Rolfo: esteso il contratto di solidarietà

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LAVORO Rolfo ha esteso ad altri 143 dipendenti il contratto di solidarietà, che era stato applicato a 75 operai a novembre. Fine dell’inverno amara, quindi, per 218 lavoratori della storica azienda braidese specializzata nella produzione di bisarche che, a inizio gennaio, vedendo che il provvedimento annunciato a ottobre per l’inizio dell’anno non veniva applicato, avevano sperato per il meglio. Le commesse ricevute, in effetti, avevano permesso di saturare l’orario di lavoro fino al termine del mese scorso, ma il mercato altalenante ha infine reso necessaria l’applicazione del principio “lavorare meno per lavorare tutti ”, alla base del contratto di solidarietà.

E il provvedimento è stato sottoscritto in Provincia giovedì 7 febbraio, in accordo con le sigle sindacali. Per i lavoratori dell’azienda metalmeccanica si prevedono mesi incerti, tuttavia non bui.

Fa chiarezza Pina Mosca, componente della segreteria provinciale della Fiom Cgil: «L’azienda prevede l’arrivo di nuove commesse e il ripristino dell’orario pieno di lavoro, ma non ha certezze circa i tempi». Lo sguardo è rivolto al mercato estero, verso il quale Rolfo, attiva da 120 anni, ormai destina la maggior parte della produzione. Ancora Mosca: «Il comparto automobilistico e dell’autotrasporto a cui Rolfo si rivolge è, in Italia, in una fase di drammatico stallo. A ciò si aggiunge la crisi di liquidità che attanaglia il mercato italiano ».

La segretaria della Fiom traccia un profilo che si estende ben oltre i confini braidesi e la situazione corrente: «La crisi di liquidità si riverbera da clienti a fornitori ed è aggravata dal giro di vite che le banche hanno imposto al credito. L’economia fiorente della Granda era sostenuta da un positivo rapporto di fiducia tra imprese e istituti di credito, i quali permettevano di accedere a fidi con relativa facilità. Ora l’orientamento delle banche è ben diverso e le aziende pagano salato il conto, anche in termini di sfiducia psicologica. La legge che impone il pagamento a 60 giorni è quasi mai rispettata. Ci sono casi di imprese che, pur avendo commesse, non riescono ad approvvigionarsi delle materie prime necessarie. In 35 anni di esperienza sindacale ho mai visto una situazione così stagnante».

Uno stallo che si riflette sull’atteggiamento dei lavoratori. Mosca illustra: «Quando è entrato in crisi il comparto tessile – e in zona abbiamo assistito a chiusure imponenti, come quella di Facis o di alcuni stabilimenti Miroglio – le lavoratrici che perdevano il posto avevano speranze di essere assorbite in altri settori. E il posto di lavoro del marito garantiva una certa sicurezza. Ora la precarietà e la crisi diffusa in tutti i comparti genera meccanismi di autoconservazione e frammenta la posizione dei dipendenti. Con risultati che, in prospettiva, non saranno a loro vantaggio». Un esempio? La sindacalista non esita: «Sulla scrivania ho una pila di fax e segnalazioni, tutte simili. La settimana scorsa ho incontrato i lavoratori di un’azienda roretese specializzata in impianti elettrici e fotovoltaici. Sono una quarantina, da sei mesi non percepiscono lo stipendio. Confidano nell’unico lavoro che hanno, ma il disagio è crescente ».

Valeria Pelle

Langhe e Roero con il fiato corto

«Emerge una situazione gravissima per il lavoro, anche se le nostre zone, e la nostra provincia, presentano un tessuto produttivo più solido rispetto ad altri. Parlerei di emergenza occupazionale del nostro territorio». Questo l’esordio di Massimiliano Campana, neosegretario provinciale della Cisl Cuneo. Così la crisi bussa definitivamente alle porte di Langhe e Roero. Quello che dal 2008, inizio della crisi globale, ci sembrò un problema distante dalle nostre famiglie e dalle nostre aziende adesso trova terreno fertile anche da noi. E se non tutti i settori risentono in egual maniera della difficoltà, la situazione si è parecchio aggravata negli ultimi mesi creando preoccupazioni da non sottovalutare, rimpolpate anche dalle previsioni sul termine e sul perdurare della contrazione che ci sta investendo. Secondo i dati forniti dalle sigle sindacali, la cassa integrazione è aumentata notevolmente negli ultimi anni (24% solo nel mese di dicembre). Partendo da oltre due milioni di ore circa del 2008, sono esplose nel 2009, raggiungendo quota quattordici milioni; il 2010 ha visto una stabilità di ore rispetto agli anni passati che ha preceduto un calo nel biennio 2011-12. «Ma attenzione», spiega Massimiliano Campana, «il calo delle ore di cassa non è un fatto positivo, perché segna l’ingresso di molti di questi lavoratori nelle liste di mobilità, o addirittura denota licenziamenti, causa fallimenti o cessazione delle attività». Il settore metalmeccanico è il più colpito. «La crisi è arrivata più lentamente qui da noi», sostiene Barbara Tibaldi, segretaria provinciale della Fiom-Cgil. «Chi fa prodotti di qualità sta reggendo meglio, ma settori come la siderurgia, o la costellazione di imprese dell’indotto automobilistico si trovano in ginocchio. Questo sta portando a un fenomeno a noi sconosciuto sino a poco tempo fa: una moria di piccole aziende». Anche il settore alimentare, ultimo baluardo della tipicità della nostra zona, sta arrancando. «Stiamo soffrendo», ribadisce l’albese Alberto Battaglino, segretario provinciale della Uila-Uil Cuneo, «meno però di altri settori. Tuttavia abbiamo registrato negli ultimi sei mesi criticità nei pagamenti, da parte di aziende dell’albese, nei confronti di alcune mensilità ai propri lavoratori. Sempre più spesso nelle assemblee a cui ho preso parte ho visto gente disperata che ci ha confessato di non avere più soldi a sufficienza. Qualcosa va fatto al più presto anche perché quotidianamente vediamo uscire dal mercato del lavoro molte persone e ci chiediamo quando e come potranno rientrare».

Cristian Borello

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