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L’importanza di dire grazie per superare il “do ut des”

don rizzolo antonio_qLETTERA AL DIRETTORE. Esempi di gratitudine di questi tempi ce ne sono pochi. Quasi tutto ha un prezzo ed è dominato dalle dinamiche del do ut des. Eppure c’è ancora qualcuno capace di dire grazie, pubblicamente, per un servizio e un impegno volontario. Sono rimasta colpita dall’omaggio pubblico che il presidente del corso di Scienze del Diritto Italiano ed Europeo a Cuneo, Stefano Siccardi, ha scritto in ricordo di Riccardo Matteo. Ex dipendente comunale, deceduto a 77 anni, per un lungo periodo ha supportato volontariamente la didattica, preoccupandosi di mansioni modeste ma centrali per la quotidianità della vita accademica, come aprire e chiudere le aule o accogliere professori e studenti. In un momento in cui la disponibilità delle azioni semplici viene considerata ingenuità, i ringraziamenti del professor Siccardi fanno ben sperare. Esponente di un mondo, quello accademico, in cui il grazie non è propriamente di casa. Un gesto, quello del professor Siccardi, che spero sia preso ad esempio da tutti coloro che ricoprono posizioni di rilievo, e che auspico venga ricordato dai suoi studenti nella loro crescita di uomini e cittadini.
 Maria Carla Chiapello
 Un esempio da imitare, quello che ci propone la nostra lettrice, non solo nel mondo accademico. Anzi, gli esempi sono due: da una parte la disponibilità, la dedizione volontaria; dall’altra la gratitudine espressa pubblicamente. C’è però un elemento comune: la gratuità. È il concetto fondamentale alla base, anche etimologicamente, di parole come “grazie” e “gratis”. Partendo da qui si comprende come la vera gratitudine non possa avere secondi fini, non abbia niente a che fare con il do ut des; così come l’impegno volontario per gli altri non attenda, di per sé, una qualche forma di riconoscenza. È la vera natura dell’amore, quella di essere gratuito. Perché così è l’amore di Dio verso di noi: ci ha amati per primo, senza nessun merito da parte nostra. In termini teologici si parla della “grazia” che ci salva. Tuttavia è anche vero che l’amore suscita e attende una risposta d’amore, pur senza esigerla, creando così un circolo virtuoso che ci eleva e ci fa stare bene, ci rende felici. Perché noi esseri umani siamo fatti per amare. Imitiamo anche noi, dunque, la gratuità e la gratitudine di cui parla questa lettera, per crescere davvero come uomini e cittadini. E per recuperare quella serenità di cui il nostro mondo frenetico sembra averci privato.

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