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Parole per un anno: VINO

BAROLO, chi lo conosce lo cerca

Era tanto tempo che non si faceva a livello istituzionale un’indagine conoscitiva sul Barolo. Per capirci, dai tempi di Renato Ratti al Consorzio Barolo e Barbaresco, primi anni Ottanta. Ci ha pensato l’Accademia del Barolo, che ha scomodato il sondaggista per eccellenza, Renato Mannheimer, l’assiduo frequentatore del salotto di Porta a porta.

L’indagine di tipo “qualitativo” non è rimasta nelle segrete stanze dell’Accademia, ma è stata presentata sabato 1° dicembre ai produttori in un incontro al castello Falletti.

L’indagine, condotta da Ipsos ricerche di Milano, la struttura di Mannheimer, ha coinvolto 50 grandi ristoranti e altrettante enoteche. Un numero un po’ esiguo, ma rappresentativo visto il target omogeneo degli interpellati. In vari casi i risultati sono stati inattesi.

Chi pensava al Barolo come a un vino per le grandi occasioni è stato smentito. È per le grandi occasioni,maa quanto pare non c’è più bisogno di un evento straordinario per stapparne una bottiglia. La sua presenza è un evento speciale e il consumatore lo ordina al ristorante e lo acquista in enoteca anche solo perché è un vino di qualità o perché è perfetto per fare un regalo ocome investimento o ancora per nessun motivo particolare, semplicemente perché piace.

È un passo in avanti: il Barolo sta perdendo lo stereotipo di prodotto che si consuma solo nelle occasioni significative o che è conservato sui piani alti della credenza di casa e si “tira giù” solo quando c’è qualcosa da festeggiare.

Al ristorante è il primo vino con nome e cognome che si sceglie: dopo il cosiddetto vino “del territorio” in cui ci si trova in quel momento, il Barolo viene prima di tutti, Brunello, Champagne, Amarone, Franciacorta e così via. Un po’ minore la performance in enoteca, maquesto è anche giustificabile: a parte il Brunello, per il resto vince la moda (Nero d’Avola, Amarone, Montepulciano d’Abruzzo).

Curioso è parso il tentativo di paragonarlo a personaggi pubblici o a protagonisti dei fumetti. Tra i primi prevale Mario Monti, del quale il Barolo ricorda la serietà, il rigore e l’immagine internazionale. Probabilmente anche il prezzo avrà influito in questa scelta.Maci sono anche altri caratteri: per la creatività ha prevalso Federico Fellini, per la bellezza Clooney, per la ricchezza Montezemolo, Briatore o Berlusconi.

Tra i personaggi dei fumetti le maggiori indicazioni sono andate a Paperon de’ Paperoni e a Superman, senza sottovalutare Diabolik e Dylan Dog.

La tradizione è prevalsa negli abbinamenti gastronomici. I ristoratori non hanno avuto dubbi: al primo posto di gran lunga le carni, poi i formaggi, seguiti a distanza da pesci e tartufo.

Gli enotecari sembrano più propensi a stimolare accostamenti meno convenzionali, anche se sono attenti a non disorientare il consumatore che resta legato alla tradizione.

Sembra fare breccia, anche se ancora in maniera embrionale, la convinzione che a tavola il Barolo (così come gli altri vini) deve cercare compagnie diverse da quelle che finora hanno dominato la scena, in nome di una maggiore libertà e di una più forte consapevolezza.

Un impegno ancora più inderogabile, soprattutto in chiave di mercati internazionali dove il brasato o lo stufato non fanno parte né della tradizione e tanto meno dell’innovazione.

Giancarlo Montaldo

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