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Giù le mani dal punto nascite

SANITÀ Non tagliate i servizi sanitari. Questo, in estrema sintesi, l’appello lanciato sabato nel corso del Consiglio comunale aperto convocato nel teatro Politeama di Bra per difendere il punto nascite dell’ospedale Santo Spirito, che la Regione ha deciso di chiudere.

Ad aprire la seduta, che ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di rappresentanti delle istituzioni, il sindaco Bruna Sibille, che ha definito l’ipotesi di chiusura del punto nascite un «campanello d’allarme fortissimo», nella consapevolezza che si tratta di «un primo ma decisivo tassello per smontare un quadro d’insieme che non riguarda il singolo campanile, ma ha una valenza dirompente su tutta la sanità del territorio».

Sullo sfondo dell’assemblea una serie di pensieri condivisi: innanzitutto la convinzione che la chiusura della struttura, oltre a non garantire risparmi consistenti, causerebbe enormi disagi all’utenza. In secondo luogo, il malcontento diffuso (espresso tanto dal sindaco di Alba Maurizio Marello attraverso una lettera, quanto dal primo cittadino di Santa Vittoria Marzia Manoni in rappresentanza dei Comuni dell’Asl Cn 2) per un territorio che continua a essere penalizzato nonostante le scelte virtuose fatte. Quindi il timore che l’entrata in funzione dell’ospedale di Verduno finisca con lo spostarsi sempre più avanti nel tempo. Infine, la necessità di riaffermare come Alba e Bra abbiano già oggi un ospedale unico, che semplicemente ha due sedi.

«L’ospedale di Bra non può trasformarsi lentamente in quello di Alba. Le due strutture dovranno invece convergere in quello di Verduno».

I patti vanno rispettati. Negli interventi di tutti, a cominciare da quelli dei rappresentanti della maggioranza e minoranza consiliare braidese Cesare Ferro e Federico Dellarossa, è risuonato un monito: «Al momento in cui si decise di rinunciare agli ospedali di Alba e Bra per dare vita a una struttura unica, la Regione promise di lasciare inalterati i servizi sanitari dei due nosocomi fino all’entrata in funzione della nuova struttura di Verduno. Questo impegno deve essere rispettato».

«Si riteneva un impegno preso da galantuomini. Se questo non viene rispettato significa che i galantuomini erano solo da una parte», ha rincarato la dose il consigliere provinciale Pio Giverso, intervenuto insieme al collega Massimo Somaglia. Giverso ha rivelato di aver predisposto un ordine del giorno con il quale si chiede alla Provincia di Cuneo di prendere posizione in difesa dell’ospedale di Bra.

Occorre un cronoprogramma. L’assessore provinciale Roberto Russo, intervenuto anche in rappresentanza della presidente Gancia, ha sottolineato la necessità di muoversi sulla base di dati certi: «Vista la difficile situazione economica della Regione, che vanta un debito di ben 11 milioni di euro, è necessario si proceda alla stesura di un cronoprogramma che indichi chiaramente quali saranno le risorse messe a disposizione da Torino per il nuovo ospedale e quando questo entrerà in funzione. Solo così potremo decidere come muoverci».

Anche i privati all’attacco. A esprimere la loro contrarietà rispetto alla decisione della Regione anche i rappresentanti di due associazioni private che seguono da vicino il destino della sanità braidese. A salire sul palco è stato innanzitutto Domenico Dogliani, rappresentante di Confindustria Cuneo nel Comitato di salvaguardia dell’ospedale di Bra, che ha rivelato di aver personalmente scritto al neoassessore regionale alla sanità Ugo Cavallera invitandolo a fare pressione affinché la giunta Cota torni sui suoi passi. È toccato poi a Dario Rolfo, rappresentante della Fondazione nuovo ospedale unico, che in 4 anni ha raccolto ben 11,5 milioni di euro a sostegno del progetto di Verduno. «Giungono messaggi allarmanti sulla situazione dei due ospedali», ha detto Rolfo. «Faremo di tutto perché non si arrivi ad avere un ospedale nuovo ma non avere dei servizi da metterci dentro».

Occorre nominare il direttore dell’Asl. Nel suo intervento conclusivo il dott. Francesco Morabito, direttore sanitario e guida pro tempore dell’Asl Cn 2, ha ribadito la necessità che Torino nomini al più presto il nuovo direttore generale dell’Azienda: «È necessario che vi sia un nuovo direttore il quale possa confrontarsi costantemente con la Regione, perché si tratta di una partita davvero complessa».

Roberto Buffa

Rostagno e Gregorio un po’ controcorrente

In assenza dell’assessore Cavallera e dell’albese Alberto Cirio, a rappresentare la Regione c’erano i consiglieri Giovanni Negro, Elio Rostagno e Federico Gregorio. Proprio da questi ultimi, che hanno comunque condiviso la necessità di tutelare i servizi dei due ospedali esistenti, è venuta una parziale difesa delle scelte fatte a Torino. Così Rostagno: «Sono d’accordo con il sindaco Sibille nel ritenere che se si riduce un servizio la gente si rivolgerà altrove e quindi sarà difficile recuperarla. Così facendo si rischia di impoverire in partenza il nuovo ospedale di Verduno. Tuttavia bisogna considerare che in Italia il numero di parti che avvengono in reparti al di sotto delle 500 nascite all’anno è molto basso, perché in strutture così piccole i rischi aumentano. Chiudere questi reparti non è solo una questione di costi, ma anche di sicurezza». Per Federico Gregorio, che pure si è detto contrario allo smantellamento dei servizi sanitari, «bisogna essere consci della situazione estremamente difficile della sanità piemontese. Gli accordi presi in passato vanno rispettati, ma oggi la situazione economica è molto diversa rispetto al 2002».

Se chiude Bra, rischia anche Alba

Se Atene piange, Sparta non ride. Il motto millenario trova applicazione anche in questa particolare situazione. Così ha spiegato nel suo appassionato intervento Giovanni La Motta, sindacalista Uil tra le file dei dipendenti dell’Asl: «Se la Regione chiude il punto nascite di Bra ne soffrirà anche l’ospedale di Alba. Il punto nascite albese, infatti, non è in grado di assorbire in toto i 350-400 parti che mediamente avvengono sotto la Zizzola. Al massimo potrà salire di 150-200 unità. Questo significa che Alba, da sola, non è in grado di superare la quota minima dei mille parti all’anno fissata dal Piano sanitario regionale e che quindi rischia a sua volta». La Motta si è poi scagliato contro le scelte fatte dall’Amministrazione regionale: «È facile fare una politica di risparmio lasciando a casa i lavoratori e tagliando i servizi. Ma di questo passo mi chiedo perché i cittadini dovrebbero continuare a pagare le tasse. I risparmi vanno fatti riducendo le poltrone».

L’assessore Cavallera dà rassicurazioni

Rassicurazioni arrivano dall’assessore regionale alla sanità, Ugo Cavallera, sul futuro della sanità nella nostra zona. Mercoledì l’esponente della giunta Cota ha ricevuto i sindaci di Alba, Maurizio Marello, di Bra, Bruna Sibille, di Sommariva del Bosco, Andrea Pedussia, di Santa Vittoria, Marzia Manoni e l’assessore della Provincia di Cuneo, Roberto Russo.

Al centro del colloquio il futuro dell’ospedale unico di Verduno e il mantenimento dei servizi sanitari sul territorio. «L’ospedale unico di Alba-Bra rappresenta uno degli esempi di razionalizzazione e di accorpamento che i territori hanno saputo attuare. C’è la volontà di sbloccare la situazione e di individuare un percorso che riavvii i lavori per dotare la zona di una struttura moderna ed efficiente», ha dichiarato Cavallera.

L’Assessore ha anche rassicurato i sindaci presenti all’incontro sull’intenzione della Giunta di procedere in tempi brevi alla nomina del nuovo direttore generale dell’Asl Cn2. Il sindaco di Bra Bruna Sibille: «Visto che lavoriamo già come un ospedale unico, i numeri di Alba-Bra ci permettono di mantenere il punto nascite braidese.Non è una questione di campanilismi. D’altra parte a suo tempo ci era stato garantito che, in attesa dell’attivazione del nuovo nosocomio di Verduno, non sarebbero stati ridotti i servizi».

d.l.

 

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