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Artigiani, uno su dieci chiuderà

ARTIGIANATO Le previsioni non sono rosee neppure per gli artigiani, settore produttivo che, nonostante tutto, non si rassegna, si mette in discussione e cerca di innovarsi.

La situazione però non è semplice. A lanciare l’allarme sono Domenico Visca, presidente della zona di Alba per Confartigianato Cuneo, e Francesco Murru, referente per Canale e membro di giunta Confartigianato Cuneo.

Visca fotografa la situazione: «Abitiamo in una zona (Alba, Langhe e Roero) dove c’è un indotto che, per ora, ha funzionato bene e pertanto, anche se a mala pena, l’artigiano è riuscito a “tirare avanti” ma la crisi, per il nostro settore, arriverà solo adesso». E si teme faccia vittime. Visca espone le ipotesi: «Per la sola zona di Canale e Montà si stima, nel 2013, una chiusura del 10% di attività artigianali». Il conto è presto fatto: le imprese artigiane attive tra Canale e Montà sono circa 160, 97 delle quali (pari al 60%) associate a Confartigianato. Se le stime sono giuste, una quindicina di artigiani si troveranno in difficoltà tali da chiudere i battenti. Numeri forse piccoli, ma che “trascinano” nella spirale delle difficoltà un numero ben più alto di persone. Visca conferma: «Quando un artigiano chiude l’attività ne soffrono almeno tre famiglie: il titolare, infatti, ha in media due dipendenti».

Il conto è pesante anche dal punto di vista psicologico e sociale. Visca, infatti, precisa: «L’artigiano ha la mente innovativa: prima di chiudere bottega o lasciare senza lavoro un dipendente cerca tutte le strade possibili e attinge ai fondi personali. Se, nonostante l’impegno, chiude, ne fanno le spese anche il processo creativo e la fiducia sociale. Nel 2012 abbiamo perso, tra gli associati cuneesi, 800 imprese. Le stime sono, per il 2013, di altre mille chiusure».

I numeri non mentono. Le imprese associate a Confartigianato, nella Granda, in base ai dati aggiornati al 2011-2012 sono scese da 10.558 a 9.688; per la zona di Alba, Langhe e Roero il calo è stato da 1.692 a 1.570. Le cessazioni di attività nel 2012 sono state 51 a Bra e 37 ad Alba. Maggiormente coinvolti dalla crisi risultano il settore edile, i parrucchieri e i servizi alla persona. Proprio i settori più rappresentati. Le imprese canalesi associate a Confartigianato, infatti, sono 18 per l’edilizia, 17 per il settore auto, 10 tra parrucchieri e servizi alla persona, 8 elettricisti e 7 idraulici. «Abbiamo perso il 50% di commesse e fatturazione nell’edilizia», reclama Francesco Murru, anche impresario edile. «Ora i maggiori a essere esposti siamo noi delle imprese strutturate, perché dobbiamopagare le tasse sul capitale fermo. Abbiamo rinunciato a tutto finora, siamo rimasti alla sopravvivenza ma non rinunceremo alla dignità». «Siamo amareggiati. La politica sta rovinando l’artigianato. Abbiamo bisogno di un governo che ci tuteli», denuncia Visca. Forse anche per le difficoltà crescenti in cui si dibattono le imprese, l’ufficio di piazza Trento e Trieste, a Canale, punto di riferimento per l’artigianato nel Roero, aperto nel 2000 per venire incontro alle esigenze burocratiche degli artigiani, registra una notevole affluenza; tanto che è stato necessario aumentare il personale da una a due segretarie.

Elena Chiavero

Fabio Canale, idraulico di Priocca: «Occorre rinnovarsi»

«Le difficoltà ci sono ma non mi lamento». L’azienda di impiantistica di Fabio Canale è sulla piazza da vent’anni, lavora soprattutto con le cantine della Langa del Barolo, ha giocato la carta del rinnovamento, vincendo la sua scommessa. «All’idraulica “pura” (impianti, grondaie, vasche) abbiamo affiancato l’installazione di impianti fotovoltaici. Il lavoro, ringraziando il Cielo, non manca dalle 8 alle 20. E nemmeno le emergenze nei festivi. Il problema è farsi pagare. Abbiamo dovuto prendere un avvocato per tutelarci». Forti dell’esperienza e dei corsi di formazione fatti sul fotovoltaico, Fabio e suo padre Valter vedono nell’energia pulita il loro futuro: «Quando erano stati sospesi gli incentivi statali, il lavoro ha subìto una battuta d’arresto. Speriamo che i futuri governi incentivino ancora le energie rinnovabili».

v.p.

«Proprio Confartigianato sembra non venirci incontro»

Margherita è un nome di fantasia. Le sue difficoltà, invece, sono reali, come la sua determinazione a batterle. Margherita fa la parrucchiera da dieci anni, da due si è messa in proprio. Lavora dalle 8.30 alle 18 senza pause. In dieci anni ha visto cambiare il ritmo: rallentato quello delle clienti, sincopato il suo. «Chi prima faceva la piega ogni settimana, viene ogni 15 giorni. Se qualcuno telefona per prenotare in un sabato in cui sono già piena, non lo mando certo via, corro il doppio». Ei soldi sono pochi: «Le clienti sanno che lo shampo al supermercato costa 4 euro, da me 16. E anche se il prodotto è migliore non lo comprano. Io stessa faccio attenzione a fare gli ordini. A volte aspetto, per non avere difficoltà a pagare, perché tra mutuo, bollette, asilo e baby-sitter in cassa, specie in mesi come gennaio e febbraio, quando le scadenze sono davvero tante, resta poco». La burocrazia, poi, fa la sua parte. «Il corso per la prevenzione antincendio, Confartigianato l’ha fissato il giovedì pomeriggio. Per partecipare ho dovuto chiudere il negozio; quello per il primo soccorso l’ho “recuperato” a Carrù, la sera, perché la vigilia dei Santi proprio non potevo permettermi di chiudere. Una norma varata a gennaio dice che il protocollo sui rischi professionali redattomi da un professionista l’anno scorso per diverse centinaia di euro non è più adeguato. Entro giugno dovrà essere approfondito. Il preventivo si aggira intorno ai 700 euro. Non ci voleva».

v.p.

«Prima di vedere i soldi, passano anche cinque mesi»

Hanno lavorato insieme come apprendisti elettricisti per tre anni, poi hanno aperto una loro società a Magliano. Oggi festeggiano 10 annima non vogliono pubblicare i loro nomi. Si sono dati da fare, ogni giorno, hanno puntato su qualità e formazione. Li chiamano in tutto il basso Piemonte a installare impianti fotovoltaici, mafarsi pagare è diventata davvero “un’impresa”. «Passano anche 5 mesi dalla fine del lavoro», dicono. «I prezzi del rame salgono di continuo, la nostra manodopera costa pure meno di tre anni fa; i margini di guadagno sono davvero scarsi». Il futuro? «Un’incognita. Le banche non aiutano e se cessano gli incentivi sul fotovoltaico, sarà davvero dura».

v.p.

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