Il direttore risponde (20 novembre)

«Che fine ha fatto il taglio del numero dei parlamentari?»

Irisultati delle elezioni siciliane hanno dimostrato quanto già si sapeva: la gente ha poca fiducia nei partiti e lo dimostra con il voto di protesta o l’astensione. Troppi i fatti che rivelano quanto i politici siano più attenti ai propri interessi che a quelli della gente. E non perché vengono chiesti ai cittadini sacrifici, spesso necessari, ma anche perché i politici non danno il dovuto esempio non attuando quanto promesso da tempo pubblicamente e unanimemente. Mi riferisco, in particolare, alla riduzione dei parlamentari. In un momento di crisi così grave perché viene accantonata questa riforma, che, oltre a essere auspicata da tutti per ovvi motivi, è emblematica per la credibilità stessa della classe politica? Si riducono le Province, i consiglieri, i bilanci… ma non i parlamentari! Non si dica che manca il tempo: basta volerlo. Ma nessuno vuole questa riforma, nessuno ne parla più, nemmeno i giornali (come mai?). Si vuole rimandare per l’ennesima volta a un’altra legislatura? Ma chi mi garantisce che nella prossima legislatura questa riforma verrà attuata e non ci ritroveremo con un nulla di fatto e mille accuse incrociate tra i partiti come è avvenuto finora? E intanto l’Italia continua a permettersi il lusso di detenere il primato mondiale di parlamentari: oltre 915! Una vergogna! Ad aprile saremo chiamati alle urne. La tentazione dell’astensione o del voto nullo è enorme e travagliata, specie in chi come me ha sempre votato e diffida degli urlatori di piazza. Ma bisogna arrivare a tanto per scuotere il mondo politico? Non c’è qualche politico o qualche partito disposto a “impuntarsi” per questo e a metterci la faccia? Eppure basterebbe così poco per dimostrare ai cittadini, per esempio con questa riduzione (meglio dimezzamento) di parlamentari, che la classe politica merita ancora un po’ di fiducia e non mira soprattutto a perpetuarsi a proprio vantaggio. Andando a votare non si rischia di contribuire al mantenimento di questa situazione: tanto gli italiani brontolano, ma poi a votare vanno? Qualcuno mi sa rispondere?  

Lettera firmata  

Il problema della riduzione del numero dei parlamentari è strettamente legato a quello della legge elettorale. Nonostante l’insistenza del presidente della Repubblica Napolitano perché si modifichi il cosiddetto “Porcellum”, sembra che sia difficile un accordo tra i partiti in tempo utile, prima dello scioglimento delle Camere. «La legge elettorale? Non riesco a seguirla, ogni giorno c’è qualcosa di nuovo…», ha commentato Luca Cordero di Montezemolo. E almeno in questo sono d’accordo. Il fatto è che ognuno cerca di avere un vantaggio dal nuovo regolamento e alla fine si resta in una posizione di stallo. Tornando al numero degli eletti, un cambiamento radicale richiederebbe una revisione costituzionale, ma per questo tipo di modifica la Carta prevede due passaggi per ogni Camera, a distanza di almeno tre mesi l’uno dall’altro. I tempi ormai sono troppo stretti. L’idea però sarà sicuramente usata a fini propagandistici in campagna elettorale. Ci sono dati che fanno pensare: Camera e Senato costano 3,2 miliardi di euro all’anno, insieme a Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale, Presidenza del Consiglio e Ministeri vari; rispetto al resto d’Europa l’Italia spende in media il 30 per cento in più per i costi della politica. A questo aggiungiamo che è ormai un anno che si è insediato il governo Monti, imponendo, per salvarci dal baratro, sacrifici non da poco a tutti i cittadini. Considerando tutto ciò, davvero pare che i nostri politici vivano in un altro mondo. Gli italiani sono stanchi, e il forte astensionismo alle elezioni siciliane ne è una conferma. Tuttavia non andare a votare non risolverà il problema. Forse questa volta più di altre si dovrà scegliere il meno peggio.

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