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La bagna caoda del PAPA

L’INTERVISTA Suor Annunziata – Lidia Maria Pelassa – è una Giuseppina in missione in Argentina da oltre quarant’anni. D’origine roerina, la religiosa mantiene con la nipote, Claudia Riccardo, direttrice della casa di riposo di Montà, un vivace rapporto carico d’affetto, alimentato via posta elettronica. È così che, parlando di anziani con la direttrice Riccardo, Gazzetta arriva… a papa Bergoglio. La strada non è lunga ed è costellata dei sorrisi di due donne – la suora e la direttrice – e di un Vescovo. Suor Annunziata ci svela infatti il carattere piemontese dell’attuale Pontefice, nel bel ricordo degli anni in cui era a Buenos Aires.

 

Quanti anni ha suor Annunziata? Da quanto tempo si trova a Buenos Aires?

«Sono nata a San Rocco di Montà e sono una delle tante pronipoti di monsignor Tommaso Casetta, che fu parroco per molti anni nel Duomo di Alba. Da 44 anni sono in missione: 37 li ho trascorsi in Argentina, 7 in Brasile e da un mese sono di nuovo in Argentina, destinata al Sud di Cordoba nella città di Jovita».

Suor Annunziata, di che cosa si occupano in Argentina le Suore giuseppine?

«Siamo in Argentina dal 1951, svolgendo la nostra missione a Buenos Aires, nella provincia di Cordoba e Formosa. Siamo al servizio dei poveri con un lavoro di promozione umana, catechismo, attenzione ai bambini, giovani, formazione dei leader e dei gruppi di preghiera nel campo pastorale della parrocchia».

Dovete affrontare molti problemi?

«Dobbiamo, in primo luogo, superare le difficoltà della cultura, cercando di inserirci per accompagnare nel cammino le persone, tanto a livello umano che spirituale, secondo gli orientamenti della Chiesa locale, adattandoci alle esigenze della società d’oggi e aiutando le persone a risolvere i loro problemi e formandole nella crescita della fede e dei valori cristiani».

A Buenos Aires ha avuto modo di conoscere l’attuale papa Francesco?

«Abbiamo avuto occasione d’incontrarci personalmente con monsignor Jorge Mario Bergoglio quando era vescovo ausiliare della Vicaria di Flores, della quale facevamo parte. Sempre abbiamo valutato la sua profonda spiritualità, semplicità e apertura con cui comunicava con tutti i settori della comunità».

Come svolgeva la sua opera il futuro Papa?

«Era una persona molto aperta, con una visione del futuro ottimista. Non aveva paura di mettersi nel rischio quando era necessario fare il bene ed era sempre disposto a camminare accanto alle persone e mischiarsi con la gente con molta umiltà, semplicità e coraggio».

Aveva a cuore le sue radici piemontesi?

«Ogni volta che si incontrava con noi, sapendo che eravamo italiane, era felice di sottolineare origini e radici piemontesi, era orgoglioso di esserlo, soprattutto gli piaceva anche “balbuzziare” qualche parola in piemontese».

Può raccontare qualche aneddoto?

«In uno di questi incontri si è autoinvitato a condividere con la nostra comunità la tradizionale “bagna caoda”, che era da lui molto apprezzata. Forse lo portava a rivivere i momenti più belli dell’infanzia, quando viveva con i nonni. Sempre ha dato testimonianza di coerenza tra ciò che insegnava e l’austerità della sua vita. Lo si poteva incontrare spesso per strada, camminava velocemente per spostarsi con i mezzi pubblici. Nel suo andare di qua e di là salutava tutti con un bel sorriso aperto, accarezzando i bambini che incontrava».

Com’è stata vissuta in Argentina l’elezione a Vescovo di Roma?

«Per gli argentini, l’elezione del cardinale Bergoglio a Papa, oltre essere una sorpresa, è stata vissuta con orgoglio. Siccome gli argentini sono molto espansivi hanno festeggiato con gioia questo evento con feste nei diversi gruppi, municipi, chiese e famiglie».

Maria Grazia Olivero

DA ASTI: in Francesco si riconosce il Piemonte

Alcuni documenti inediti, presentati nei giorni scorsi all’Archivio di Stato di Asti, gettano nuova luce sulle radici italiane di papa Francesco. Veri e propri «lampi di vita»,comeli definisce il sindaco di Asti Fabrizio Brignolo, capaci di «illuminare le radici di una famiglia e di un grande uomo». Tra gli scaffali impolverati dell’anagrafe cittadina, dell’Archivio storico e dell’Archivio di Stato si scopre così che il nonno dell’attuale Pontefice, Giovanni Bergoglio, nato in piena campagna astigiana nel 1884, era contadino,masi trasferì in città per trasformarsi in commerciante e far studiare il figlio Mario. Una storia di sacrifici, che porta il nonno del futuro Papa a cercare l’emancipazione sociale a Torino, dove conosce e sposa Rosa Vassallo, e poi a ritornare ad Asti. Non più in campagna, ma in pieno centro, dove fa il caffettiere, poi il portinaio di una clinica chirurgica, quindi il titolare di un negozio. Un’ascesa sociale ed economica, «ma sempre tenendo i piedi per terra come si usa da queste parti», precisa il primo cittadino di Asti. Tanto che il papà del Pontefice viene avviato alla Scuola tecnica: quella di primo livello Brofferio, poi la Leonardo Da Vinci per il corso superiore, dove nel 1926 consegue l’abilitazione nell’indirizzo commerciale, che equivale al diploma da ragioniere di oggi. Tre anni dopo, nel 1929, la famiglia emigra in Argentina. Conclude Brignolo: «Noi astigiani, che vediamo al soglio di Pietro la sobrietà, il garbo, la serietà che traspare dai comportamenti di papa Francesco, riconosciamo i caratteri propri del nostro modo di essere e abbiamo modo di ritenere che almeno in parte siano il frutto della maturazione e dei valori assunti negli anni dell’adolescenza del padre».

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