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L’Italia è affetta da tribalismo

Leggendo il passato, il presente è svelato. Mosso da questa convinzione Paolo Mieli, storico, giornalista, in passato direttore della Stampa e del Corriere della sera, ora a Rcs libri, ha illustrato il quadro della politica italiana del terzo millennio. A Fontanafredda, Serralunga, per la fondazione E. di Mirafiore, dopo un excursus di carattere storico – dall’Unità ai giorni nostri – ha discusso con il pubblico a proposito delle «anomalie della politica italiana».

Mieli, quale problema affligge la politica italiana?

«In Italia la politica è colpita da alcune tossine scatenate dalla lotta e dal trasformismo tra i vari partiti. Rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo, la Penisola ha assistito a un succedersi dei governi per mezzo di votazioni (senza cioè una rottura politica nata in Parlamento) per la prima volta nel 2001. Tutti gli altri passaggi di testimone da un presidente del Consiglio all’altro sono avvenuti a causa del movimento di un partito minore verso l o s c h i e r a – mento opposto. Si pensi a Prodi o Mastella piuttosto che agli interventisti durante la prima guerra mondiale. La verità è che in Italia non esiste la compattezza dei partiti, né la coerenza reciproca».

Quale ricetta propone?

«Credo che l’amministrazione del nostro Paese sia caratterizzata da una forma di tribalismo: gli oppositori effettuano riti voodoo contro i cosiddetti nemici politici, creano dei blocchi capaci di paralizzare il Paese: il fine è scavalcare la maggioranza nelle successive elezioni. L’Italia ha bisogno di riforme, per questo reputo che la terapia consista nel trovare un punto di incontro, nell’ascoltare chi vota e chi rappresenta un partito diverso evitando l’odio».

Come reputa la nascita dei neomovimenti antipolitica?

«Come accade in ogni epoca di rottura, di crisi economica o politica, si assiste alla nascita di movimenti antagonisti, antisistema. Tali aggregazioni spontanee non accettano alcun tipo di alleanza, in quanto propensi al contrasto universale. La Lega nord dei primi anni ’90, e il Fronte dell’uomo qualunque del dopoguerra, appartenevano alla stessa categoria politica del Movimento 5 stelle. In un contesto instabile i semplici credono che con una propaganda efficace e sgomitante sia possibile attirare la maggior parte dei cittadini dalla propria parte. Tuttavia, come è già accaduto in passato, è chiaro che gli elettori tireranno un calcio al tavolo al quale si siedono i partiti che non sarebbero in grado di amministrare. Trovo alcune proposte (del M5s, ndr) inaccettabili. Quando vorranno uscire dall’Europa, mi auguro di non essere presente».

Marco Viberti

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