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Alessandro Baricco «I libri vanno scoperti, ecco l’importante»

LETTERATURA Carismatico, elegante e preparato. Questi gli aggettivi sulla bocca degli ospiti, dopo la conferenza tenuta da Alessandro Baricco, sabato scorso alla fondazione E. di Mirafiore di Fontanafredda. Nel corso della lezione dedicata a Marcel Proust, lo scrittore torinese classe 1958 ha selezionato e scomposto le peculiarità stilistiche del maestro francese, morto da 90 anni. Tra risate e riflessioni, ognuno ha aumentato il tasso di sensibilità verso una letteratura considerata ormai passata: il pubblico ha carpito le spiegazioni, sentendo il gusto di contemporaneità. Baricco quest’anno ha pubblicato Tre volte all’alba (Feltrinelli) e vinto il premio Pavese per la narrativa.

Baricco, crede che esista un’opera completamente originale?

«Certamente. Nonostante ogni scrittore adoperi una grammatica standard – mappa comune agli altri artisti – esistono eccezioni: stasera, parlando di Proust, ho definito le sue abilità “artigianali”, in quanto acquisite tramite l’intelligenza e l’esperienza. Lo scrittore francese seziona la realtà per descriverne ogni sfumatura percepibile, in modo elegante, ma al contempo razionale; si tratta dell’evoluzione del metodo flaubertiano. Ha scritto dei libri unici. Anche per questo motivo posso affermare che esiste il concetto di originalità: esso coincide con la bellezza oggettiva di un libro».

Quali difficoltà deve fronteggiare uno scrittore nel terzo millennio?

«Lo scrittore non è da considerare un mestiere molto adatto al nostro secolo. In passato la letteratura ha conosciuto tempi migliori: la tecnica era maggiormente valorizzata. Oggi i giovani non sarebbero in grado di esercitare il solo mestiere di romanziere. Sono obbligati a cimentarsi in altre professioni per garantirsi un futuro. L’arte passa un po’ in secondo piano».

Quale libro consiglierebbe a un suo lettore?

«Non consiglierei nessun libro. Reputo che per suggerire un’opera occorra conoscere a fondo la persona interessata; una storia bisogna farla scoprire alle (e dalle) persone che si amano. Perché i libri vanno scoperti, ecco il concetto importante».

E lei che libro ha scoperto di recente?

«Ho trovato entusiasmante l’ultimo romanzo scritto da un autore a me caro: Di tutte le ricchezze di Stefano Benni (Feltrinelli). Si tratta di una lettura realmente intensa. In passato ho letto attentamente La recherce scritta di Proust, confrontato con Viaggio al termine della notte di Luis Ferdinand Cèline. Il secondo, pubblicato nel 1932, rappresenta la completa distruzione del primo – in tutti i suoi schemi, in tutta la sua musicalità. Nessuno avrebbe immaginato che Proust potesse essere, per così dire, scavalcato; Cèline nello scrivere pare un animale che fugge dal cacciatore, Proust sembra un chirurgo che fraziona la realtà in modo quanto più esauriente e metodico».

Marco Viberti

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