Il direttore risponde (5 febbraio)

«Buttare il cibo buono è un modo di bestemmiare»

Vorrei fare una considerazione sulla situazione in cui stiamo vivendo, apportando il mio piccolo contributo da cittadina che vede cosa succede intorno a sé. Io lavoro presso una refezione, alcuni giorni la settimana, e vedo buttare via non so quanti kg di roba ancora buona, commestibile, ma a causa di leggi che impediscono il riciclo, chiamiamolo così, neanche un cane del canile o fuori dal portone può assaggiarlo, perché va direttamente nei sacchi neri, insieme a plastica e quant’altro (si curassero almeno di dividere il riciclabile; oramai, però, la manodopera costa e ci vuole tempo e il tempo è denaro). Ho provato un giorno a chiedere avanzi un po’ più saporiti per il mio cane, ma ho faticato davvero a che mi fosse concesso e per tutta risposta la responsabile ha chiuso un occhio, perciò non ho ripetuto nei giorni successivi. Io però mi chiedo (visto che le persone valgono più di un animale), se in certe mense viene ordinato un certo quantitativo di pane, viene messo in tavola, non viene consumato e sporco non è, non sarebbe meglio che venisse raccolto con le dovute precauzioni o semplicemente distribuito per esempio ai centri come quello di via Pola, dove credo faccia comodo, sia cosa gradita e intanto non buttiamo il sudore di chi per fare il pane ha lavorato. Sprecare è un modo di bestemmiare, un modo per non pensare, per andare avanti, tanto domani ce ne sarà altro e altro ancora da buttare, tanto siamo abituati e va bene a tutti, chiudiamo gli occhi. Non è così che deve funzionare. Un giorno ho conosciuto una psicologa che lavorava presso un soggiorno per anziani e svolgeva, assieme ad altri, corsi per ravvivare la giornata a persone che altrimenti morirebbero di noia; anche qui però i fondi erano limitatissimi perciò si faceva o il corso di decoupage, oppure si giocava a qualche cosa di organizzato. Un giorno venne a qualcuno la splendida idea di usare la pastina o il riso per comporre dei quadretti e molti di quegli anziani si rifiutavano, perché in vita loro quella pastina era sempre stata oro, l’avevano sempre dosata perché da mangiare non ce n’era, altroché incollarla sul cartoncino: era blasfemia; altri tempi, però! E se tornassimo a ragionare come allora, quando anche solo una briciola era qualcosa che poteva sfamare, niente si buttava, tutto serviva? forse sarebbe meglio per tutti!

Lettera firmata

Sono d’accordo con l’autrice della lettera. Anche a me dà un senso di fastidio usare per altri scopi ciò che serve per l’alimentazione. A maggior ragione di fronte ai sempre più consistenti sprechi di cibo. Mi sento addirittura in colpa quando non al ristorante non finisco ciò che ho nel piatto (meglio non esagerare con le porzioni)! So benissimo che ci sono dei motivi per non recuperare gli avanzi, per questioni di igiene e anche di costo. Ma qualcosa di più si dovrebbe fare. Non è accettabile che quasi metà del cibo che viene prodotto ogni anno nel mondo vada sprecato e che due miliardi di tonnellate di avanzi finiti nella spazzatura siano ancora commestibili. Ma da cosa dipende questo spreco? Una delle cause è la distanza tra i luoghi in cui si produce il cibo e quelli in cui lo si consuma: oggi quel che mangiamo può venire addirittura dall’altra parte del mondo. Un’altra causa è legata ai diversi passaggi lungo la filiera alimentare: agricoltori, industria della trasformazione, marketing, trasporto, commercianti, supermercati, consumatori. Che cosa si può fare? Intanto dobbiamo crescere nella consapevolezza che lo spreco si può ridurre con una maggiore sobrietà e attenzione da parte di ciascuno; inoltre dobbiamo imparare a riutilizzare e a riciclare. Ecco alcune iniziative concrete che ho individuato: sul sito www.lastminutemarket.it si trovano informazioni su progetti di recupero a favore di enti caritativi e si parla di food sharing, cioè di una rete di condivisione del cibo, a cui si può accedere tramite Facebook. C’è anche un’applicazione chiamata Bring the food, che permette di offrire quanto non si consuma ad associazioni che aiutano i bisognosi. Da poco, infine, è stata lanciata dall’Onu la campagna Think.Eat.Save. proprio contro lo spreco di cibo (tutte le informazioni sul sito www.thinkeatsave.org).

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