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L’Acna ha inquinato Anche in Campania

L'ex stabilimento Acna a Cengio

VALLE BORMIDA La scorsa settimana il nome dell’Acna è tornato a fare capolino nelle cronache giudiziarie, quando la Direzione investigativa antimafia di Napoli ha eseguito un provvedimento di custodia cautelare in carcere per il camorrista Francesco Bidognetti, per accusarlo di disastro ambientale. Secondo la Dia, il boss del Clan dei Casalesi, tra la fine degli anni ’80 e la metà degli anni ’90 avrebbe smaltito illegalmente in alcune discariche di Giugliano (Napoli) migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti da alcune aziende del Nord Italia, tra cui l’Acna di Cengio.

Per chi ha un po’ di familiarità con le vicende della Valle Bormida, non si tratta di una novità, quanto piuttosto di un ulteriore sviluppo di questioni abbastanza note. E sembra persino giusto che la notizia sia emersa oggi, a dieci anni dalla morte di Renzo Fontana, che per primo, su Valle Bormida pulita denunciò una ventina di anni fa gli intrecci pericolosi tra il traffico di rifiuti tossici e l’azienda chimica di Cengio.

Le notizie di agenzia relative all’accusa formulata a Bidognetti parlano di 57 mila tonnellate di percolato che avrebbero contaminato le falde acquifere, citando località e società i cui nomi compaiono anche nei documenti custoditi da Valbormida viva nel Centro di documentazione di Monesiglio e che Gazzetta pubblicò nel 2008, parlando, all’epoca, soprattutto della discarica di Pianura, presso Napoli.

L’ex stabilimento Acna a Cengio

Tra i nomi che compaiono nell’inchiesta troviamo una società (la Setri) e la discarica di località Scafarea, a Giugliano. Entrambe sono citate nei documenti di Valbormida viva che Gazzetta ha consultato. I dati in nostro possesso sono relativi al periodo 1987-1990. Ecco alcuni “numeri” che rendono l’idea di quale sia stata la portata del fenomeno: nel 1987, arrivarono a Giugliano 537 tonnellate di gessi industriali e 1.528,10 tonnellate di fanghi biologici. Nel 1988, 13.038,18 tonnellate di fanghi; nel 1989, 5.251 tonnellate di rifiuti speciali (residui carboniosi da betanaftolo e ossidi di ferro); nel 1990, 4.306 tonnellate di rifiuti speciali. E un documento del novembre 1989 relativo alla discarica napoletana di Pianura, diventata celebre alcuni anni fa nei giorni dell’emergenza rifiuti nel capoluogo campano, parlava del conferimento di 10 mila tonnellate all’anno di fanghi provenienti dall’Acna, con frequenza di trasporto giornaliera.

I documenti di Valbormida viva, oltre a tirare in ballo le tristemente note discariche campane, dimostrano anche come in quegli anni, i rifiuti dell’azienda di Cengio siano finiti in gran parte d’Italia: quelli assimilabili agli urbani vennero trasportati in discariche a Bene Vagienna, Vergiate (Varese), Fossò (Venezia) e Vighizzolo di Montichiari (Brescia). I rifiuti speciali furono invece smaltiti in discariche a Cividale del Friuli (Udine), Verretto (Pavia), Torrazza Piemonte (Torino) e, appunto, Giugliano, o negli impianti di trattamento di Broni (Pavia), Orbassano e Robilante. Ma nello stesso periodo i rifiuti Acna finirono anche all’estero, nelle discariche della Kimica Ice, a Sulima (Romania), e della Solamat, presso Marsiglia.

Dell’esportazione (in Italia e all’estero) dei rifiuti Acna si è occupata anche in più occasioni la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

Corrado Olocco

La pagina di Gazzetta del 1° aprile 2008
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