Perché l’Italia si riprenda serve “senso dello Stato”

Alla Stazione Leopolda di Firenze con Matteo Renzi abbiamo parlato di tanti, tantissimi temi. I tavoli di discussione sono stati interessantissimi. Con l’on. Bazoli, una persona preparata e puntuale, mi sono occupata dei problemi della giustizia civile e, a breve, sarà disponibile il documento che abbiamo redatto con le persone presenti e molti spunti interessanti sui quali lavorare per migliorare questo settore nell’interesse dei cittadini, quindi in modo costruttivo, senza le solite sterili contrapposizioni degli ultimi vent’anni. Anche nel discorso che avevo preparato riprendo, parzialmente, questo tema parlando di futuro che, per me, è “Stato” e “senso dello Stato”, che ancora oggi ci mancano. Senza l’uno non c’e’ l’altro. Negli altri Paesi – quelli che si stanno riprendendo dalla crisi, per intenderci – invece esistono entrambi. Ci riflettevo ricordando due aneddoti che sono la faccia di questa stessa medaglia. Due anni fa un amico, che non vedevo da tempo perché vive in Cina dove si occupa di energie rinnovabili, mi raccontava che là, per noi italiani, è tutto difficile: gli altri Paesi europei sono presenti con la forza del loro Stato. Secondo aneddoto: recentemente parlavo di politica con un altro amico. Gli dico che per riprenderci dovremmo avere almeno un po’ di “senso dello Stato”. Lui mi guarda e mi dice: «Ma chi ce lo ha ancora il senso dello Stato?». So che ha ragione, eppure penso che, se non ce lo abbiamo neppure adesso il senso dello Stato – che prima di tutto è appartenenza e senso delle istituzioni – siamo davvero finiti. Allora, per dirla come Renzi, «cambiamo verso allo Stato», ma col “senso dello Stato” e non dello “sfascio”. Lo Stato non deve più essere il nemico che ci ammazza di tasse e di burocrazia e in certe regioni non esiste. Lo Stato deve essere comunità, “noi insieme”, ciò che “è di tutti” e non “quello che non è di nessuno”.

Marta Giovannini, Alba

Il tema mi sembra importante e per questo voglio metterlo in evidenza. Il punto centrale è che cosa si intende per Stato. Spesso si ha in mente una realtà lontana, diversa da noi, che quando va bene offre una serie di servizi. Di solito, in realtà, se ne vedono solo gli aspetti negativi, come l’imposizione di tasse e la complicazione di una burocrazia spesso assurda. In particolare lo Stato appare come una realtà in mano ai politici, che lo gestiscono per il tornaconto proprio o del gruppo che rappresentano. Tutto questo deriva anche dalla storia italiana, una nazione unita da 150 anni in maniera un po’ forzata, dove i regionalismi, i particolarismi, le corporazioni sono ancora fortissimi. Sono anche una parte della nostra forza, della creatività che ci contraddistingue. Sentiamo il senso di appartenenza a una comunità locale, a un territorio, a una tradizione. Ma questo a volte sfocia in un individualismo che porta alla chiusura, alla difesa di interessi privati, a battibecchi e litigi. Lo si nota a tutti i livelli, non ultimo quello dei partiti politici. Il primo passo, allora, è purificare l’idea di Stato che abbiamo, intendendolo, prima che in senso politico e istituzionale, come comunità nazionale di cui facciamoparte. Siamo un Paese ricco di tradizioni e storia, ma abbiamo molto in comune a livello di idee e valori. Dobbiamo guardare a ciò che ci unisce come italiani. Anche perché da soli siamo inevitabilmente più deboli. Prima che a una regione, a una classe, a un gruppo, apparteniamo a una comunità civile nazionale. Possiamo così crescere nel senso di responsabilità verso tutti. Speriamo che anche i nostri rappresentanti nelle istituzioni e i politici in genere manifestino questo senso di responsabilità collettiva e si impegnino davvero per il bene comune. Se l’esempio viene dall’alto crescerà il senso dello Stato e ci sentiremo non più sudditi,macittadini, parte di un unico popolo, una sola nazione.

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