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Sono SOLDI ben spesi?

La storia del re nudo è stata usata – in apertura del convegno Sono soldi ben spesi?, tenutosi a Torino il 12 settembre – da Ugo Trivellato, professore emerito della Facoltà di scienze statistiche di Padova per dire che, in questo Paese, ognuno dovrebbe imparare a comportarsi come il bambino della favola. Essere coraggioso e leale, ma anche acquisire la «disponibilità ad apprendere ». L’interesse e la capacità di imparare dai propri errori – e ammettere il problema dello status quo – sembrano la sola strategia possibile per rilanciare un Paese sforacchiato dalle scelte personalistiche, da piani economici fallimentari e da promesse fumose. Per capire se una ripresa è possibile, se «imparare» il miglioramento sia un miraggio o una meta, Trivellato assieme ad Alberto Martini (vedi intervista a lato) ha scritto il libro (edito da Marsilio) che ha prestato il titolo al convegno. Secondo Trivellato, uno dei mali maggiori del Paese sembra essere «la presunzione di efficacia», ovvero quell’atteggiamento che porta chi decide ad applicare un provvedimento senza preoccuparsi del “dopo”, della riuscita dell’intervento, delle sue conseguenze concrete.

C’è una sorta di approssimazione nel creare leggi e norme, «anche perché nessuno pone sul tappeto la questione dell’efficienza della politica», e dei conseguenti metodi di valutazione. Secondo il professore «cambiare è possibile, ma a patto che alcune linee guida non vengano perse di vista: primo, sostituire il pensiero idealistico (oggi prevalente) con un pensiero realistico-empirico, ovvero basato sui fatti e sulla verifica degli esiti delle azioni politiche. Secondo,mobilitare le forze di studiosi onesti e capaci, non ossequenti verso la gerarchia. Terzo, imparare la misura e la lungimiranza, valori fondamentali per qualsiasi riuscita». Sembra più una «rivoluzione filosofica», una rinascita basata su criteri scientifici, che sappiano “controllare” l’azione di chi è seduto in Parlamento.

A proposito di deputati, Nerina Dirindin (Università di Torino) è intervenuta sostenendo in modo provocatorio che «se il Parlamento non legiferasse per sei mesi, nei fatti non se ne accorgerebbe nessuno»: un modo per dire che bisogna ridurre, semplificare i processi di produzione delle leggi e di «pensiero collettivo ». «Viviamo in un Paese fortemente frammentato nella distribuzione delle competenze: questa scissione sembra funzionale a tacitare le richieste e la voce dei cittadini». Ecco dunque il ruolo della «dispersività» delle istituzioni. Infine Guido De Blasio, ricercatore della Banca d’Italia, ha rilevato come «in questo Paese tutti hanno un’idea su tutto, e nessuno ha un’idea informata». Anche la comunicazione e la trasparenza sembrano variabili utili a innescare il processo di guarigione sempre evocato e mai conosciuto.

Matteo Viberti

ALBERTO MARTINI «Ci siamo concessi regali di lusso»

Alberto Martini insegna statistica economica all’Università del Piemonte orientale. È autore con Ugo Trivellato del libro Sono soldi ben spesi?

Che cosa pensa dell’intenzione di dimezzare le province, Martini?

«Gran parte dei tagli è più un’operazione di apparenza che di sostanza. Le province verranno trasformate nella loro struttura, ma i dipendenti che vi lavorano – il vero costo dell’ente – saranno trasferiti ad altri enti o subiranno aggiustamenti di mansione. Non verranno certo licenziati».

Però i politici, con relativi compensi e costi, verranno ridotti…

«Il 90 per cento del personale non è composto da politici ma da dipendenti. Quindi il costo di gestione dell’ente rimarrà lo stesso. Inoltre, il provvedimento di Monti avrà un inatteso effetto psicologico: quello di creare malumore tra i lavoratori della pubblica amministrazione, che si sentiranno “bersagli”. La situazione potrebbe avere risvolti negativi sull’impegno, sulla motivazione. Insomma, potrebbe essere percepita come un sopruso».

Crede che la ripresa sia vicina o che il contesto critico possa prolungarsi?

«Sonotendenzialmente pessimista sull’Italia, a meno che le persone non la smettano di vivere al di sopra delle proprie possibilità. Negli scorsi decenni abbiamo usato la “carta di credito” con facilità, concedendoci regali di lusso: sanità a bassissimo costo, sistema pensionistico iper-generoso, eccetera. Ora paghiamo il conto. Tutti prima o poi devono scendere a patti con la realtà. La colpa? Unapolitica miope, impegnata nella ricerca di potere e libera da un feedback capace di valutarne – e sanzionarne – il comportamento ».

m.v.

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