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Agricoltura: meno aziende, più grandi

CENSIMENTO La presentazione dei dati del sesto censimento dell’agricoltura ha fatto tappa ad Alba giovedì scorso, quando, nella sala dell’Ampelion della Scuola enologica, sono stati illustrati i risultati definitivi. I lavori sono iniziati con i saluti del sindaco Maurizio Marello, dell’assessore regionale al turismo Alberto Cirio e del direttore regionale della Programmazione strategica, politiche territoriali ed edilizia, Livio Dezzani. A entrare nel merito dei dati del censimento sono stati Mario Perosino, responsabile dell’Ufficio regionale del censimento, e Giampaolo Viale, del settore politiche agricole della Provincia.

Ogni dieci anni, il censimento (la prima edizione risale al 1961) traccia una fotografia della realtà agricola, che può essere confrontata con quella analoga realizzata uno o più decenni prima. Nella sostanza, il settore viene valutato con attenzione, evidenziando le crescite o i decrementi rispetto al passato dei principali indicatori di sviluppo. Un importante contributo conoscitivo che permette di sviluppare ragionamenti rispetto a ciò che si è modificato e ipotizzare l’evoluzione futura del settore e dei suoi vari comparti.

Venendo ai risultati attuali del censimento, a livello piemontese, un dato balza subito all’attenzione ed è la riduzione del numero delle aziende rispetto al 2000: da 107.000 sono diventate 67.000 con una perdita del 37 per cento, a carico soprattutto delle realtà più piccole. Per contro, la superficie agricola utilizzata scende in maniera minore (circa il 5 per cento) toccando quota 1.011.000 ettari. La conseguenza è l’aumento della superficie media aziendale, che sale da 10 a 15 ettari, un dato che pone il Piemonte al quarto posto nella classifica nazionale, preceduto da Sardegna (19 ettari), Lombardia (18) e Valle d’Aosta (16), ma ben al di sopra della media nazionale (7,9 ettari) e in linea con l’andamento dell’Unione europea (14 ettari).

Altro dato interessante è la ripartizione tra superficie agraria in proprietà e quella in affitto: negli ultimi 10 anni l’aumento della superficie media è dipeso soprattutto dall’affitto, come probabile conseguenza del valore assunto dai terreni in varie aree della regione. Globalmente, le superfici in affitto in Piemonte hanno superato quelle in proprietà: 483 mila ettari contro 457 mila. Analizzando lo sviluppo delle aziende piemontesi dal 1982 a oggi, se ne percepisce il forte aumento della specializzazione: il numero delle aziende che si dedicano a una sola produzione sono l’88 per cento del totale. Se valutate in termini economici, la loro incidenza sale addirittura al 93 per cento.

I seminativi interessano in particolare le pianure di Alessandria, Vercelli e Novara, mentre le coltivazioni permanenti privilegiano le colline di Monferrato, Langhe e Roero per la viticoltura e le aree a contorno dell’arco alpino cuneese per la frutticoltura. L’allevamento degli erbivori è concentrato nella pianura torinese e nell’arco alpino, mentre quello dei granivori nel cuneese (suini) e sulle colline del chierese e del basso Monferrato astigiano (avicoli). L’ortofloricoltura è concentrata sul Lago Maggiore e sulla collina torinese, con propaggini anche nei pressi di Biella e Asti.

Giancarlo Montaldo

 La produzione è al 44 per cento made in Cuneo

Non è solo il vino a segnare il grande riscatto dell’agricoltura cuneese nel contesto della realtà regionale. Anche la zootecnia ne sancisce il primato assoluto, con i bovini al primo posto, seguiti a ruota dai suini, che continuano a rafforzare la loro consistenza. Addirittura, rispetto alla totale produzione agricola piemontese, la provincia di Cuneo conferma il primato assoluto già segnalato in censimenti precedenti, ma stavolta tocca addirittura la quota del 44 per cento. Dal punto di vista della distribuzione territoriale, si conferma anche qui la specializzazione produttiva segnalata a livello regionale, con la concentrazione nelle aree di montagna degli allevamenti bovino e ovicaprino e nella pianura dei suini e degli avicoli, oltre ancora ai bovini, stavolta da latte. I primati cuneesi continuano nella viticoltura e nella frutticoltura, che occupano rispettivamente le colline di Langa e Roero (dove peraltro è cospicua anche la corilicoltura) e le aree pianeggianti e collinari a contorno dell’arco alpino. Tornando ai cosiddetti indicatori generali, anche in provincia di Cuneo le aziende sono diminuite di numero, con una contrazione del 31 per cento, sempre a carico di quelle a piccola dimensione. La superficie media aziendale, però, è meno consistente del dato regionale (12,6 ettari), a conseguenza da un lato della qualità dei prodotti finali e dall’altro della particolare ostilità dell’ambiente colturale, dominato da montagna e collina.

g.m.

Alba insegna: sempre più vini Doc e Docg

Nel settore viticolo, il censimento dell’agricoltura fotografa una situazione che per certi versi ribadisce le tendenze emerse a livello globale: le aziende con coltivazioni vitate sono diminuite del 79 per cento rispetto al 1982, mentre la contrazione della superficie a vite è stata inferiore (-38). Le attuali 21.000 unità dispongono di circa 47.000 ettari e questo ha determinato un incremento della superficie media per azienda, che è di 2,2 ettari. Nonostante siano quelle maggiormente diminuite, le piccole aziende sono ancora numerose e sviluppano nel contesto globale della superficie vitata un’incidenza piuttosto contenuta: le aziende con meno di un ettaro sono ancora la maggioranza (55 per cento), ma posseggono appena il 9 per cento del vigneto piemontese, mentre quelle con 10 ettari e più detengono circa il 30 per cento della superficie totale. La perdita di vigneto segnala andamenti diversi da provincia a provincia: la realtà cuneese detiene ancora oggi il 90 per cento del vigneto che aveva del 1982, mentre le altre due province vitate hanno retto in maniera minore: Asti il 65 e Alessandria il 51 per cento. Interessante appare il dato relativo al rapporto tra vini da tavola e vini a denominazione di origine. Se nel 1982 la superficie destinata ai vini Doc e Docg rappresentava a malapena il 30 per cento dell’intero vigneto piemontese con la netta prevalenza dei vini da tavola, nel 2010 la situazione è decisamente cambiata: i vini da tavola incidono per poco più del 10 per cento sulla superficie totale, con un forte processo di qualificazione. Notevole è stato in tal senso l’esempio della realtà albese che già nel 1982 disponeva di una superficie vitata per i vini a Denominazione superiore a quella per i vini da tavola. Quanto ai vitigni, nel 1982 al primo posto in Piemonte regnava il Barbera (41.000 ettari), seguito da Dolcetto (11.000), Moscato (8.000), Nebbiolo (4.000), Freisa (3.000) e Cortese (1.400). Trent’anni dopo, il Barbera continua a primeggiare ma con 14.000 ettari, seguito da Moscato (10.000), Dolcetto (6.000), Nebbiolo (4.500), Cortese (2.600), Freisa, Brachetto, Chardonnay e Arneis con 1.000 ettari ciascuno. I primi quattro posti in classifica del 2010 sono confermati per la provincia di Cuneomacon differenti rapporti di forza: al primo posto balza il Moscato, seguito nell’ordine da Nebbiolo, Dolcetto e Barbera.

g.m.

 

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