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Se in CLASSE mancano pure i gessetti

LA SCUOLA Si radunano il 7 dicembre per confrontare vissuti, attenuare il senso di solitudine, scaricare rabbia e programmare riscosse. C’è gravità nella sala incontri della scuola elementare Gianni Rodari. Dove rappresentanti scolastici, dirigenti, genitori, insegnanti e studenti gridano insieme per diventare attori attivi, svincolarsi da quella condizione di spettatori passivi di uno spettacolo drammatico che vede la scuola in disfacimento, le risorse in continua contrazione, la pioggia di richieste agli insegnanti.

Alcuni del gruppo di “insorti”, come gli insegnanti del Liceo Da Vinci di Alba, adotteranno misure simboliche di protesta. Ad esempio, ha spiegato un docente, «non procederemo con le prove Invalsi, ovvero le prove che il Ministero distribuisce nelle scuole per valutare la qualità dell’offerta formativa. Saremo costretti a ridurre i progetti in cui sono coinvolti gli studenti e ci dimetteremo dagli incarichi aggiuntivi che non competono alla nostra specifica funzione.

Inoltre, non presenzieremo alla consegna delle schede di valutazione (attività sempre effettuata in modo gratuito), e sospenderemo il colloquio con i genitori nel secondo quadrimestre ». Ci si schiera contro una politica di tagli al personale, contro il blocco degli stipendi (i più bassi d’Europa) e degli scatti d’anzianità, contro la sforbiciata di 300 milioni ai fondi erogati alle scuole, contro la ventilata proposta di accorciare di un anno il ciclo dell’istruzione superiore per tagliare altre 40 mila cattedre, contro il disegno di legge numero 953 (ex Aprea) che riforma gli organi collegiali compromettendone i delicati equilibri e l’autonomia, e infine contro l’edilizia scolastica carente, sprovvista di finanziamenti.

C’è chi suggerisce una manifestazione davanti al municipio di Alba, chi identifica come priorità il miglioramento della comunicazione tra gli stessi genitori e insegnanti, chi opta per intasare di messaggi il sito del Ministero della pubblica istruzione, chi propone di vendere giocattoli per finanziare il materiale scolastico: mancano pure i gessetti per disegnare sulla lavagna.

Eppure, si fanno avanti dubbi e perplessità: l’agitazione delle scuole albesi giunge effettivamente alle orecchie del Parlamento? Non si rischia di scadere nell’inutilità, nella dimostrazione fine a se stessa? Senza dimenticare gli indugi dei genitori, che condividono le motivazioni degli insegnanti ma si preoccupano per la qualità della scuola dei figli. I tentennamenti, gli attriti interni, il senso di frustrazione mettono a rischio la riuscita organizzativa della protesta. Allora interviene Gigi Garassino, consigliere comunale del Partito democratico con delega all’istruzione: «La scuola non può più essere considerata come il porcellino da rompere quando servono soldi da destinare su altri settori.

È ora di ripensare il sistema, di capire a livello collettivo dove vogliamo andare. Non ci servono risposte immediate, ma riflessioni condivise e una reale pianificazione del futuro. Per raggiungere il traguardo, dobbiamo lavorare insieme». Staremo a vedere: se le organizzazioni di protesta sapranno assumere un’identità fattiva oppure rimarranno una valvola di sfogo di emozioni poco affrontabili a livello individuale.

Matteo Viberti

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