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Cent’anni insieme al beato Alberione

Gazzetta d’Alba ha ripercorso durante più di un anno gli eventi che l’hanno accompagnata nella sua lunga storia, riflettendo su se stessa, per far conoscere ai suoi lettori lo spirito di don Giacomo Alberione e trovare linfa nuova al suo impegno. Le iniziative per celebrare i 130 anni dalla fondazione si sono aperte a giugno 2012, con un convegno sull’informazione ospitato dalla prestigiosa sede di Banca d’Alba, per proseguire con concerti nell’arena del Teatro sociale e nella chiesa di San Domenico, in collaborazione con la Famija albèisa, l’Orchestra da camera di Guarene e la Corale di Mussotto. A ottobre “Gazzetta” ha invece presentato al “Giorgio Busca”, con l’esibizione di Arturo Brachetti, il libro “Tartufo, Fiera internazionale del bianco d’Alba”, scritto dallo storico Giulio Parusso e dall’assessore al turismo della Regione Piemonte Alberto Cirio. Inoltre, il giornale ha guardato ai giovani, proponendo un concorso per le scuole dell’obbligo e, su un’apposita pagina Facebook, in collaborazione con l’Asl Cn2, “My phone”, per la realizzazione di filmati legati alla comunicazione con i cellulari. La massiccia partecipazione registrata a tutti gli eventi ha reso il segno dell’affetto degli albesi e ha permesso di toccare con mano quanto il settimanale sia radicato. “Gazzetta d’Alba” si accinge a chiudere il suo lungo compleanno nei prossimi giorni, quando sarà ricordato il centenario della consegna del giornale al beato Alberione da parte di monsignor Francesco Re e avviate le celebrazioni per il centenario della “Società San Paolo”. Suor Angelica Ballan ha fissato in un bassorilievo, che sarà scoperto al santuario della Moretta, l’importante passaggio, mentre faranno da contorno alle celebrazioni presiedute dai Superiori provinciale e generale della “San Paolo” un concerto dell’Orchestra da camera di Guarene nel Tempio e la serata al Teatro sociale con la Carovana di Yuppiter di don Antonio Mazzi. E, in attesa per il 2014 delle celebrazioni del centenario della “Società San Paolo”, “Gazzetta d’Alba” è impegnata con l’Ente turismo per la definizione degli itinerari alberioniani, con la Regione per porre al centro delle politiche turistiche sabaude il Fondatore della Famiglia paolina e con la Famija albèisa, chiamata a mettere in scena la vita di don Alberione, un piccolo, grande uomo diventato beato.

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Don Giacomo Alberione, fondatore della Società San Paolo, in mezzo ai suoi ragazzi in una bellissima foto d’epoca.

Era il 3 giugno del 1882 quando nacque. “Gazzetta di Alba” – la testata non aveva l’apostrofo, che sarà nel 1913 il segno delle sue alterne vicissitudini – si presentava come un nuovo giornale, il «periodico ebdomadario» voluto dal vescovo Lorenzo Pampirio per «trattar dei sani principii religiosi e sociali, per difendere le prerogative ed i diritti» della Chiesa e del Papa. Non si camuffò, insomma. Sarebbe stata la voce della Chiesa in una società permeata da «privata devozione e pubblico agnosticismo», come scrive Gianfranco Maggi nel volume “Alba e la sua Gazzetta”, scritto a quattro mani con Gianni Boffa, per volontà dell’allora direttore don Giusto Truglia, in occasione dei 120 anni del giornale. Eppure, come leggiamo dal programma pubblicato sulla storica prima pagina: «Sebbene la “Gazzetta di Alba” porti a suo carattere principale il trattar di sani principii religiosi e sociali, non intralascierà di occuparsi eziandio di quanto possa importare al commercio, all’agricoltura e agli interessi della Città e del Circondario».

Gazzetta usciva il sabato e contava quattro pagine

“Gazzetta di Alba” agli esordi usciva il sabato, il giorno di mercato, per arrivare ai parroci entro la giornata, nella speranza di essere distribuita la domenica nelle chiese; veniva stampata dalla tipografia “Sansoldi” di via Maestra su quattro pagine a quattro colonne, con titoli senza gerarchia, tutti su una colonna. In prima c’era sempre un editoriale di tema religioso-morale, poi figuravano vari articoli, mai di cronaca locale a cui si dedicava spazio (poco) più avanti, l’appendice con la cultura. Le notizie erano in primo luogo quelle dal mondo, da Roma appena assurta a capitale del Regno, dalla politica nazionale, dalla regione e dalla provincia, oltre che dalla diocesi. C’erano pure le circolari delle autorità, gli avvisi per gli agricoltori, gli orari dei trasporti, i programmi delle cerimonie, la pubblicità in quarta pagina. Anima del giornale fu, in quegli anni d’inizio, il canonico Felice Allaria, il quale, interprete della politica di Leone XIII, si circondò dell’aiuto fecondo della parte più giovane del clero diocesano. Ma “Gazzetta di Alba”, nonostante l’entusiasmo con il quale venne accolta almeno da una parte della città, dovette affrontare da subito l’agguerrita concorrenza del “Tanaro”, che aveva iniziato le pubblicazioni nel 1880 e usciva in due edizioni la settimana, e di quotidiani assai seguiti anche per il loro spirito popolare: “Gazzetta del popolo” e la “Sentinella delle Alpi”. Una vita non facile, dunque, per la nostra “Gazzetta”, che dal 1885 (e fino al 1899) iniziò a uscire anche il mercoledì. Se infatti il giornale fu nel pensiero del vescovo Lorenzo Pampirio uno dei mezzi per coordinare i cattolici della diocesi, accanto alla nascente organizzazione dell’Azione cattolica, va detto, seguendo la ricostruzione di Maggi, che si dovette attendere a lungo perché entrambi gli strumenti riuscissero a fare presa all’interno di una società assai “tiepida” verso questi stimoli.

Gazzetta accanto ai lettori fin dall’inizio

Poste le basi, peraltro, l’impresa di dare forza ai cattolici riuscì più tardi al vescovo Francesco Re, il quale seppe cogliere appieno l’impulso innovativo dell’enciclica “Rerum novarum”, emanata da Leone XIII nel 1891. «L’influenza della Chiesa nella vita sociale prima limitata all’ambito rituale o al controllo morale sui costumi della gente, cresce rapidamente », scrive Maggi, descrivendo il periodo. «I gruppi dei cattolici assumono sempre più peso nei paesi e cominciano a voler dire la loro nelle vicende amministrative o a proporsi alla guida de municipi». Ce n’era bisogno, del resto, in una società che non sapeva districarsi dalla miseria più nera. Emigravano dalla provincia di Cuneo a fine secolo ben diecimila persone l’anno. “Gazzetta” fu attentissima, in quel frangente, a descrivere gli avvenimenti, dalla nascita delle prime Casse rurali, che videro l’iniziativa diretta di numerosi sacerdoti, agli interventi sull’agricoltura, un comparto nel quale la maggior parte della popolazione era impegnata e che a fine Ottocento si trovò a combattere contro la filossera, il male che decimava i vigneti. Le rubriche di agricoltura – non solo enologia, ma pure allevamento, frutticoltura, bachicoltura – costituirono un elemento fisso di “Gazzetta di Alba”, una collana di insegnamenti voluta per mettere le basi per una coltura sana, che veniva diffusa anche dalla Scuola enologica, coetanea del giornale. Ma “Gazzetta”, già praticando l’idea di essere accanto ai lettori che ancora l’anima, non esitò a occuparsi pure di trasporti, poiché Alba e il circondario erano – come sono tuttora – tagliati fuori dalle grandi vie di comunicazione, così come dell’esigenza di un nuovo ospedale ipotizzato in quell’allora a San Cassiano e addirittura presentato dal Comune all’esposizione universale di Torino del 1898 come un’idea innovativa (peraltro mai realizzata). Infine “Gazzetta” discettava di cultura, con le biografie di uomini, politici, artisti, religiosi, eruditi che fecero grande la città o delle sue radici storiche e artistiche. In appendice proponeva racconti, romanzi, trattati di teologia o morale. Il giornale parlava assai poco politica, fosse nazionale o locale, in una società nella quale il «non expedit» tuonato a Roma era il verbo, anche se venne più tardi il tempo d’inaugurare una rubrica dal titolo inequivocabile: «Alla conquista de municipi».

1913: a Gazzetta arriva don Giacomo Alberione

Agli inizi del secolo “Gazzetta di Alba”, ridiventato settimanale, si schierò sul fronte democratico cristiano, in fervente attesa di un autonomo partito cattolico. La strada fu lunga e non indolore, lastricata di difficoltà, a iniziare dalla lotta per la sopravvivenza con il nascente “Alba nuova”, il giornale diretto da don Gioacchino Scalenghe, voluto dai dirigenti dell’Associazione della buona stampa per dar corpo a un battagliero partito clericale. “Gazzetta di Alba” arrivò al tracollo economico, perse la sua verve e l’appoggio degli ambienti clericali. Lo scontro con “Alba nuova” la vide soccombente, finché il vescovo Francesco Re, il 14 marzo 1913, decise di unificare le testate: così nacque la nuova “Gazzetta d’Alba” (senza la “i”, con l’attuale testata), praticamente copia di “Alba nuova”, che perse solo il nome. Il giornale fu affidato infatti a don Scalenghe e realizzato dalla sua redazione, il formato più grande, la grafica agile, con vignette e fotografie. Ma l’Associazione della buona stampa, che aveva veicolato l’operazione, non sembrò fidare troppo in don Gioacchino, mentre i debiti per le cause di diffamazione si accumulavano e si accrescevano per il fallimento dell’agente pubblicitario. Fu in questo clima che a settembre di quello stesso 1913 il teologo don Giacomo Alberione, direttore spirituale del Seminario, uomo moderato, membro autorevole dell’Associazione della buona stampa, entrò in scena a “Gazzetta d’Alba”, assumendone la direzione dalle mani di monsignor Re, mentre don Scalenghe ne usciva alla chetichella. L’anno successivo, il 18 febbraio 1914, don Alberione acquistava di fronte al notaio la proprietà del giornale, accettandone le passività e impegnandosi a seguire i consigli dell’Associazione della buona stampa. Don Alberione, come ben sappiamo, vedeva molto lontano. Il 20 agosto già fondava la Scuola tipografica piccolo operaio, il primo nucleo della sua futura impresa apostolica di portata mondiale. La storia dell’ebdomadario di Alba non fu dunque che la scintilla per la “Società San Paolo”, nata per fare apostolato attraverso i più moderni mezzi di comunicazione, un’idea lungimirante agli albori del secolo scorso, quello delle trasformazioni epocali. Nacque intanto ad Alba, dalla forza di un uomo che sarebbe diventato beato dopo quasi cent’anni, anche piazza San Paolo, a servizio del grande complesso edilizio che si andava realizzando in autarchia e con molte difficoltà economiche, imperniato sul Tempio. Qui si svilupparono le prime iniziative editoriali, che arrivarono in tutta Italia e poi nel mondo, attraverso l’opera di moltissimi giovani che vi studiavano e lavoravano, affascinati dal progetto apostolico di un piemontese nato a San Lorenzo di Fossano e divenuto anche nel piglio imprenditoriale un albese. E ad Alba, mentre l’opera del Signore dava frutti in tutti i continenti, è rimasta “Gazzetta”, oggi diretta da don Antonio Rizzolo, con identico spirito, uguale fervore del Fondatore della Famiglia paolina: fare la carità della verità, di tutto parlare cristianamente, cercare di offrire un contributo alla crescita della comunità, essere accanto agli uomini e alle donne del terzo millennio con gli strumenti di comunicazione più adeguati ai tempi, a cominciare da Internet.

Maria Grazia Olivero

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