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Alba, il nuovo commercio in mano ai cinesi (e non solo)

ALBA Un’attività commerciale cinese – pare oggettistica per la casa – prenderà il posto di Granato mobili, ad Alba, nella palazzina affacciata su piazza San Francesco che per molti anni ha ospitato Pace. La notizia, lanciata dal nostro sito Internet, ha scatenato gli internauti e le parole dell’assessore comunale al commercio Massimo Scavino – il quale ha sottolineato che «la richiesta riguarda un’attività di dimensioni medie, non superiore a 900 metri quadrati, che non commercializzerà beni alimentari» – non sono bastate a placare gli animi.

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La palazzina che si affaccia su piazza San Francesco che per molti anni ha ospitato il negozio Pace e poi Granato Mobili. Presto arriveranno i cinesi.

Il passaggio non è ancora ufficiale dato che il Comune, dove è stata depositata la pratica, deve ancora esprimersi ma le indiscrezioni lasciano intuire che l’operazione andrà a buon fine. Questo perché i “cinesi” avrebbero già trovato un accordo con i proprietari dell’immobile. Peraltro, potrebbe presto esserci in città una seconda apertura da parte di una compagine asiatica, che ha manifestato interesse per il centro commerciale Alba galleria.

bolla emanueleIn attesa di sviluppi, è intervenuto il capogruppo consiliare di Fratelli d’Italia, Emanuele Bolla. «Da una ricerca che ho effettuato presso lo Sportello unico delle attività produttive di Alba, è emerso che negli ultimi due mesi 7 delle poco più di 20 tra domande di apertura di pubblici esercizi e segnalazioni di inizio attività non temporanee, pari a quasi il 30 per cento, riguardano cittadini di nazionalità straniera», afferma Bolla, il quale chiederà al sindaco Maurizio Marello di porre un freno. «Avvierò le procedure istituzionali, affinché il Comune, sulla scorta della città bergamasca di Covo, ponga limiti all’apertura di nuovi kebab, bazar e centri massaggi, che nulla hanno a che fare con la nostra tradizione, non solo enogastronomica ma anche artigianale. I turisti che vengono ad Alba cercano eccellenze e prodotti della nostra terra e non apprezzano il proliferare di tali attività, specialmente nel concentrico, che dovrebbe essere improntato sulla nostra matrice culturale», ha concluso Bolla.

scavino massimoL’Amministrazione non pare per nulla allarmata. L’assessore Scavino spiega: «Il Comune ha un raggio d’azione limitato alle leggi regionali e nazionali e al Piano regolatore che fissa criteri circa dimensioni e collocazione delle attività. Tuttavia, si impegna a garantire, oltre al rispetto delle regole, un’offerta enogastronomica e commerciale di qualità ma anche la libera concorrenza. La città ha radici salde con le sue tradizioni e non deve avere paura di aprirsi al mondo, ospitando anche esercenti di beni non locali. Il vero problema è che le recenti leggi, estremamente liberalizzatrici, rischiano di soffocare il piccolo commercio».
Enrico Fonte

Viglione (Aca): piazza Duomo intervenga

Sulla questione abbiamo interpellato il direttore dell’Associazione commercianti albesi, Giuliano Viglione.
giuliano-viglione-acDirettore, il posto di Granato è destinato ai cinesi?
«La disponibilità dei locali era nota da tempo ma non mi risulta che si siano fatti avanti imprenditori del posto o di altre regioni italiane».

Come giudica l’operazione?
«L’apertura di un’attività commerciale (specie di dimensioni importanti) solitamente è programmata e organizzata sulla base delle esigenze della clientela. Date anche le voci insistenti circa la riattivazione del centro commerciale di via Roma da parte di un’altra società cinese e stante la recente apertura in corso Italia, nonché la presenza di attività ambulanti della medesima provenienza nei mercati settimanali, mi risulta difficile credere che la scelta sia stata preceduta da qualche forma di programmazione».

Quanti sono gli esercenti stranieri sotto le torri?
«Secondo il rapporto annuale di Unioncamere, sul totale delle aziende operanti nella Granda circa il 6 per cento risulta essere condotto da stranieri. La percentuale, in linea di massima, rispecchia la situazione albese, dove le attività sono 800 (quelle straniere sarebbero una cinquantina)».

Il commercio albese deve temere?
«Per evitare un’eccessiva dispersione e tutelare il commercio tradizionale e d’eccellenza, sarebbe auspicabile che l’Amministrazione comunale prendesse in considerazione l’opportunità di definire piani di insediamento “zonale” delle attività, al fine di equilibrare le tipologie merceologiche, pur constatando che l’attuale legislazione sia nazionale che regionale prevede ormai una quasi totale liberalizzazione delle attività commerciali».
e.f.

 

I cinesi: colpiti dalle colline del Barolo e dal modo di fare degli italiani

Il ragazzo che chiameremo Andrea ha 25 anni. Da oltre un anno lavorava in un bar della zona come cameriere e talvolta manager. “Un lavoro che mi piaceva, il locale era frequentato sempre dagli stessi clienti e si era creata come una famiglia. Ma sapevo che non sarebbe stato il lavoro del mio futuro. Sapevo che prima o poi avrei cambiato”. Perciò, quando qualche mese fa due investitori cinesi si sono presentati – rispondendo all’annuncio di vendita del proprietario del bar, che voleva liberarsi del luogo per aprire altre attività –, Andrea è stato felice. “Le trattative per l’acquisto sono terminate da poco, perciò non possiamo rivelare i dettagli. Ho colto l’occasione per cambiare lavoro, cominciare una nuova vita”.

I due investitori cinesi si sono dimostrati “gentili, rispettosi delle nostre tradizioni. Ci hanno spiegato che le colline del Barolo stanno diventando sempre più famose nel loro Paese, sempre più gente è affascinata dalle opportunità economiche e dalla differenza culturale che si respira, dal modo di fare della gente”.

Il lato economico, invece, sembra l’elemento di problematicità più evidente per Andrea. “La contrattazione è stata difficile. Non volevano cedere sulla loro offerta iniziale, ci hanno strappato un prezzo molto più basso rispetto a quello che avevamo in mente in un modo che non ammetteva repliche o controfferte. Non trovando altri compratori, siamo stati costretti ad accettare”.

Secondo Andrea, a parte la “predominanza dell’aspetto economico per quanto riguarda le transazioni commerciali, la certa rigidità su questo punto, umanamente parlando quella cinese rappresenta una cultura ricca, estremamente determinata, persistente, capace di analizzare la realtà con occhi concreti ed efficaci. Potremmo imparare molto da loro”.

In futuro, conclude il ragazzo, “la cultura cinese sarà parte integrante della nostra. Dovremo abituarci, sforzarci di innescare processi integrativi. Per il bar – piccolo, con frequentatori abituali – non sono preoccupato: all’inizio i clienti saranno disorientati, ma si abitueranno, tutto procederà come prima, perché il cambiamento culturale non può che portare bellezza”.
Matteo Viberti

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