GuidoCeronetti «un’emozione per scrivere»

Il celebre poeta al Sociale di Alba per un “reading” organizzato da “Collisioni”. «Siamo mangiatori di carta, da sempre ce ne nutriamo. È orribile pensare all’estinzione del libro»

All’insegna della dissacrazione e della genuinità, Guido Ceronetti ha creato fuochi d’artificio nei cuori degli spettatori del Teatro sociale. Il reading di poesie organizzato da Collisioni si è svolto giovedì scorso per rendere omaggio all’ultima creazione dell’ottantenne poeta, drammaturgo e filosofo torinese. Sono fragile sparo poesia e Ti saluto mio secolo crudele. Mistero e sopravvivenza del XX secolo editi da Einaudi sono stati i libri protagonisti. Il primo è una raccolta di poesie scelte personalmente dall’autore; la seconda opera analizza il Novecento: una mescolanza tra fatti di cronaca, prosa poetica ed esperienze vissute. Dopo lo spettacolo (in scena anche l’attrice Eleni Molos), intervista camminando per il ciottolato del centro storico.

Ceronetti, quando una persona può definirsi scrittore?

«È la spinta emozionale che conta. Se esiste l’emozione la creatività è assicurata. Macredo che un vero scrittore (si prenda la frase che segue come un consiglio) oltre a creare dovrebbe assolutamenteimparare un mestiere.Esi noti bene: non intendo una professione diversa, bensì parallela: filosofo e ottico, poeta e idraulico. Ecco quel che intendo: la pratica è necessaria per scrivere e per la vita».

Sta mutando il mondo della letteratura?

«Non conosco in modo approfondito la letteratura del dopo Duemila. Senza dubbio il procedere della tecnologia (e quindi della scrittura elettronica) ha influito sull’universo letterario. Questo processo include la metamorfosi della mentalità dello scrivente. Perciò sì, tutto è cambiato. E spero vivamente che il libro cartaceo non scompaia. Siamo mangiatori di carta, da sempre ce ne nutriamo. È orribile pensare all’estinzione del libro».

Ci racconti del passato. Ha detto (circa vent’anni fa) che le marionette sono un corrispettivo ampliato della realtà. Comeha vissuto l’esperienza del Teatro dei sensibili?

«Negli anni Settanta ho lavorato con grande passione durante le messinscena del Teatro dei sensibili. Ricordo in modo chiaro le marionette-acrobate. Mai è esistita ballerina in carne e ossa capace di eseguire movimenti perfetti comemossa da fili. La marionetta è un altro tipo di uomo; è composta di un materiale differente dalle carni delle nostre madri. Resta una semplice immagine, con qualche potere in più se confrontata con gli esseri viventi. Lei si sposta ovunque desidera, salta, vola e casca. La marionetta è destinata a cadere e a non muoversi (a meno che qualcuno non abbia l’intenzione di romperla). In altre parole la marionetta è un uomo che vola».

Marco Viberti

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