Estate calda per il Moscato

Agricoltori e industriali divisi sulle rese
La vendemmia di Moscato in località Valeriano, a Treiso, nelle vigne di Alberto Drago.

MOSCATO Le discussioni in casa Asti e moscato non finiscono mai. Da qualche settimana sono ripresi gli incontri della Commissione paritetica con l’obiettivo di definire il prezzo e la resa a ettaro per la vendemmia 2013 (ne parla Fabio Gallina nel box in alto a destra, nda). Ogni anno, sembra che debbano decidere presto, ben prima della vendemmia. Poi, in realtà, si arriva a pochi giorni dall’inizio della raccolta con l’accordo che fa fatica a concretizzarsi.

Anche nel 2013 sembra tornare lo stesso cliché degli anni passati. Alcune riunioni si sono svolte,male posizioni sembrano lontane, anche se in fatto di prezzo la decisione dovrebbe essere già presa, visto che l’accordo 2012 dava indicazioni anche per quest’anno.

La vendemmia di Moscato in località Valeriano, a Treiso, nelle vigne di Alberto Drago.
La vendemmia di Moscato in località Valeriano, a Treiso, nelle vigne di Alberto Drago.

A creare divergenze sembra essere la resa a ettaro: le case spumantiere avrebbero proposto 95 quintali di uva (lontani dai 108 del 2011 e 105 del 2012), ma i rappresentanti dei viticoltori sono su una posizione di attesa. Temono che anche questa resa possa essere esagerata rispetto alle tendenze del mercato, che non è certo in condizioni smaglianti.

La stessa parte agricola sembra divisa al proprio interno: si parla di grandi manovre che coinvolgerebbero a vari livelli i diversi gruppi con forti novità all’orizzonte che potrebbero scompaginare l’attuale equilibrio. Qualcuno ipotizza che sia giunta l’ora di cancellare le posizioni confessionali. Preoccupa il fatto che le situazioni economiche e produttive di chi opera attivamente nel settore possano passare in secondo piano.

Nel frattempo, torna a far parlare di sé la questione del Comune di Asti nella zona di origine della docg “Asti”. A seconda di chi vince la battaglia, il Comune entra o esce da tale zona. L’ultima mossa sembra essere quella del 22 luglio, quando un nuovo decreto del Ministero delle politiche agricole ha ritenuto che l’inserimento del Comune di Asti sia stato fatto in maniera impropria in quanto non si configurerebbe come correzione del disciplinare di produzione bensì come aggiornamento. Adesso si attende la pronuncia del Consiglio di Stato al quale si è rivolta l’azienda Zonin, titolare dei vigneti che potrebbero beneficiare di questa inclusione. Sarà o meno un altro stadio della telenovela?

All’orizzonte si profila la ferma presa di posizione della Regione Piemonte, che manterrebbe operativo il blocco delle iscrizioni alla docg Asti, vanificando di fatto ogni ampliamento della zona di origine.

Ma ci sono altri motivi per contendere, in particolare legati a due proposte sul tappeto che stanno provocando discussioni e logorando i rapporti. Prima di tutto, la proposta di Giovanni Bosco di riesumare la tipologia “Moscato d’Asti spumante” per sfruttare anche in ambito spumantiero l’appeal della parola “Moscato”. Le voci contrarie non si sono fatte attendere e vedono nella nuova tipologia un’ulteriore complicazione della denominazione.

Da ultima è giunta l’ipotesi di Francesco Giaquinta, direttore dell’Unione agricoltori di Asti, che in nome del medesimo obiettivo propone di creare un nuovo comparto produttivo a base di Moscato, non doc e non docg. Anche in questo caso, non mancano i dubbi e le preoccupazioni.

C’è chi ipotizza di legare quest’idea allo stesso potenziale produttivo dell’Asti, indicando in 132 quintali di uva per ettaro una resa costante anno per anno, da suddividere tra l’attuale quota a denominazione di origine (tra 90 e 110 quintali) e quella rimanente destinata a produrre vini da commercializzare solamente come varietali con il riferimento al vitigno moscato.

I dubbi più forti riguardano la reale capacità degli attuali vigneti dell’Asti di sobbarcarsi una produzione di tale portata. I più temono che non la possano supportare, perché vecchi e logorati da un lungo blocco degli impianti che ha di fatto invecchiato questo patrimonio produttivo.

Ci vorrebbe, in una situazione così, una forte presa di posizione da parte di chi dovrebbe gestire la denominazione, vale a dire il Consorzio dell’Asti, ma di fatto, in questo ambito, tutto tace.

Giancarlo Montaldo

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