La cittadinanza italiana? Ora interessa meno

Rimesse degli immigrati in continuo aumento: oltre 6 miliardi inviati in patria nel 2019

INTEGRAZIONE Sempre più di frequente si sente discutere della necessità di semplificare le procedure per ottenere la cittadinanza italiana da parte degli stranieri che si trasferiscono nel nostro Paese. Il Pd, ad esempio, nell’attuale campagna elettorale annuncia che in caso di vittoria farà approvare una legge per riconoscere la cittadinanza ai bambini, figli di stranieri, nati in Italia.

Ma ai non italiani la cittadinanza del Bel Paese interessa? O meglio interessa ancora come in passato?

I dati forniti dagli uffici di stato civile del Comune di Bra sembrano indicare una tendenza alla diminuzione delle richieste di diventare italiano a tutti gli effetti.

Dalle 101 cittadinanze riconosciute nel 2009 si è progressivamente calati alle 82 del 2010, alle 70 del 2011 e alle 45 del 2012. Un calo del 55% in quattro anni che non è facile comprendere in modo certo, ma che può spiegarsi forse con alcune considerazioni. Gli anni in questione sono stati quelli in cui la crisi economico-finanziaria si è fatta sempre più dura e i primi a subire le conseguenze della riduzione della produzione (e di conseguenza dell’occupazione) delle nostre aziende sono stati spesso proprio gli stranieri, assunti in gran parte con contratti non a tempo indeterminato. Una crisi che sembra aver originato un “riflusso” di persone verso i Paesi d’origine, come pare emergere anche dai dati del censimento generale della popolazione, i quali hanno registrato meno persone di quante, formalmente, fossero registrate all’Anagrafe comunale.

Un altro elemento è forse costituto dal fatto che le prime numerose ondate di immigrazione, dal Maghreb e dai Balcani, risalgono ai primi anni ’90. Perciò quanti intendevano rimanere in Italia hanno avuto tempo per raggiungere un posto di lavoro più stabile e allo stesso tempo, al netto dei periodi di clandestinità, sono riusciti nel recente passato a totalizzare i dieci anni continuativi di permanenza in Italia con regolare permesso di soggiorno previsti dalla legge per ottenere la cittadinanza.

Chi è in entrato in Italia alla fine degli anni ’90 e negli anni 2000 si trova in maggiore difficoltà a ottenere la cittadinanza perché la legge Bossi- Fini sull’immigrazione prevede la necessità di un contratto di lavoro per ottenere il permesso di soggiorno; mala crisi in atto da qualche anno crea interruzioni nell’occupazione, quindi l’immigrato spesso ha dei periodi “scoperti” e non potendo rinnovare il permesso di soggiorno è clandestino e quindi interrompe i dieci anni continuativi indispensabili per il riconoscimento della cittadinanza.

Queste possono essere alcune delle motivazioni, insieme al fatto che questo nostro sgangherato Paese, con il fiato sempre più corto in materia di economia e occupazione, può apparire molto meno appetibile di quanto non fosse qualche anno fa.

Guardando alla nazionalità di quanti hanno scelto di diventare italiani nel quadriennio 2009-2012 a Bra, i più numerosi sono i marocchini (165), seguiti dagli albanesi (71) e poi dai rumeni (10); questi ultimi, essendo ora cittadini dell’Unione europea, rispetto al passato hanno meno interesse alla cittadinanza italiana. In quarta posizione due nazioni dell’Africa, il Senegal (8) e la Somalia (8).

Diego Lanzardo

Più matrimoni

Il 2012 ha fatto registrare a Bra un aumento del numero dei matrimoni. Mentre il 2010 (con 125 nozze) e il 2011 (121) avevano visto ridursi le unioni rispetto al 2009 (166), nell’anno appena concluso ci sono stati 146 matrimoni con almeno uno degli sposi braidese, 61 dei quali celebrati con rito civile e 85 in chiesa.

d.l.

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