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CUNEO, il lavoro in testa

INDAGINE Regina della qualità di vita? La Granda appare una provincia dall’identità solida, maturata grazie a spirito di abnegazione, severità lavorativa e morale, fedeltà alla tradizione. Anche a causa della relativa impermeabilità, rispetto a contesti metropolitani comeTorino, al processo di integrazione multiculturale, alle istanze giovanili – macroeventi artistici e ricreativi, al “culto” del rumore o della festa, al nuovo e all’imprevisto – Cuneo sembra aver mantenuto un indiscutibile primato patrimoniale ed economico controbilanciato da una scarsezza di estroversione e cambiamento. Un assetto «funzionale » secondo il Sole 24 ore, che il 26 novembre ha pubblicato l’annuale classifica delle migliori province italiane per «qualità di vita percepita».

I RISULTATI Cuneo, rispetto al 2011, è in salita di quattro posizioni in tema di occupazione. Su 107 concorrenti si è piazzata al quindicesimo posto, risultando la prima di tutto il Piemonte. Seguono il Verbano Cusio Ossola al numero 38, Torino al 43, Asti al 46, Biella al 54, Vercelli al 58, Alessandria al 60 e Novara al 63.

IL LAVORO In particolare, la Granda si aggiudica il primo posto nella sezione Affari e lavoro, in salita di quattro posizioni rispetto allo scorso anno. Significa che l’occupazione, il fatturato e la prospettiva lavorativa sono solidi, relativamente immuni ai flussi recessionali. Eppure, nella categoria Tenore di vita Cuneo si aggiudica solo il 41° posto, nella voce Servizi, ambiente e salute il 19°, in Ordine pubblico il 35° e in Tempo libero il 62°, in discesa di 18 posizioni rispetto al 2011. Emerge uno sbilanciamento sul fronte del lavoro, come se la priorità collettiva confluisse verso la sfera del profitto e dell’impiego tralasciando altre aree dell’esistenza.

AD ALBA Per capire cosa pensano gli albesi a riguardo, abbiamo lanciato un sondaggio su Facebook. Nel tentativo di sondare la qualità di vita percepita, abbiamo chiesto: «Secondo un’indagine nazionale, la provincia di Cuneo è una delle migliori d’Italia in cui vivere. Siete d’accordo? Quale aspetto vi piace di più della Granda? E quale meno?», Le risposte non si sono fatte attendere. Marco Gandino appare lapidario: «Assolutamente non concordo con l’indagine. Il popolo cuneese è freddo, snob e “barotto”: non fosse per il turismo e le attrattive…». Antonella Ferrero ripropone, tassativa, la «questione comportamentale»: «Mi piace molto il territorio,mala gente assolutamente no». Giuseppe Berritella invece sposta il dialogo sulle istanze sociali: «Il panorama e la pulizia sono ineccepibili, ma il costo della vita è troppo alto. Inoltre, la sanità lascia a desiderare e la disoccupazione – Ferrero a parte – dilaga. Si fa troppa fatica a trovare un posto».

SU FACEBOOK Matteo Sovera torna sul tema caratteriale: «La gente è talvolta maleducata e la pulizia delle strade e delle colline non eccelle, ma nel complesso non ci possiamo lamentare ». Molti positivi commenti piovono sulla capitale delle Langhe, tralasciando i contesti urbani limitrofi. Altri utenti, come Maria Teresa Bogliolo, accennano alle difficoltà dei collegamenti ferroviari. Altri ancora, comeSebastiano NinoAmbrogio, ammettono di sentirsi di abitare un mondo «più vivibile » rispetto ad altri.

LE CRITICITÀ Sebbene il livello medio di gradimento sembri attestarsi su livelli accettabili, permangono aree di forte criticità: sanità, trasporti, pulizia. Le diverse anime commentano con intonazioni più omeno dirette. Eppure, una costante emerge dal sondaggio: la provincia sembra coltivare più il proprio involucro “esterno” piuttosto che il contenuto interno: le istanze economiche e sociali primeggiano su quelle morali, culturali, ideali.

Matteo Viberti

Emarginazione delle donne, punto debole

Maurizio Maggi è ricercatore dell’Istituto di ricerche economiche e sociali del Piemonte (Ires), che ogni anno “monitora” il territorio trasformando in numeri ogni suo movimento, evoluzione o involuzione.

Secondo il Sole 24 ore Cuneo è la quindicesima provincia italiana per qualità di vita percepita dalla popolazione. È d’accordo, Maggi?

«Agli indicatori proposti dal Sole dovrebbero essere allegate alcune considerazioni. Ad esempio, i parametri utilizzati per valutare la qualità di vita percepita dalla popolazione anziana – come il funzionamento dei servizi pubblici – non sono gli stessi che valutano la qualità di vita percepita dai giovani – le possibilità di incontro, di divertimento, di aggregazione, eccetera. Cuneo sembra una realtà più tarata sul primo tipo di parametri che sui secondi: una provincia più a misura di adulto che di ragazzo».

Che cosa ci dice sul fronte del lavoro? La Granda è considerata la prima in tutta Italia.

«Cuneo ha sempre dimostrato eccellenze sul fronte lavorativo. Secondo le ricerche Ires, questa positività è controbilanciata dai bassi livelli qualitativi ottenuti sul fronte dell’istruzione. Il livello educativo medio dei cuneesi è più basso rispetto al resto della regione».

Da che cosa dipende questa dinamica?

«Dal fatto che buona parte della pratica istruttiva nella Granda viene effettuata sul posto di lavoro piuttosto che nel contesto scolastico. L’elevata presenza di occupazioni manuali, di una solida tradizione imprenditoriale e di modelli di apprendistato favoriscono l’innesto e il propagarsi di questo fenomeno».

Se dovesse identificare il maggiore punto di debolezza della Granda sul fronte della qualità di vita, quale sceglierebbe?

«Senza dubbio l’elevato livello di emarginazione delle donne. A Cuneo rispetto al resto del Piemonte contiamo un bassissimo numero di donne sindaco, dirigenti, capi d’azienda. Ciò risulterebbe in parte dovuto a questioni culturali, a residui conservatorismi».

Tutti questi punti deboli renderanno più ostico il processo di “uscita” dalla crisi della Granda?

«È difficile da dire. Secondo le stime recenti, la prima metà del 2013 sarà travagliata da ulteriori contrazioni economiche e sociali. Dopo i primi sei mesi dell’anno potremo cominciare a vedere la luce in fondo al tunnel. Ma si tratta di una stima davvero azzardata».

m.v.

Istat: in Italia quasi tre milioni di disoccupati

Ci sono dati interpretabili e confutabili, altri inoppugnabili. Come quelli sull’occupazione in Italia, pubblicati dall’Istat (Istituto nazionale di statistica) lo scorso primo dicembre.

A ottobre il tasso di disoccupazione ha superato la soglia dell’11 per cento (attestandosi all’11,1), in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a settembre e di 2,3 punti con riferimento agli ultimi dodici mesi. È molto doloroso trasformare queste percentuali in cifre. Secondo i calcoli, i disoccupati nel Paese sono 2 milioni e 870 mila. Un vero popolo di “reietti”, in aumento di 93 mila rispetto a settembre (in pratica, tremila in più al giorno nell’ultimo mese). Su base annua, l’incremento è vertiginoso: +28,9 per cento, per un corrispettivo umano di circa 633 mila persone prive d’impiego.

Cuneo pare la provincia più protetta (vedi articolo sopra), ma la situazione potrebbe nei prossimi mesi non lasciare superstiti. Perlopiù si tratta di giovani vittime. Solo tra i 15-24 enni italiani, infatti, le persone in cerca di lavoro sono 639 mila. A ottobre, il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto una quota del 36,5 per cento, in aumento di 0,6 punti rispetto al mese precedente. Un dramma, dato che le forme contrattuali precarie risultano in rapida moltiplicazione: nel terzo trimestre dell’anno sono 2 milioni e 447 mila i dipendenti “a termine”.

L’identità del Paese non si era mai allontanata tanto dalla dimensione lavorativa tradizionale: e per il 2013, dicono ricercatori, le cose potrebbero precipitare ulteriormente. A meno che le fondamenta del sistema non vengano ristrutturate.

m.v.

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