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Uve, prezzi in alto mare

VENDEMMIA Per la prima volta, nella vendemmia 2011 non vennero fatte le “medie dei prezzi delle uve”, le “mercuriali”. Anzi, la questione aveva lasciato parecchi strascichi polemici.

Prendendo tale decisione, la Consulta vitivinicola della Camera di commercio di Cuneo si era impegnata a trovare, per gli anni futuri, una soluzione oggettiva e condivisa da tutta la filiera. In effetti – come ci ha riferito il presidente della Consulta Gian Luigi Biestro – l’organismo camerale si è messo al lavoro, per vini importanti come Barolo, Barbaresco e Roero Arneis, ma non sono state trascurate le uve barbera e dolcetto, per le quali il mercato delle uve ha ancora un ruolo forte. Per ogni vino sono stati messi a confronto i prezzi delle uve e dei vini sfusi degli ultimi 5 anni. Si è ricavato un indice, dettato dalla percentuale di incidenza del prezzo delle uve su quello dei vini che, applicato al prezzo medio del vino sfuso degli ultimi 12 e 18 mesi, avrebbe dato il prezzo di riferimento per il 2012.

Utilizzando questo sistema, si sarebbe ottenuto un prezzo non influenzato dai fattori emotivi della vendemmia in arrivo. Nella contrattazione si sarebbero poi potuti applicare i correttivi legati alla quantità, alla qualità delle uve, al riferimento dell’origine.

Quando però il dibattito è passato dalla Commissione tecnica alla Consulta e quindi alla filiera, sono iniziati i problemi. La componente di trasformazione ha condiviso il lavoro e ha proposto di correlare l’indice ottenuto al prezzo medio degli ultimi 18 mesi per dare un segnale di maggiore stabilità. La parte agricola dapprima sembrava propensa ad accettare l’ipotesi, almeno per Barolo, Barbaresco e Roero Arneis,mapoi ha modificato la posizione, ritenendo inaccettabili i prezzi scaturiti per le uve barbera e dolcetto in quanto inadeguati a coprire i costi di produzione.

Sondando l’opinione dei rappresentanti agricoli, si ha l’impressione che le ragioni di questo cambio di atteggiamento siano più articolate. Prima di tutto, la parte agricola aveva ipotizzato che si lavorasse su un sistema che prendeva in considerazione vari indici e non solo quello legato al prezzo del vino sfuso. Pensavano a l’inflazione, costi di produzione, giacenze vendibili. Secondo tali organizzazioni, l’aver lavorato solo sul rapporto tra il prezzo delle uve e quello dei vini sfusi ha prodotto un indice parziale. Ma c’è un altro elemento che deve aver influenzato la nuova posizione della parte agricola ed è la constatazione che quest’anno la produzione – sia a livello unitario che generale – sarà di nuovo bassa, inferiore al 2011, che già non era stato un’annata fertile.

La sintesi tra scarsità di produzione e prezzi non in grado di coprire i costi rischiava di appesantire ulteriormente le condizioni di precarietà economica di molti imprenditori agricoli. Pur condividendo queste valutazioni, c’è da chiedersi perché certe richieste non siano state fatte in sede tecnica. Anche perché questo non aiuterà a trovare nella presente vendemmia quei prezzi di riferimento che potrebbero aiutare il settore a meglio progettare il proprio futuro.

A questo punto c’è ben poco da fare. Le due componenti sembrano ferme sulle loro posizioni. L’unico auspicio è che ci possa essere per la vendemmia 2013 l’impegno comune di chi vende e di chi compra le uve a trovare un meccanismo efficace e condiviso, ben sapendo che è difficile affidare alla statistica o al semplice calcolo matematico la soluzioni di problemi di rapporto che derivano da anni di vicendevole uso del cosiddetto “coltello dalla parte del manico”.

Anche perché a quanto pare nessuno ha voglia di tornare al cosiddetto “prezzo a posteriori” sullo stile delle mercuriali, che viene ritenuto anacronistico.

Giancarlo Montaldo

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