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Funerali semplici per Didina Albesiano

ALBA Quante persone hanno voluto accompagnare, ieri pomeriggio, Didina nel suo ultimo viaggio! Matilde Albesiano aveva 93 anni ed è morta mercoledì 15 ottobre.

Matilde Albesiano

Così la ricordano figli e nipoti: «Ha vissuto un periodo difficile della storia di questo Paese e ne è stata protagonista, per quanto fosse concesso a quei tempi ad una donna. Si è laureata in farmacia andando in bicicletta a Torino, sfidando le bombe, messa una volta al muro da un plotone di tedeschi; andava a trovare a Castino il fidanzato Aldo, studente in veterinaria e partigiano nella formazione autonoma Mauri. Dopo la guerra ha gestito la farmacia di Monteu Roero, dove Aldo era veterinario. Tornata con la famiglia ad Alba ha lasciato la professione tanto amata per allevare i tre figli che ha messo al mondo. Ha poi ripreso a lavorare in farmacia negli anni Settanta, avendo finalmente l’occasione di praticare la professione che la realizzava nel suo desiderio di prodigarsi per il prossimo. Teneva tantissimo alle sue radici, tanto da lasciarci uno scritto con la storia della famiglia. La nonna Matilde Martina fu la prima fotografa donna della città di Alba a metà Ottocento. Foto Martina continuò il suo operato con Giuseppe Albesiano, padre di Didina al numero 6 di via Coppa, nello stesso cortile in cui visse i suoi primi anni Beppe Fenoglio. Suo orgoglio più grande era esserne stata amica e avergli insegnato a scrivere nei loro giochi d’infanzia. Amava ballare, con Aldo spopolavano al Circolo sociale (Fenoglio li ricorda in un suo racconto). È stata testimone attenta di ogni cambiamento della città. Ha frequentato per decenni l’Università della terza età, la palestra, l’Arvangia, il teatro di Oscar Barile con la carissima amica Madì e le catechesi. In Alba era una presenza viva, sempre felice di trovare persone con cui intrattenersi; se poteva portava aiuto e conforto a chi lo chiedeva, non risparmiandosi neanche negli ultimi anni di vita. A 90 anni ha ancora imparato a dipingere grazie a Gianni Do, maestro all’Ottolenghi. Ha saputo sempre adattarsi in ogni situazione vivendone gli aspetti più positivi, facendo di tutto per non pesare sugli altri, difendendo con orgoglio la propria autonomia. Ha amato di un amore immenso i nipoti. Arianna le ha raccontato due giorni fa di aver assistito al Requiem di Verdi e lei ha esclamato: “Il terzo atto fa resuscitare i morti!” mimando i gesti di un direttore d’orchestra. Suo padre Giuseppe, baritono, si esibiva nel vecchio teatro sociale e le trasmise l’amore per l’opera, di cui imparò i libretti a memoria. Insomma, era nel letto di ospedale ma ancora viaggiava con il pensiero e il desiderio. Ieri Teresa ci ha detto: “Credevamo che Dida fosse eterna”. Penso che lei lo sia, perché era la voglia di vivere fatta persona e (lo so, è retorica, ma non importa) vivrà per sempre in noi. L’insegnamento che ci lascia è di vivere con curiosità, amore, solidarietà, lei li ha praticati davvero. Grazie ancora a coloro che ci sono stati accanto nel dolore, è stato forte vedere tutti gli amici intorno a noi. Sicuramente lei avrebbe scambiato volentieri due parole con tutti i presenti e altrettanto volentieri noi l’avremmo voluta ancora accanto».

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