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Il Vescovo delle tribù imalaiane

Conclusa la fase diocesana per la causa di beatificazione di mons. Oreste Marengo, un nutrito gruppo di concittadini di Diano e il sottoscritto parteciperanno alla solenne celebrazione che si terrà nella Cattedrale di Tura, nel Nord-Est dell’India a metà febbraio.

Chi era mons. Marengo

Nato a Diano nella frazione “le Cecche” il 20 agosto 1906, morto a Tura (Meghalaya – India) il 30 agosto 1998. Un suo fratello, don Giuseppe Marengo, fu parroco di Albaretto della Torre. Dopo aver frequentato i corsi ginnasiali a Torino Valdocco, nel 1923 chiede di partire per le missioni. Venne destinato all’India, dove giunse nel dicembre di quello stesso anno. In India completò il percorso formativo, fu ordinato presbitero nel marzo 1932. Il suo campo di lavoro, come sacerdote prima e come Vescovo poi, fu tra le tribù himalayane. Lavoratore instancabile, zelante e generoso, grande umanità, fede solida e passione per la causa del Vangelo sono alcuni tratti della personalità di questo grande missionario. Per servire e comunicare meglio con la sua gente impara tutte le lingue delle varie popolazioni locali. Anni formidabili quelli che lo videro apostolo itinerante nei distretti di Kamrupe di Goalpara. Dai superiori ricevette anche l’incarico di maestro dei novizi e responsabile dello Studentato filosofico di Sonada. Durante la guerra passò qualche tempo in campo di concentramento. Dopo la liberazione don Marengo riprese il suo impegno apostolico con maggiore slancio ed entusiasmo.

Vescovo tra la gente

Nel 1951 venne consacrato Vescovo. Fu la signora Vittoria Destefanis, la mamma di don Emilio Stella, cancelliere emerito della nostra Diocesi, a confezionargli l’abito. A Dibrugarh, la sua sede, mette a disposizione le sue doti di pastore e di guida di una popolazione cristiana in grande crescita. Nel 1964 viene chiamato a dare slancio a un’altra Diocesi, quella di Tezpur. Gli impegni costanti che caratterizzano il suo ministero di Vescovo missionario, dedito alla sua gente e da essa riamato sono: la cura dei catechisti, la formazione dei suoi collaboratori, la visita ai numerosi villaggi per incoraggiare, promuovere iniziative, amministrare i sacramenti, orientare i grandi convegni annuali delle comunità cristiane. In un vasto territorio con zone diverse, lunghi e massacranti viaggi per rintracciare i pochi cristiani, sparsi nelle immense piantagioni di the, tra colline con boscaglia e foresta per dare vita a nuove comunità. Viaggi in battello, su carri trainati da bufali, a dorso di elefante,ma il più delle volte a piedi, sotto un sole cocente e violenti acquazzoni, durante la stagione delle piogge, che trasformavano le zone di pianura in un immenso acquitrino limaccioso in cui si affondava spesso fino al ginocchio. Il tutto tormentato dalle zanzare apportatrici di malaria. Tutti i missionari di quel tempo ne hanno fatto esperienza insieme alle sanguisughe. Prima che con la Parola la sua vita di povertà e di sacrificio, la contagiosa gioia, tipica dei Salesiani, testimoniò il Vangelo di Gesù. Molti in quella regione vi aderirono. Mette a disposizione della terza Diocesi himalayana che gli viene affidata, quella di Tura, la stessa intelligenza pastorale e missionaria. La tragedia dei profughi dai villaggi e regioni limitrofe, dei lebbrosi, dei mendicanti è la spina più dolorosa al suo cuore di pastore, che non sempre ha i mezzi per andare e dare risposte a tante sofferenze e necessità. Mala gente lo sa, lo sente accanto e gli vuole bene. Le Diocesi che lo hanno avuto come pastore hanno avuto uno sviluppo straordinario. Dopo le dimissioni per limiti di età, come è prassi nella Chiesa, mons. Marengo mette a disposizione di religiosi, suore, preti e operatori pastorali la sua grande esperienza di uomo di Vangelo. Carico di anni e di saggezza, confortato da un lavoro missionario che continua a dare frutti fecondi, mons.Marengo si spegne nella sua Tura, nel Meghalaya indiano, alla veneranda età di 92 anni. È vivissima la memoria di lui tra la gente delle tre Diocesi che ha fondato e servito.Tra loro non ha tanto esercitato autorità, quanto donato autorevolezza amando con la sua vita di “servo di Dio”.

Don Gino Chiesa

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