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Natale un possibile nuovo inizio

I giorni di vigilia Dogliani si anima con il presepe vivente

Abbiamo nostalgia del Natale davvero cristiano, prigionieri come siamo del “finto Natale che scorda il festeggiato?” Conserviamo, tra i nostri ricordi, qualche squarcio di autentica serenità legata alle radici religiose della festività più dolce della nostra fede? Se possiamo contare su un certo numero di anni forse siamo in grado di rispondere di sì. Ma i ragazzi e i giovani possono fare altrettanto? E se no – perché vittime del consumismo e della superficialità – non sono privati di qualcosa di importante? Tutto ciò per dire che il Natale ormai prossimo ci si propone, come interrogativo sulla profondità della nostra fede e come occasione di riscoperta e approfondimento dei suoi fondamentali.

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Di certo sia come credenti che come Chiesa diocesana non possiamo lasciarci sfuggire l’opportunità del Natale per inoltrarci in quella ricerca dell’“essenziale” che ci vede impegnati quest’anno attorno ai temi dell’evangelizzazione, del nesso sacramentiliturgiacatechesi, della santità. Alla base sta la convinzione che «nella fede, dono di Dio, virtù soprannaturale da lui infusa, riconosciamo che un grande Amore ci è stato offerto» e che «trasformati da questo amore, riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza »; la fede «schiude davanti a noi orizzonti grandi, arricchisce l’esistenza umana in tutte le sue dimensioni» (Lumen Fidei).

Il cristianesimo è tutto questo. La nascita di Gesù, commemorata come evento storico ma continuamente rivissuta nella fede, è una grandiosa sintesi della sua “essenza”. Dio ha azzerato le distanze con l’umanità da lui amata; il suo interessamento si è fatto così concreto da indurlo a diventare uno di noi, desideroso di essere amico e compagno di strada e di vita. Per convincerci non ha lesinato scelte di povertà e semplicità, di prossimità, disponibilità e dono con cui scuotere i nostri cuori induriti. Egli, per usare una categoria filosofica di E. Bloch apparentemente in contrasto con la tradizione dell’Antico Testamento, si è presentato a Natale come l’“inatteso”, in un bambino debole che giace in una mangiatoia, cui consegue il caratterizzarsi dell’amore cristiano come dedizione ai piccoli, i poveri, gli oppressi.

Ma ancora più “inattesa” sarà la croce, suprema manifestazione del vero volto di Dio, che è “svuotamento di sé per amore”, che apre a quell’altra categoria, “l’insperato”, che coincide con la “speranza contro ogni speranza” di San Paolo (cfr. Romani 4,18), ossia come speranza anche oltre la morte e nonostante essa. E con ciò anticipiamo temi che la liturgia ci farà vivere nella Pasqua, ma che nella fede sperimentiamo quotidianamente, poiché tale speranza «pulsa come realtà nascosta nel cuore stesso dell’uomo, aprendolo a un sé utopico che è a un tempo la sua realtà più intima e il suo futuro più trascendente».

Sappiamo di vivere tempi non facili, «in cui l’uomo è particolarmente bisognoso di luce ». Ebbene, «la luce della fede (…) è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo» (Lumen Fidei). Forse ce ne eravamo un po’ dimenticati, ma uno straordinario dono di Dio, papa Francesco, è venuto a gettare lampi di luce nelle nostre non proprio luminose giornate: con mirabile semplicità e straordinaria efficacia, i suoi gesti e le sue parole lasciano trasparire la fragranza del Vangelo, la sua capacità di raggiungere il cuore di tutti, di essere per i più lontani, emarginati e sofferenti motivo di speranza e nuovo inizio.

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Grazie a lui è tornato bello e possibile sperimentare che «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù Cristo. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Evangelii gaudium). Con questo Papa «Dio continua a sorprendere l’uomo» (A.M. Valli), ci testimonia «la centralità del Vangelo, la guida sicura che viene da Gesù presente in mezzo agli uomini nella storia » (id.), ci «converte» (C. Miriano). Egli, come la stella che ha guidato iMagi, può illuminare anche il nostro cammino verso la riscoperta della bellezza del Natale, della grandezza del dono di Dio. A condizione che ci lasciamo raggiungere dalla provocazione da lui espressa senza sconti: «Domandiamoci oggi: siamoaperti alle sorprese di Dio? O ci chiudiamo, con paura alle novità dello Spirito Santo?»; che ci lasciamo scuotere dalla domanda: «Dove sono gli uomini di buona volontà? Chi è pronto a emozionarsi al racconto della Buona Novella?». È ciò di cui abbiamo bisogno, stanchi e sfiduciaticome a volte siamo, nella nostra vita familiare, di lavoro, relazione e religiosa; e perciò così in difficoltà a testimoniare e trasmettere valori e motivi di vita anche a coloro verso cui abbiamo il debito dell’educazione.

Auguro di cuore che la semplicità e la profondità del Natale raggiungano ciascuno, le nostre famiglie, le nostre comunità. Tutti abbiamo bisogno di un’iniezione di quella rinnovata fiducia, di quel più convinto slancio che, come ci documenta anche la più elementare esperienza umana, può venire dalla culla di un neonato. Con questi sentimenti, con questa gioia e speranza, buon Natale a tutti.

+ Giacomo Lanzetti, vescovo di Alba

Monsignor Giacomo Lanzetti, vescovo di Alba
Monsignor Giacomo Lanzetti, vescovo di Alba
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