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L’Avvento, un nuovo inizio

Sappiamo bene di vivere tempi non facili. La crisi economica continua a mordere nella carne viva di tante famiglie, mettendo a rischio le speranze e i progetti di un’intera generazione. Il futuro, lungi dal prospettarsi roseo, rivela in anticipo i tratti neri e drammatici di un oggi per molti insostenibile. In simili circostanze è naturale attendere un nuovo inizio. Non è solo ciò che si concede ai bambini capricciosi, ma anche ciò che molti adulti meritatamente vorrebbero. È ciò per cui tutte le persone di buona volontà non lesinano solidarietà e impegno cui speriamo arrida il successo. Nella vita di fede ciò è possibile e vero.

Un nuovo anno liturgico

A ogni inizio dell’anno liturgico si apre un panorama inedito e ricco di possibilità. Non che il passato venga resettato, non che ciò che siamo stati diventi insignificante e senza peso; ma certo la potenza dello Spirito del Signore torna a dispiegarsi nei meandri della storia e dei cuori con rinnovata verità e forza. È come la grandezza dell’amore umano, che in ogni stagione della vita, in ogni tornante dell’esistenza, si manifesta e realizza in modalità inedite e persino impensate. Sì, l’azione di Dio è talmente grande e profonda da poter essere accostata solo a piccole dosi distribuite nel tempo.

Nonostante le apparenze ci inducano talvolta a pensare il contrario, il nuovo inizio dell’anno liturgico ci conferma che il cielo non è irrimediabilmente chiuso su di noi, perché Dio non ha cessato di guardare agli uomini con affetto di Padre, non ha abbandonato l’umanità in un vicolo cieco.

Al contrario l’evento dell’incarnazione del Figlio di Dio, la sua avventura umana di amicizia e salvezza, l’energia guaritrice della sua Pasqua tornano a riproporsi – nel caldo grembo della liturgia che infrange le barriere del tempo e rende attuali i misteri della salvezza – nella loro intatta capacità di aderire alle nostre piccole vicende e di dare loro senso e valore. Dunque proprio a questo nostro tempo, ai suoi problemi, alle sue sofferenze e angosce si propone l’Avvento che sta per iniziare.

Quest’anno le letture liturgiche (“anno C”) ci faranno accostare il Vangelo di Luca, il quale presenta alcune caratteristiche che si raccomandano a noi cristiani d’oggi. Innanzitutto alla nostra sensibilità per la documentazione storica, che ricerca testimonianze autorevoli e degne di fede, è congeniale il carattere fondamentale del terzo Vangelo: un documento scritto da un cristiano di seconda generazione, dunque non una testimonianza diretta, ma una ricostruzione storica di fatti lontani, che si basa su ricordi e testimonianze altrui, la cui attendibilità non può essere data per scontata, ma provata e documentata.

E poi, per noi credenti d’oggi alla ricerca di una sintesi della nostra fede convincente e capace di confrontarsi con i problemi e le sfide di oggi, nel terzo Vangelo campeggia la figura di Gesù – preparata dai fatti dell’Antico Testamento rievocati nei primi capitoli e che fanno da sottofondo costante al racconto – la cui missione si estende ben oltre il tempo della sua vita, poiché proviene da un’autorità più alta e riguarda la realizzazione del piano di Dio per il mondo. Il suo disegno di amore e salvezza si estende nei secoli, come dimostra l’altra opera di Luca, gli Atti degli apostoli, che presenta la venuta dello Spirito e il dispiegarsi della sua potenza nella missione degli apostoli fino ai confini dei tempi, dunque anche ai nostri.

E ancora a noi “cercatori di Dio”, in particolare di un suo volto “amico”, Luca tratteggia un Dio “amabile”, che rifugge dagli atteggiamenti dell’offeso e del padrone, ma è disposto ad abbracciare tutti, con mani accoglienti e cuore paterno.

Il Vangelo della “misericordia”

Il messaggio di Gesù, specie nei passi evangelici esclusivi di Luca, è centrato sulla misericordia, tema evidenziato in modo originale con l’inserimento di alcune belle parabole (da quella del fico sterile, 13,6-9 a quella del figliol prodigo 15,11-32 , che corona il discorso iniziato con la pecorella smarrita e la dramma perduta e che trovano il completamento nella vicenda del samaritano 19,19-23, e nella compassione riservata al buon ladrone, le cui ultime parole non sono di disperazione ma di affidamento a Dio , 23,48).

Un secondo tema si impone con forza originale nel Vangelo di Luca: quello della denuncia e della condanna della ricchezza iniqua e prevaricante, come nel caso del ricco cattivo e del povero Lazzaro (16,19-51), mentre viene lodata, benché non priva di iniquità, per l’uso con cui ne dispone l’amministratore infedele, che si fa degli amici elargendola a piene mani (16,1-8).

Si tratta di temi particolarmente centrali nella nostra riflessione in quest’Anno della fede: l’importanza attribuita da Luca alla generosità di Dio, alla sua lentezza all’ira, alla pietà per i peccatori, che si completano con la condanna della mancanza di pietà e dell’indifferenza per la miseria altrui insita nella ricchezza.

E infine a noi, sempre in bilico tra adesione convinta al Vangelo e cedimento a facili alibi, Luca presenta la vita di fede come sequela di Gesù che cammina verso Gerusalemme: «è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada…», 13,33, meta richiamata più volte nel corso del racconto, ma non definitiva, perché riguarda anche noi, cristiani d’oggi, in marcia con Gesù, nella Chiesa, verso la Gerusalemme celeste, sorretti e guidati dallo Spirito del Risorto. Tutti motivi che inducono a guardare all’episodio dei discepoli di Emmaus (24,13-35), anch’esso esclusivo del terzo Vangelo, come paradigma di ogni esistenza cristiana: i due protagonisti, il cui cuore ardeva mentre Gesù conversava con loro e spiegava le Scritture, sperimentano nell’incontro con il Risorto la possibilità di un nuovo e definitivo senso alla loro vita, esperienza che Luca pensa certamente si possa ripetere nella vita di ogni credente.

Infatti in Gesù «trova compimento ogni travaglio e anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte» (Porta fidei n. 13). In questo contesto presento sinteticamente i Vangeli delle quattro domeniche di Avvento per fornire un modesto strumento per aderire all’invito del Papa e dei Vescovi a «intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia » (Porta fidei n. 9), poiché «nell’Eucaristia, mistero della fede e sorgente della nuova evangelizzazione, la fede della Chiesa viene proclamata, celebrata e fortificata. Tutti i fedeli sono invitati a prendervi parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente, per essere autentici testimoni del Signore » (Nota Cei).

Vigilanti nell’attesa

Nella prima domenica (21,25-28.34-36) Luca, evocando il triplice significato dell’Avvento – ricordo della prima venuta di Gesù, sua attualizzazione liturgica nel nostro oggi, tensione verso il suo ritorno definitivo – legge nella distruzione terrificante di Gerusalemme a opera delle armate romane il compendio della storia universale; essa sarà coronata dall’avvento del Cristo, la cui opera di liberazione potrà essere fruita solo da chi non sarà appesantito da «dissipazioni, ubriachezze e affanni» e sarà dedito alla vigilanza e alla preghiera.

Giovanni Battista l’ultimo profeta

La seconda e la terza domenica sono riempite dalla presenza di Giovanni Battista, che fa da cerniera fra l’Antico Testamento e il Nuovo. Innanzitutto (3,1-6) Luca si premura di collocarne la figura nel contesto concreto della storia e della geografia del tempo, a conferma della scelta di Dio di intervenire nelle pieghe della storia umana per additarne, con il profeta definitivo, una strada che da tortuosa sta finalmente per diventare dritta e condurre alla salvezza offerta a tutti da Dio in Gesù. Successivamente (3,10-18) Giovanni addita il punto in cui storia umana e storia della salvezza si incontrano: all’impegno per la giustizia, alla condivisione dei propri beni, all’attenzione per il povero e l’oppresso (temi cari al Vangelo di Luca) risponde l’iniziativa di Dio che con Gesù darà una svolta decisiva a ogni vicenda umana.

Il “Magnificat” di Maria

L’ultima domenica di Avvento (1,39-45) presenta la figura di Maria che, ricca della trasformazione operata in lei dallo Spirito Santo, si reca dalla cugina Elisabetta a riceverne quel riconoscimento, l’“Ave, Maria”, che da allora risuonerà per sempre nella cristianità, quella “benedizione” che è riconoscimento della grandezza dell’opera compiuta da Dio in Maria, che suscita in lei quell’altro straordinario e definitivo canto di fede che è il “Magnificat”. Buon Avvento a tutti, sulle orme del Vangelo di Luca.

+ Giacomo Lanzetti, vescovo di Alba

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