Il TARTUFO vale 50 milioni

Tartufo e legge, se ne discute al tavolo del Ministero

ECONOMIA A quanto ammonta l’indotto generato in Piemonte dal tartufo? Lo abbiamo chiesto all’assessore regionale alla tartuficoltura Alberto Cirio, il quale ha risposto menzionando il “fattore 20”, secondo cui ogni euro generato dal consumo sul territorio piemontese del fungo più noto al mondo ne porta altri 20 nell’ambito dell’economia turistica. Dal suo ufficio torinese ci spiega che il teorema trova la sua dimostrazione nei numeri: «Nel periodo del tartufo arrivano sulle colline di Langhe e Roero circa 65 mila turisti, che soggiornano complessivamente per circa 140 mila giornate di vacanza enogastronomica. Ogni giornata, secondo i dati certificati dall’Università di Torino, produce un fatturato di 178 euro. Quindi, il turismo della stagione del tartufo, considerando solo Langhe e Roero, fattura 25 milioni di euro, a cui bisogna aggiungere i proventi generati da coloro i quali soggiornano in altre aree piemontesi, dagli escursionisti di giornata e dalla decina di weekend a vocazione tartufigena, che in tutto valgono altri 25 milioni di euro. Immaginando poi che le “grattate” a tavola, vendute mediamente al costo di 25 euro l’una, producano un guadagno di circa 2 milioni di euro, si evince che il fatturato per le imprese piemontesi si aggira intorno ai 50 milioni di euro. Se si pensa che l’“investimento” iniziale è di poco superiore ai 550 mila euro, finanziato dal pagamento da parte dei trifolao del tesserino – 140 euro l’anno – si deduce la resa».

Più difficile da calcolare, ma altrettanto importante, è il valore del brand: secondo i dati in possesso della Regione, il tartufo bianco d’Alba è tra i primi cinque marchi italiani di eccellenza, insieme a Ferrari, Barolo, Brunello e alcune firme della moda.

Enrico Fonte

Una Consulta per la trifola

Salvaguardare e valorizzare il tartufo del Piemonte. Sono gli obiettivi che si pone la Consulta per la valorizzazione del patrimonio tartufigeno piemontese, istituita con l’ultima legge regionale sul tartufo e insediatasi – a Vezza – mercoledì 15 maggio. «Una sede non casuale, vista l’importanza che riveste il paese roerino nell’ambito della promozione del tartufo», ha motivato l’assessore regionale al turismo e alla tartuficoltura, Alberto Cirio, il quale, nella Consulta da lui presieduta, sarà affiancato da Bruno Barosio (Provincia di Alessandria), Paolo Guercio (Provincia di Asti), Paolo Balocco (Provincia di Cuneo), Gianfranco Righero (Provincia di Torino), Agostino Aprile e Pierantonio Botto (Unione delle associazioni dei trifolao piemontesi), MauroCarbone (Centro nazionale studi tartufo), Antonietta Mello (CnrIstituto protezione delle piante), Giovanni Marco Girò (organizzazioni agricole) e Vincenzo Coccolo (Regione Piemonte).

Il neonato organo consultivo è una sorta di agenzia regionale del tartufo a costo zero – in quanto non prevede rimborsi o gettoni di presenza per i suoi componenti – che, riunendosi almeno una volta ogni due mesi, dovrà elaborare un piano di attività per la tutela e la valorizzazione delle pepite sabaude. Attività che verranno finanziate con le risorse derivanti dal pagamento dei tesserini di idoneità alla raccolta dei tartufi. «Finora questi proventi sono finiti nel grande calderone del bilancio regionale. Grazie alla nuova legge regionale, ciò non accadrà più e l’utilizzo dei 550 mila euro versati ogni anno dai circa 4 mila trifolao piemontesi sarà vincolato alla valorizzazione del patrimonio tartufigeno, cosa che garantirà, senza gravare sui bilanci pubblici o sulle tasche dei cittadini, risorse certe a un settore fondamentale per l’economia turistica del Piemonte», ha sottolineato l’Assessore regionale.

Formalmente, a effettuare gli investimenti del piano sarà l’Ipla (Istituto per le piante da legno e l’ambiente) in collaborazione con il Centro nazionale studi tartufo con sede ad Alba,ma a tracciare le linee guida sarà la Consulta, che ha già introdotto novità, tra cui quella di impiegare il 40 per cento del gettito prodotto dal pagamento dei tesserini come indennizzo a favore di quei proprietari di alberi tartufigeni che si impegneranno a salvaguardarli, ricevendo per ogni pianta curata e preservata un contributo di 78 euro. Il restante 60 per cento verrà suddiviso in parti uguali per tutelare le tartufaie, supportare le fiere, implementare i controlli e per sostenere presso l’Unesco la candidatura della cultura tartufigena a patrimonio mondiale dell’umanità. Tra le novità introdotte dalla Consulta anche quelle del calendario di raccolta: il tartufo bianco potrà essere raccolto dal 23 settembre e non più dal 15, come avvenuto fino a oggi, mentre le ricerche per il tartufo nero estivo (scorzone) potranno partire il primo giugno, in anticipo rispetto al 15 attuale.

e.f.

Cultura tartufigena, patrimonio dell’umanità Unesco

Mauro Carbone, direttore del Centro nazionale studi tartufo e dell’Ente turismo di Alba.

Carbone, come giudica la nascita della Consulta per la valorizzazione del patrimonio tartufigeno piemontese?

«È fondamentale, al fine di tutelare e valorizzare in maniera efficace questo prodotto, riuscire ad attuare politiche comuni, capaci di superare confini e campanilismi territoriali. Credo pertanto che la notizia della costituzione della Consulta sia positiva, anche solo per il fatto di essere riusciti a far sedere intorno allo stesso tavolo tutti i soggetti coinvolti nella filiera del tartufo».

È giusto partire dalla difesa delle aree tartufigene e dagli indennizzi?

«L’aspetto significativo è che le azioni di valorizzazione interesseranno da vicino le associazioni di trifolao, i quali, nell’ambito dell’adozione di tartufaie, saranno responsabilizzati a tutelare la qualità dell’ambiente nel quale lavorano, aspetto chiave per poter giungere a un prodotto riconosciuto internazionalmente come un’eccellenza».

A proposito di eccellenza, il tartufo verrà candidato a patrimonio dell’Unesco?

«La nostra intenzione è di presentare una candidatura “immateriale” della cultura tartufigena, intesa come un qualcosa di magico, unico e irripetibile nel suo genere. Siamo solo all’inizio dell’iter – che potrebbe prolungarsi per circa tre anni – ma dovremmo avere un primo riscontro dal Ministero già a giugno».

La raccolta del tartufo bianco partirà più tardi. Che cosa ne pensa?

«Il Tuber magnatum Pico, a livello qualitativo, offre il meglio di sé in autunno e, visto il clima quasi “estivo” fatto registrare negli ultimi anni a metà settembre, ritengo il rinvio dell’apertura al 23 settembre opportuno».

Da anni il Governo sta lavorando a una nuova legge nazionale sul tartufo, capace di mandare in pensione quella datata 1985. Ci sono novità?

«Proprio nessuna. Pensi che sul sito Internet del Parlamento italiano compare ancora la Commissione agricoltura della passata legislatura, conclusasi lo scorso marzo».

e.f.

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