivato e le difficoltà, che pure non mancano – come il colera ad Haiti o il campo profughi da creare in mezzo al deserto – sembrano più facili da superare. Lavori tanto e magari dormi per terra. Ma la “vita dura” ti motiva e rafforza i legami. E ti regala esperienze capaci di commuovere e farti riflettere a lungo».

La prossima missione?
«Ovunque ci sia bisogno di aiuto».

Andrea Audisio

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