Ripopolare i borghi alpini con i migranti

Approvata la legge sulle unioni civili, è ora di sostenere le famiglie

don rizzolo antonio_qEgregio direttore, le dichiarazioni dell’assessore regionale all’immigrazione Monica Cerutti, che vuole ripopolare i borghi montani con i migranti, chiariscono quanto detto il 17 giugno scorso dall’on. Borghi, presidente nazionale dell’Uncem, alla presentazione del Rapporto montagne Italia alla Camera dei deputati: «La montagna capace di accogliere: i Comuni delle Terre Alte luogo di forte innovazione, anche grazie agli immigrati. Nostre comunità luogo di integrazione». L’attuale momento storico europeo ha evidenti quanto sottaciute similitudini con cosa succedeva nel IV e V secolo quando un Occidente, con un esercito ormai mercenario, alle prese con un monoteismo antagonista e in piena crisi economica e istituzionale, cercava di gestire al meglio flussi migratori che, almeno all’inizio, cercavano solo di sopravvivere. Nessuna di queste genti si fermò sulle Alpi, che furono popolate solo secoli dopo quando signori illuminati garantirono “libertà e buone vianze” a coloro che sceglievano di farsi montanari. Parlare delle Alpi come «luogo di forte innovazione anche grazie agli immigrati» è fuori luogo, fuori tempo e fuori dalla storia. Le Alte Terre si meritano altre strategie, le valli non possono diventare il luogo in cui scaricare emergenze che non si è in grado di gestire, non siamo il tappeto sotto il quale nascondere quanto altrove è di troppo.
Giorgio Alifredi,
presidente Associazione Alte Terre

Metto in evidenza la lettera del presidente Alifredi perché mi pare un tema interessante su cui riflettere. In attesa di altri interventi. Anche secondo me la soluzione di ripopolare i borghi montani con i migranti, detta così, sembra effettivamente semplicistica, non abbastanza ragionata. Appare un modo di scaricare il problema dell’accoglienza, che richiede interventi di più ampia portata. Bisognerebbe riflettere meglio sul perché le montagne si sono spopolate e intervenire di conseguenza, con politiche adeguate che coinvolgano i giovani che se ne sono andati ed eventualmente anche i migranti. L’altra faccia della medaglia, infatti, è non escludere l’aiuto che possono offrire coloro che fuggono dal loro Paese d’origine. Ricordando anche come ci siano diversi casi che mostrano la capacità di accoglienza della gente che abita le nostre montagne e la possibilità di integrazione. Il tutto, in ogni caso, deve essere condotto con una riflessione adeguata, e non solo con degli slogan.

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