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Il direttore risponde (22 gennaio)

Lettera di una mamma al Santo Padre Benedetto XVI

Santo Padre, mio figlio è gay e io, come mamma, amo mio figlio, unico, irripetibile come ogni uomo che nasce sulla terra, con una specialità, la sua “omoaffettività”. Sì, ho scritto “omoaffettività” e non “omosessualità” perché l’uomo è una grandezza insondabile e non può essere identificato esclusivamente per la sua sessualità. Quando c’è amore fra due persone, siano uomo e donna, siano uomo e uomo, siano donna e donna, è l’amore che conta, che rende vero e grande il rapporto. Il desiderio di una relazione stabile e duratura, il condividere e l’aiutarsi nel cammino della vita, l’essere io e tu insieme, è qualcosa di così grande che ti fa dire, come il Cantico dei cantici: “Il mio diletto è per me e io per lui”. Non esiste un amore eterosessuale di serie A e un abominevole amore omossessuale di serie Z, nessuno sa perché ci innamoriamo e amiamo quella persona e non un’altra, l’amore non ha etichette, l’amore è sempre e solo amore. Gli omosessuali chiedono e rivendicano un matrimonio civile, i cattolici omosessuali alla Chiesa anche la benedizione di Dio sul loro amore. Santo Padre, come mamma di un figlio gay e anche fortemente cattolica non comprendo le parole che lei ha pronunciato “matrimoni omosessuali, ferita grave alla giustizia e alla pace”, parole che discriminano, offendono e umiliano le persone omosessuali, i loro genitori, i loro amici e i loro parenti, specialmente gli omosessuali cattolici (sono tanti), cresciuti ed educati nell’insegnamento di amore e misericordia di Gesù, parole che fomentano l’omofobia. Desidererei poter approfondire il suo pensiero e capirne il vero significato. Lo stupore e l’incredulità mi hanno spinto a scrivere queste poche righe, spero che possano giungere fino a lei, Santo Padre, nascono dal cuore di una madre che ha avuto la fortuna e la gioia di conoscere il Vangelo e combatte e si impegna in prima persona ad abbattere gli stereotipi, i pregiudizi e le discriminazioni per promuovere una convivenza pacifica e serena tra persone con orientamenti affettivi e sessuali differenti.

 Lea Carelli

Aggiungo solo alcune brevi riflessioni sul tema. Prima di tutto: che cosa ha veramente scritto il Papa nel messaggio per la Giornata della pace? Parla di alcuni principi legati al rispetto per la vita dal concepimento, al suo svilupparsi, sino alla sua fine naturale. Chi nega questi principi offende la verità della persona umana e reca una ferita grave alla giustizia e alla pace. Questo avviene sostenendo la liberalizzazione dell’aborto e dell’eutanasia e la destabilizzazione della struttura naturale del matrimonio quale unione tra un uomo e una donna. La frase citata nella lettera non esiste in quanto tale. E comunque non c’è da parte del Papa nessuna accusa verso le persone, ma la sottolineatura di questi principi inscritti nella stessa natura umana. Sono temi delicati, sui quali non basta un approccio emotivo del tipo «l’amore è sempre e solo amore». Bisogna valutare le conseguenze della distruzione dell’istituto matrimoniale naturale. Anche se ogni persona va accolta per quello che è ed è in quanto tale amata da Dio. Che l’argomento sia molto dibattuto lo prova anche la recente manifestazione parigina contro la legge sul “matrimonio per tutti”, che ha visto una presenza trasversale. Non c’erano solo cattolici, ma anche per esempio Lionel Jospin, ex segretario del Partito socialista, e la moglie Sylviane Agacinsky, filosofa e nota femminista. Contraria alla legge si è dichiarata anche Nathalie de Williencourt, portavoce del gruppo Homovox, che ha detto: «Noi gay non vogliamo il matrimonio. Perché la coppia omosessuale è diversa da quella eterosessuale. Ed è diversa perché non può dare origine alla vita, per cui ha bisogno di una forma di unione specifica che non sia il matrimonio ». In conclusione, è giusto essere contro i pregiudizi e le discriminazioni, contro l’omofobia. Ma ciò non significa chiamare matrimonio ciò che tale non è. Non si devono confondere desideri e diritti.

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