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Gaudium et Spes

In Cristo, l’uomo nuovo e vero, l’umanità può riscoprire se stessa specchiandosi nel Vangelo.

Dopo la riflessione sugli interrogativi più seri nella vita degli uomini di tutti i tempi (vedi nn. 12-21), ora quella senza dubbio più alta e bella, descritta magistralmente nel n. 22 di Gaudium et Spes: “Cristo l’uomo nuovo”. Senza timore di essere smentiti, si può affermareche questo testo, splendido anche dal punto di vista letterario, rappresenti il punto culminante non solo di tutto il documento conciliare, ma pure dell’antropologia cristiana. Infatti qui troviamo la risposta esauriente e sicura, biblica, teologica, ecclesiale, missionaria alla domanda: chi è l’uomo? Chi è il cristiano?

Il testo tutto da leggere attentamente, da meditare e gustare, sostanzialmente sviluppa e ci offre quattro grandi verità di fede e quindi di vita veramente cristiana.

1. «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Cristo rivelando il mistero del Padre, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissimavocazione ». Questo è il primo dato fondamentale e decisivo, se vogliamo conoscere la vera identità umana occorre andare oltre qualunque modello nostro sia pure alto e positivo, perché tutti insufficienti. Vi è un uomo solo integro e perfetto: Cristo Gesù. Il motivo è ovvio poiché la sua umanità autentica come la nostra è sorretta dalla persona divina, perciò solo guardando a lui e soprattutto unendoci a lui possiamo realizzarci come uomini semplicemente. Per questo i cristiani veri da sempre hanno desiderato – i santi non hanno mai teso né preteso di diventare eroi o super uomini (ideale ateo) – umilmente imitare Gesù Cristo proprio nella sua umanità innanzitutto. Ma c’è di più, e di più bello sempre proseguendo la lettura del n. 22.

2. «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modoa ogni uomo. Halavorato con mani d’uomo, ha pensato con l’intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato». È difficile anche solo tentare di esprimere in modo più profondo e insieme efficace questo mistero che ci fa sentire al vivo la nostra “connaturalità” con Cristo. Ma la verità più sconcertante che forse potrà anche sorprendere qualcuno è quella affermata a chiare lettere sempre nel testo quando dice che Cristo incarnandosi «si è unito in certo modo» attenti! non a ogni credente, ma semplicemente «a ogni uomo». Certo poi ciascuno è chiamato liberamente e responsabilmente a rispondere alla chiamata alla fede; resta vero però che Cristo già ci ha amati e redenti oggettivamente; cioè ha già fatto la sua parte quella più importante, lasciando a noi di completare l’opera, in forza però della sua grazia che ci precede tutti e sempre.

3. «Il cristiano poi reso conforme all’immagine del Figlio diventa capace di adempiere la legge nuova dell’amore; tutto l’uomo viene interiormente rinnovato; certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni e di subire la morte, ma associato al mistero pasquale, diventando conforme a Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla resurrezione fortificato dalla speranza». In queste poche righe viene condensato tutto l’itinerario di santificazione del credente; se prima è stato posto l’accento sull’essere, ora si tratta dell’agire in conformità. Sempre però avendo ben presente che l’agire morale del cristiano è frutto innanzitutto della grazia: reso «capace di adempiere la legge nuova». Di qui la necessità di ricorrere continuamente alle fonti della grazia stessa, Parola, preghiera, Sacramenti. Con le sole forze umane, si soccombe.

4. «E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale». Queste ultime chiare e nette affermazioni rappresentano certamente la punta più alta di tutto l’insegnamento offertoci da questo testo. Infatti ne derivano almeno due conseguenze molto importanti e confortanti per noi e per tanti nostri fratelli e sorelle che ancora non conoscono Cristo in modo esplicito: Cristo è morto per tutti non solo per noi cristiani, quindi tutti si possono salvare «se di buona volontà » aperti alla sua grazia (quindi non senza Cristo come erroneamente a volte si dice, ma sempre in lui, stante pure a quanto afferma sempre il Concilio in Lumen Gentium al n. 16 «non senza la grazia divina»).

Noi che senza merito già lo abbiamo conosciuto e abbiamo ricevuto il suo dono salvifico mediante il Battesimo, possiamo e dobbiamo contribuire (dovere missionario) a far sì che i nostri fratelli lo scoprano nel loro cuore, perché già presente, liberamente lo accettino e così si uniscano pienamente a lui per la loro salvezza effettiva. Con gioia dunque dobbiamo riconoscere ancora una volta che la dottrina del Concilio è veramente fedele a Dio e all’uomo uniti in Cristo Signore.

Mons. Sebastiano Dho (24-continua)

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