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Canapa, coltura della tradizione

L’INTERVISTA La vicenda inizia un giorno di giugno, quando un sindaco del Roero riceve una telefonata. Un concittadino, allarmato, intende denunciare una coltivazione “sospetta”. Il sindaco ne sa nulla ma s’informa, scoprendo che nel suo Comune è presente una coltivazione di canapa “sativa”, una pianta che – pochi lo sanno – cresce da tempo in Piemonte e dalla quale si ricava una fibra più resistente dell’acciaio.

La coltivazione – con i requisiti richiesti da un’apposita normativa – è possibile anche grazie all’impegno di AssoCanapa, l’associazione che dagli anni Novanta ha valorizzato questa antica coltura, scomparsa negli anni Cinquanta per colpa di una legislazione poco chiara e per le faticose condizioni di lavoro. AssoCanapa ha sede a Carmagnola dove Margherita Baravalle, fondatrice del gruppo insieme a Felice Giraudo, presidente, spiega quanto sia stato importante il seme chiamato proprio “Carmagnola”.

Perché si coltiva la canapa, Baravalle? A che cosa serve?

«Fin dal sedicesimo secolo la canapa italiana fu considerata la migliore al mondo e il seme più pregiato era proprio il “Carmagnola”, quello che si coltivava nelle nostre zone. Tutto ciò che aveva a che fare con il settore navale era fatto in canapa. La canapa fu utilizzata anche nel settore militare, perché era un materiale versatile e resistente. Nel Novecento la produzione di canapa quasi sparì. In Italia resistette nelle nostre zone, nell’emiliano e nel casertano fino agli anni Cinquanta. A Carmagnola si produceva il seme e nel casertano si coltivava soprattutto per la fibra. Dal 1990 siamo riusciti a far modificare la legislazione per la coltivazione di canapa e il mercato si sta riaprendo, oltre ad aver recuperato il germoplasma di varietà competitive e conosciute quali la “Carmagnola”, la “CS” e la “Fibranova”. La canapa viene oggi usata oltre che nel settore tessile, anche in quello farmaceutico, in quello alimentare (olio, farina, ecc.) e in quello edilizio (per gli isolanti)».

Dove la si coltiva?

«La canapa preferisce i terreni fertili alluvionali, ma si adatta bene a tutti. Si semina a marzo e si raccoglie da agosto a ottobre. È una pianta autodiserbante, non ha bisogno di irrigazione e migliora la struttura del terreno, grazie al profondo apparato radicale e al rilascio di foglie a fine ciclo. La si taglia con la barra falciante, la si lascia 30/40 giorni nel campo per una parziale macerazione e la si imballa con la rotopressa. Infine, la si vende ai trasformatori per ricavare la fibra. Attualmente solo AssoCanapa dispone di un macchinario di prima trasformazione in funzione, autorizzato dalla Regione, a Carmagnola. Ci sono però in alcune parti d’Italia gruppi di agricoltori associati che si stanno attivando per far partire impianti di prima trasformazione».

Quali sono le difficoltà riscontrate dai coltivatori?

«La prima è dovuta al sistema burocratico: le Forze dell’ordine spesso si ritrovano a eseguire sequestri cautelativi di canapa, benché gli agricoltori abbiano tutte le carte in regola. Un’altra motivazione è la mancanza di investimenti nei macchinari agricoli per la prima trasformazione (cioè la separazione della fibra dal canapulo), operazione che un tempo veniva eseguita a mano, all’interno dell’azienda agricola».

Quanta canapa si coltiva in Italia?

«Al momento 120 ettari l’anno,mala richiesta sta raddoppiando. Abbiamo chiesto all’Istituto sperimentale colture industriali di Bologna, da cui provengono i semi, di raddoppiare la quantità».

Maurizio Bongianni

LA STORIA Cesare, che in Val Tanaro produce il seme “Carmagnola”

Cesare Quaglia è da tre generazioni un coltivatore. Suo nonno e suo padre trebbiavano mais, cereali, sorgo, barbabietola e altro ancora a Reviglie, nella Val Tanaro astigiana, dove dal 1999 Cesare coltiva anche la canapa. Con Felice Giraudo, Quaglia ha fondato il braccio operativo di AssoCanapa srl e oggi è uno dei pochi a produrre il seme “Carmagnola”. Racconta Cesare: «Più omenodieci anni fa lessi un trafiletto su una rivista di settore che parlava di canapa. Era il periodo in cui la crisi agricola si faceva sentire forte e mancavano contributi per il mais.Mi informai e mi innamorai di questa pianta straordinaria».

 Cesare parla della canapa come di una coltivazione rivoluzionaria, dalle mille possibilità.

 Poco più in là dei suoi 8 ettari coltivati, un campo è stato coperto di pannelli solari a terra. Cesare commenta: «La canapa cresce su qualunque tipo di terreno, arricchendo quelli poveri e asciutti con sostanze nutritive, grazie alla profondità delle sue radici. Ad esempio, il terreno sul quale sto coltivando era stato scavato per ottenere ghiaia per l’edilizia. Oggi produco anch’io fibre per l’edilizia, ma naturali».

Molta canapa finisce infatti per diventare materiale da isolamento per nuove costruzione o ristrutturazioni.

«La canapa è indicata per la riqualificazione energetica degli edifici: mattoni in canapa, riempimenti, isolanti », assicura il coltivatore. Quaglia in questo periodo si sta preparando per la trebbiatura e mostra la trebbiatrice, che ha modificato appositamente per raccogliere i semi di canapa (li utilizza per l’olio e la farina, prodotto insieme ad AssoCanapa). «La mia famiglia ha sempre coltivato i cereali per fare il pane, vivo in una terra da vino, che dovessi incontrare la canapa era scritto nel mio destino», conclude.

ma.bo.

CANNABIS O CANAPA In Italia si possono coltivare solo varietà di canapa a basso tenore di Thc. Il Thc (delta-9-tetraidrocannabinolo) è un principio attivo che ha effetti psicotropi e per questa ragione è considerato illegale. Contenuto nella cannabis o canapa, può variare la sua concentrazione in base alla varietà del seme o alle condizioni ambientali. Per legge, la canapa a uso agricolo deve avere un Thc inferiore allo 0,3 per cento e provenire da una varietà compresa nei Registri europei delle sementi.

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