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Asti sì, Asti no… Asti ni

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VINO Da tempo si dibatte sull’allargamento al Comune di Asti della zona Docg del Moscato. Variegate le posizioni della complessa filiera: ci sono i sì, i no e i ni. Oppure: “A condizione che”, “se”, “ma”, “però”. Ci sono sempre i distinguo in Italia, non solo nel politichese.

Per capire la vicenda è utile iniziare da un piccolo amarcord. Metà anni ’60: c’era molta euforia per la nascita delle Doc. Quando iniziarono le audizioni per Asti spumante e Moscato naturale d’Asti (allora si chiamavano così) ci furono vari tentativi per allargarne la zona. È una storia poco conosciuta, ma vera. Infatti, furono create due “isole” fuori dalla zona di origine storica dei vini citati, già identificata tra l’altro nel 1931, se non prima. Nei Comuni di Serralunga e Santa Vittoria. Ovvi i motivi: grossi interessi aziendali. I commenti si sprecarono ma sul piano formale le ditte interessate produssero adeguata documentazione dall’archivio di Stato della Real casa a Torino: «I moscatelli sono presenti a Serralunga d’Alba. 1873».

bicchiere di moscato

Ci fu, invero, un altro tentativo. Ma era troppo sfacciato e abortì. Ovvero estendere la zona sino a Pessione nel torinese. Eppure la documentazione era palese: nel testo di Giovan Battista Croce “Dell’eccellenza e diversità dei vini che si fanno sulla montagna torinese” è citato il «Moscatello nostrale».

La cosa strana è un’altra: perché nessuno in quel 1965 pensò – neppur minimamente – di proporre il Comune di Asti nella zona delle nuove Doc in discussione? Era veramente il momento adatto. Nessuno avrebbe protestato. Volendo non si sarebbe neppure creata un’altra isola. Aggiungo che il tutto sarebbe pure costato poco o niente. Invece sindaco di Asti, assessori competenti, la potente Coldiretti: tutti zitti. Perché non si sono mosse le grandi e attive cantine astigiane, iscritte all’Unione industriale di Asti? Forse perché mancava soltanto una cosa in Asti: le vigne di moscato.

Allora perché, oggi, tutta questa enorme querelle. Forse ha ragione un collega enologo: «Un povero diavolo che voglia allargare la vigna di Moscato di mezza giornata deve acquistare carissimi diritti di reimpianto. Un ricco imprenditore che voglia acquisire ettari ed ettari atti a produrre Moscato d’Asti Docg non tira fuori un centesimo».

Sesesì

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